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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Poche donne nelle istituzioni, non rispettata la legge sulle pari opportunità

Donne assessore cercasi: l'equilibrio di genere questo sconosciuto, nelle istituzioni le quote rosa sono sempre più spesso aggirate e così lo Stato finisce per smentire se stesso

Equilibrio di genere, una legge declamata ma sempre più spesso ignorata grazie anche ai varchi lasciati dalla norma vaga nel definire l'arrotondamento aritmentico, e dalla giurisprudenza. Così agli amministratori è permesso di aggirare le quote rosa nelle istituzioni. E vale così nei comuni più piccoli come nell'Europarlamento.

Infatti se per la legge 56/2014 "Delrio" le giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti sono tenute a rispettare l’equilibrio di genere ovvero "nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico", non si ha notizia di controlli sistematici. Solo quando vengono presentati ricorsi al Tar competente i giudici provvedono a sciogliere gli organi locali rei di non applicare la legge.

La stessa agenzia autonoma dell'Unione europea per l'uguaglianza di genere aveva bacchettato l'Italia che si attesta al 20° posto su 27 Stati membri per la presenza di donne nelle istituzioni. 

Come riporta la Fondazione Openpolis in un corposo dossier, la vaghezza della norma stessa e la giurisprudenza aprono dei varchi per aggirare questo principio: una sentenza del consiglio di stato, che ha riconosciuto l’impossibilità di applicare il principio di pari opportunità, sottoponendolo al corretto svolgimento delle funzioni politico-amministrative.

Equilibrio di genere, così lo Stato non rispetta la legge

Fatti e numeri portano ad evidenze: nel comune di Fermo le assessore arrivano a un misero 11%, così ad Agrigento, Aosta, Trento, Caltanissetta, Enna, Bolzano, Ascoli Piceno, Potenza e Grosseto le donne nelle giunte comunali non superano il 30%.

Caso più unico che raro a Verbania la giunta risulta "squilibrata" a sfavore degli uomini che sono solo il 28,57% dei componenti. Dei 67 capoluoghi di provincia andati al voto dopo la sua entrata in vigore ben 15 hanno una quota di assessore che va dal 30 al 40% e dunque si può dire che rispettino la norma solo "alla larga". In altri 11 casi la legge non è rispettata, poiché la quota di donne è troppo bassa persino per avvicinarsi solo vagamente all'equilibrio stabilito dalla legge. In 41 di questi comuni si può dire che il peso di uomini e donne è bilanciato, poiché le donne in giunta sono tra il 40 e il 60% dei componenti.

Allargando lo spettro è evidente come in nessuna regione italiana si raggiunge il 40% di donne nell'assemblea elettiva: il risultato migliore spetta all’Emilia Romagna, dove le consigliere sono il 32%. In Calabria dove la legge elettorale indica solo un generico principio senza prescrizioni esatte, le donne sono in assoluta minoranza: il 6,45% dell’assemblea. Tuttavia anche in Piemonte, nonostante l’assenza di incentivi, si raggiunge comunque un 25,49% di consigliere. Ma il record negativo è invece della Basilicata, dove l’organo è completamente mono-genere, cioè tutto maschile.

In Europa le cose non vanno meglio: solo il 37% dei seggi all'Europarlamento è occupato da donne. E nelle sedi con maggiore potere decisionale la quota è decisamente più bassa: in commissione europea si scende al 31%, mentre alle ultime riunioni dell’Ecofin erano il 10,71%, e solo il 3,57% al consiglio affari esteri. La tendenza è già emersa in modo chiaro: man mano che si risalgono i vari livelli istituzionali si osserva che la maggiore presenza femminile rimane confinata alla base e si assottiglia ai vertici, spesso in modo molto consistente.

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