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Giovedì, 25 Aprile 2024
Fondi Pdl / Roma

Dimissioni Polverini, Pdl alla resa dei conti

IL PUNTO. La presidente del Lazio non ha retto al caso Fiorito. Dall'Udc spallata finale ma con l'onore delle armi. Perché Casini è pronto a fare di Roma e del Lazio un 'suo' laboratorio

L'addio di Renata Polverini che lascia attaccando il consiglio regionale 'marca' Pdl. La spallata dell'Udc che si è trasformata in un dolce arrivederci, con tanto di stretta di mano finale - mediatica - tra la (ex) presidente e Casini. E il fatto che al fianco di Renata Polverini durante la conferenza stampa di addio c'era Luciano Ciocchetti, vertice dell'Udc della regione Lazio.

Tre indizi che fanno una prova. E che prova... Renata Polverini rompe con il Pdl, esce dalla presidenza regionale "a testa alta" (parole di Casini), prova ad assumere il ruolo di 'rottamatrice' di un modo di fare politica "indegno" come "non più degno di rappresentare il Lazio era il consiglio regionale", non certo "la Giunta". Il tutto, con il 'patrocinio politico' di Pier Ferdinando Casini che, ora dopo ora, va assumendo sempre più il ruolo di 'gran burattinaio' dei destini elettorali tanto del Comune di Roma che della Regione Lazio.

LE PAROLE DELLA POLVERINI. La ex presidente è un fiume in piena. Attacca tutto e tutti. Soprattutto qualunque cosa abbia l'aspetto del Pdl. Si dimette perché "questo consiglio regionale", al contrario della Giunta da lei rappresentata "non è più degno di rappresentare una regione importante come il Lazio: non era accettabile mantenere quelle persone in un luogo prestigioso. Hanno fatto cose raccapriccianti, che avrò modo di spiegare in questi giorni. La festa era finita già da lunedì scorso, volevo solo vedere fino a che punto questo Consiglio si dimostrava vile. Io invece me ne vado a testa alta - ha continuato - mi hanno detto che è dal 1970 che un governatore non lascia senza avere nessuna colpa".

Al suo fianco Luciano Ciocchetti - pretoriano di Casini nel Lazio - applaude convinto.

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IL PUNTO.


CASINI TENDE LA MANO. Renata Polverini "è uno dei pochi presidenti che non ha un avviso di garanzia e come tale non aveva nessun obbligo di dimettersi, ma ne ha fatto un obbligo di dignità e di responsabilità". Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, intervistato dal Messaggero, ha ammesso che Polverini poteva dimettersi "uno o due giorni prima" ma questo non fa la differenza". Non fa differenza perché Renata Polverini è, per l'Udc, il "modo corretto" di fare politica. Non è il suo fallimento: "Sono stati i partiti ad aver fallito. La prima Repubblica aveva grandi partiti con costosi apparati ed è caduta proprio sulla critica a queste strutture. Un sistema che andava cambiato, ma ora siamo a dei partiti di plastica. Nella migliore delle ipotesi a partiti personali, nella peggiore a comitati d'affari".

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IL FUTURO DI ROMA E DEL LAZIO. Come ovvio, è già il momento della 'fanta politica'. Ma in questo caso di 'fanta' sembra ci sia ben poco. Almeno su un punto: Renata Polverini sarà ancora in politica con la sua lista, 'Città nuove', che di volta in volta deciderà come e con chi 'apparentarsi'. Di certo, contro il Pdl 'ex An' che voce grossa aveva nel consiglio regionale del Lazio. E' stata la stessa ex presidente a farlo capire in un passaggio in cui a voluto precisare che "nell'Udc, in questo periodo, mi sono stati a fianco in maniera incredibile" ma "anche il Pdl con Alfano e Berlusconi mi ha appoggiato".

E se questi sono gli 'amici', per esclusione ecco chi sono i 'nemici' di Renata Polverini: Vincenzo Piso (coordinatore Pdl del Lazio), gli onorevoli Fabio Rampelli e Andrea Augello. Per intenderci, quella che una volta era, a Roma, Alleanza Nazionale al netto di Gianni Alemanno. Vedremo perché.

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IL FUTURO E' RICCARDI ?. Per ripartire c'è bisogno di 'tecnici'. Ormai la moda è questa. E quale miglior tecnico, a Roma, di Andrea Riccardi, ministro della Cooperazione del governo Monti, fondatore della Comunità di Sant'Egidio e 'amico di tutti'?

Con le elezioni regionali che vanno a sommarsi a quelle comunali di Roma (e nazionali), tutto può cambiare. Quello che fino a ieri era lo scontro per il Campidoglio, Alemanno contro Zingaretti, potrebbe diventare lo scontro per la Regione Lazio.

Zingaretti - si sa - poco ama l'idea di correre per la poltrona di sindaco di Roma. Troppo scomodo, oggi, amministrare una città come la Capitale in tempi di pareggio di bilancio e patto di stabilità. La Regione sarebbe un incarico quasi nazionale. E quindi Zingaretti potrebbe spostare la partita su scala regionale lasciando a Roma il terreno di laboratorio di una 'grande coalizione' - dall'Udc alla sinistra. Il tutto con il patrocinio 'sociale' proprio di Andrea Riccardi.

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E se Zingaretti si sposta, Alemanno potrebbe seguirlo. Contro Riccardi pochi avrebbero speranza di vincere. E quindi ecco che Giorgia Meloni potrebbe essere la candidata perfetta per il Campidoglio. Candidata 'a perdere' ma con l'obiettivo di 'rifare la destra' a Roma, da Storace al Pdl. E Alemanno potrebbe fare l'uomo di 'centrodestra' in Regione, l'uomo chiamato a ripulire il Lazio e, soprattutto, l'immagine del Pdl. In questo caso, poco importerebbe essere sconfitti da Zingaretti. Perché la vera partita di Alemanno sarebbe un'altra. Quella di rifare la destra italiana. Con Alfano o dopo Alfano. Con Berlusconi o dopo Berlusconi. Di certo, senza Fini. Ergo, senza Casini.

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