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Martedì, 23 Aprile 2024
Crisi economica

Altro che ripresa: ogni giorno chiudono mille imprese

Da Unioncamere i dati di un 2012 nero, "soprattutto al nord". Il presidente Dardanello: "Le aziende da sole non possono più fare miracoli".

Doveva essere l'anno dell'inizio della ripresa. Il 2012 è stato invece un anno nero. E i dati Unioncamere su natalità e mortalità delle aziende ne sono la dimostrazione.

Ogni giorno, in Italia, hanno chiuso i battenti mille imprese. Se da un lato nel 2012 sono nate 383.883 aziende (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011), 364.972 (mille ogni giorno) sono quelle che hanno chiuso i battenti (+24mila unità rispetto all'anno precedente).

Come conseguenza, il saldo tra entrate e uscite si è attestato sul valore di 18.911 imprese, il secondo peggior risultato del periodo considerato e vicino, dopo due anni consecutivi di recupero, a quello del 2009, l'anno peggiore dall'inizio della crisi. Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31 dicembre dello scorso anno lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158 unità.

NORD IN DIFFICOLTA'. Si restringe ulteriormente (-6.515 imprese) il tessuto imprenditoriale dell'industria manifatturiera, trascinato dalla forte contrazione dell'artigianato, che chiude l'anno con 20.319 imprese in meno, quello delle costruzioni (-7.427) e dell'agricoltura (-16.791). Il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che, Lombardia esclusa, perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5mila unità) nel solo Nord-Est. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito a mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane (+0,3% contro il +0,5 del 2011).

SITUAZIONE. Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, spiega che "in questi anni le imprese italiane hanno fatto letteralmente dei miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l'hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro, per non parlare di competenze e tradizioni importanti".

"Ora però il tempo è scaduto - aggiunge - tra poco la politica avrà di nuovo in mano le sorti del paese e deve sapere che l'obiettivo primo e urgente della sua agenda deve essere quello di rimettere al centro dell'azione politica l'impresa, da cui dipende il lavoro, riducendo su entrambi i fronti la pressione fiscale in linea con le più competitive economie europee. La ripresa può venire solo dal mercato e dunque serve favorire la nascita di nuove imprese ad elevato contenuto occupazionale e tecnologico, dando priorità al Mezzogiorno, ai giovani, alle donne e all'imprenditoria sociale".

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