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Giovedì, 25 Aprile 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Ddl Zan e l'insopportabile perbenismo di chi ne fa una questione di priorità

Il Partito democratico ripresenta in Senato il Ddl Zan. La prima reazione di una certa destra, semmai ne esistesse una liberale a questo punto, è sempre la stessa. "Non è il momento" e "Ci sono cose più importanti". Quali? Risposta: "C'è una guerra in corso" si legge. La sinistra viene definita "fuori dal mondo" a pensare ai diritti di gay, lesbiche e trans in un momento così. Con anche un certo sarcasmo, si stila la lista degli argomenti dell'agenda politica che d’ufficio salgono in cima. Come se in un Paese normale ci si potesse occupare di una cosa per volta. Guerra o gay? Economia o diritti civili? E che c'è bisogno di chiederlo? Prima viene la giustizia, il lavoro, il caro bollette. E questi fuori di testa pensano alle bandiere arcobaleno?

Un evergreen insomma. La mia memoria torna gli studi di storia politica. Agli anni '70, quando avere un figlio gay era una vergogna per tutti: comunisti, democristiani e post fascisti. Tanto era radicata la cultura del modello unico familiare che tutti distinguevano fra i diritti sociali e i diritti civili. Questi ultimi venivano visti come un capriccio "borghese" e chi li propugnava veniva tacciato di essere "individualista", come se credere nell’autodeterminazione del singolo fosse sbagliato. Allora era peccato mortale in effetti. Era l'Italia post bellica di qualche decennio fa, mica parliamo dell’Ottocento. Come ci ricorda Franco Grillini, il Martin Luther King dei diritti Lgbtq in Italia, gli unici a credere che un individuo potesse esistere fuori dalla collettività e dallo Stato sociale erano i Radicali di Marco Pannella e la sinistra extraparlamentare, con il Pdup (Partito di unità proletaria) e Avanguardia operaia.

Oggi la sensibilità è cambiata ma resta, anche in una parte della sinistra, l'istinto di porre i diritti civili in subordine. Sono così irrilevanti? Proviamo ad immaginare. Immaginiamo la sofferenza fisica ed emotiva di chi, come Mario, si trova su un letto, completamente immobile e chiede allo Stato di accedere al suicidio assistito. Immaginiamo quanta sofferenza può provare una persona che chiede di morire. Ma c'è la guerra giusto? Mario deve aspettare. 

Immaginiamo di essere nei panni di una donna vittima di violenza; delle tante giovanissime terrorizzate all'idea di salire su un mezzo pubblico dopo essere state molestate su un bus o un treno; delle donne che non trovano lavoro perché potrebbero restare incinta. Ci chiedono di essere protette insieme alla loro dignità. Ma un attimo. C'è prima la riforma del Csm da fare. O l'uno o l'altro giusto?

Immaginiamo di essere malati, magari di anoressia giovanile, di sopportare i dolori muscolari di una patologia degenerativa. Ci curiamo con la cannabis, ma non ne riceviamo abbastanza e ci costa un occhio della testa perché lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze non ne produce abbastanza. Non possiamo curarci come gli altri. Potremmo almeno parlarne? No, ci sono altre priorità.  

Immaginiamo di essere gay o lesbiche. Di non poter neppure stare mano nella mano col nostro compagno o compagna perché potremmo attirare l'attenzione e magari anche qualche schiaffo. Non sia mai darsi un bacio. Non saremmo liberi di vivere la vita degli eterosessuali, i cui baci pubblici non destano scalpore. Ingiusto? Per qualcuno non è il momento di pensare a questo, c'è il caro bollette. 

Immaginiamo pure di essere transessuali. Per non deprimere troppo il lettore, immagineremo di aver fatto il cambio di sesso solo dopo aver trovato un lavoro stabile perché c'è chi, avendolo fatto prima, un lavoro non l'ha più trovato. E in un attimo arriva anche la prova di come la negazione di un diritto civile sia anche negazione di uno sociale. Lo diciamo per chi è ancora abituato a distinguerli. 

Visti da qui non sembrano così banali questi diritti. Non sembra irrilevante il fatto che ci siano categorie sociali più esposte alla violenza e al giudizio morale per il solo fatto di "essere". Essere donna, essere gay, essere lesbica, essere transessuale, essere malato. Eppure c'è sempre qualcuno pronto ad andare lì, puntando il ditino d'ordiannza: "Scusa eh, ma non vedi che c’è la guerra?". Quindi? Queste persone devono subire le solite angherie perché la politica non è mai pronta a prendere una decisione, trincerata com'è dietro le altre priorità? Se ne occupasse poi di quelle priorità. Nemmeno quello. 

Allora se il Ddl Zan è scritto male o è inutile, va bene. Si cambi o non si faccia per niente. Ma almeno evitiamo di scansare le questiuoni politiche con un insopportabile perbenismo mascherato da pragmatismo. I diritti civili sono importanti. Anzi sono fondamentali oggi più che mai. Passa anche per le libertà individuali e i diritti dei singoli l'aratro che traccia il solco fra noi e la Russia di Putin. Fra chi crede nelle democrazie liberali e chi in un modello autoritario imposto all'intera collettività. Se siamo contrari a certi diritti, niente da obiettare. Ma facendone una questione di priorità, si ottiene solo il sabotaggio della discussione. Ecco perché a certi finti liberali preferisco di gran lunga i conservatori, quelli veri, come gli attivisti di Pro Vita & Famiglia. Almeno il loro "no" è sostenuto dall'argomentazione di chi ha un'idea politica da portare sul tavolo della discussione.  

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