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Venerdì, 8 Dicembre 2023
Politica

Decaduto o graziato: che ne sarà di Silvio Berlusconi?

Ormai poche ore ci separano dal gran finale. Il 9 settembre il caso sbarcherà alla giunta per le elezioni del Senato. Lì si deciderà il destino del Cavaliere. E quello di Enrico Letta

Quanto durerà il governo Letta? Almeno fino al 9 settembre, giorno in cui alla giunta per le elezioni del Senato approderà il caso Berlusconi. Decadenza o grazia (oppure salva condotto, larghe intese e ‘governissimo’), questo è il problema. Il titolo della vicenda: “che ne sarà di Silvio?”. Sottotitolo: “E di Enrico?”

Il Cavaliere, condannato a 4 anni per frode fiscale, ha posto il suo diktat. Se cacciato da Palazzo Madama si prenderà la sua vendetta: ‘Muoia Sansone con tutti i Filistei’. Detto e subito smentito; anzi pensato, detto, minacciato tra i denti, e poi seccamente smentito: “Non farò cadere il governo Letta, non ho mai dato un ultimatum”.  (QUI IL VIDEO)

Eppure tra falchi e colombe di marca Pdl, le conferme dello strappo sono arrivate un po’ ovunque. Schifani, Brunette, Alfano, Cicchitto, il ritornello è sempre lo stesso: se il Pd sfiducerà il Capo della stampella destra del governo sarà impossibile continuare a camminare.

Tra una settimana, quindi, la giunta per le elezioni lavorerà con una spada di Damocle grossa come una casa appesa appena qualche centimetro sopra il collo dei membri. Nonostante questo, il Pd appare compatto. Il sì alla decadenza, quindi il no alla prosecuzione della carriera politica del Cav, non è messo in discussione. Lo dice il segretario dei democratici Epifani, gli fa eco Speranza, D’Alema, la Bindi, e anche Matteo Renzi che ha sottolineato: “In uno Paese civile un condannato va a casa da sé”. Anche perché per Epifani il discorso è logico: “Se il Pdl farà mancare l’appoggio a Letta dovrà poi farsene carico di fronte agli italiani”. Se fosse così semplice la discussione sarebbe finita qui: Berlusconi che accetta il suo destino e si fa da parte; il centro-destra che si smarca dalla dinastia di Arcore; Letta che continua nelle vesti di traghettatore fin dopo il semestre europeo. Poi tutti alle urne.

MEDIASET, LE MOTIVAZIONI: "BERLUSCONI IDEO' LA FRODE"

Così non è. Anzi le grandi manovre attorno al caso Berlusconi si stanno ingigantendo. Un po’ perché il Pd si ritrova questa patata bollente con uno dei suoi a capo del governo e con un congresso incendiario alle porte. Un po’ perché il Pdl sta per salutare la curva per lasciar posto alla novella Forza Italia 2.0, l’upgrade di un vecchio progetto che per esser efficace ha bisogno come il pane di Silvio nella cabina di comando. 

Sta di fatto che Berlusconi, anche se promette mari e monti a Letta, sta lavorando per salvarsi e poi, dopo una bella rinverniciata di grazia, rilanciarsi con più forza. E’ per questo che la discussione in giunta rischia di trasformarsi in una sorta di paradosso ad personam: un quarto grado processuale. Uno in più del consentito. Con il Pd, che al di là degli slogan netti di Epifani, non pare così compatto. Lo dimostrano il nervosismo di Civati “se il Pd salva Berlusconi non esiste più" – , le dichiarazioni sempre più tiepide di Letta ma soprattutto il lodo Violante: sollevare la questione davanti alla Corte costituzionale. Una dichiarazione lanciata a fine agosto e poi rimodulata, smentita, interpretata in più morbido: “Berlusconi ha il diritto di difendersi, la legalità ci impone di rispettare le regole anche verso i nostri avversari”

Parole che hanno segnato il solco, quello interno al Pd. Anche perché il problema, in uno stato di diritto, non sta tanto sul difendersi in se per sé, che è innegabile. Ci mancherebbe. Il nodo sta nei tempi della difesa. E cioè quelle ulteriori istruttorie sul caso. Giorni, mesi, tempo. Giusto il tanto per far passare una procedura dilatata per un exit strategy che metta tutti d’accordo. 

La sensazione strisciante, a questo punto, è che anche in casa Pd qualcuno stia lavorando per allungare il brodo in giunta. Magari attendendo che la Consulta dichiari incostituzionale la legge Severino. Oppure sperando che la magistratura si sbrighi a ricalcolare l’interdizione dai pubblici uffici del Cav; così, tanto per mettere in chiaro che non è stato il Pd ma la magistratura ad estromettere Berlusconi dal Parlamento. Il tutto in salsa ‘lunga vita al governo Letta’. 

Ed è su questa stessa logica che si sta muovendo la strategia difensiva del leader del centro-destra. Lo spiega bene il Corriere delle Sera, che focalizza l’attenzione sul ricorso di Silvio all’alta corte di Strasburgo : 

Ancora non è arrivato in giunta. Ma Berlusconi stesso lo ha preannunciato. I suoi legali stanno ancora lavorando sui precedenti, quantomeno “assimilabili”. In attesa dell’esito di quel ricorso, Berlusconi stesso potrebbe chiedere alla giunta un rinvio, in chiave garantista. Gli assicurerebbe, secondo i tempi medi della Corte europea dei diritti umani, quasi un anno di respiro. Lo può richiedere anche prima del voto sulla decadenza. 

E per quel che riguarda il lavori in giunta del 9, sempre il Corriere svela la possibile strategia di Augello, l’uomo che in sede di dibattimento si farà carico della difesa di Berlusconi

Il relatore non chiederà un “sì” o un “no” secco sulla decadenza. Nel corposo documento, ancora in fase di stesura, propone un percorso possibile. Partendo da una certezza: i “dubbi giuridici sollevati dai pareri pro veritate arrivati alla giunta non possono rimanere senza risposta”. Dunque, potrebbe far notare, occorre approfondire la questione della natura della norma se davvero amministrativa o penale (e in tal caso irretroattiva) e i dubbi di costituzionalità in base all'articolo 66 della Carta sul diritto del Parlamento a decidere sui titoli dei senatori. E chiedere di valutare se è opportuno che la questione venga sciolta dalla Consulta. 

Augello, Pdl, vicino alla posizioni procedurali, e quindi tempistiche, proposte da Violante. Che sia un caso? Non resta che attendete, rabbia di sinistra permettendo. Il Pd è sicuramente avvertito.  

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