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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il giallo

Dubbi sull'elezione di Fontana, mancano 15 voti: ipotesi fronda anti Salvini

Il nuovo Presidente della Camera è stato eletto con 222 voti ma, se fosse stato votato da tutto il centrodestra, avrebbe raccolto oltre 230 preferenze

Lorenzo Fontana, il cattolico di ferro della Lega, è il nuovo presidente della Camera dei Deputati. Dopo la brutta figura della votazione al Senato il giorno prima, tutto, seppur alla quarta chiamata, è andato liscio. Almeno questo è quello che sembra, con tutti gli esponenti del centrodestra a parlare di compattezza ritrovata. Eppure Fontana non è stato eletto con tutti i voti della maggioranza. Che cosa è successo? Intanto si possono fare due conti.

I conti e il giallo delle schede col nome "Attilio Fontana"

Lorenzo Fontana è il nuovo presidente della Camera con 222 voti. Essendo stato eletto alla quarta chiama, era richiesta la maggioranza assoluta dei presenti, cioè 197 su un totale di 392 votanti. Per quanto riguarda gli altri candidati, 77 consensi sono andati a Maria Cecilia Guerra del Pd, 52 per Federico Cafiero De Raho del M5s, 22 per Matteo Richetti di Azione. Il problema è che, se il leghista fosse stato scelto da tutti quelli del centrodestra, avrebbe incassato 237 voti. Infatti il numero deriva dalla somma dei 119 di Fratelli d'Italia, i 66 della Lega, i 45 di Forza Italia e i 7 di Noi moderati. Insomma, ne mancano quindici. Chi sono questi? C’è di mezzo ancora Forza Italia? È una possibilità perché, seppur Berlusconi abbia deposto le armi, è pur vero che dal partito fanno sapere che lui è furioso per come siano andate ieri le cose. Ma c’è un altro elemento di giallo. E sono le sei schede bianche e undici nulle. In particolare le undici nulle deriverebbero da chi ha votato “Attilio Fontana” o solo “Fontana”. Quest’ultimo caso non accettato dal rischio di omonimia visto che alla Camera siede anche Ilaria Fontana del Movimento 5 Stelle. Ma è davvero un caso quello di chi ha votato Attilio Fontana? La prassi parlamentare insegna come un voto non sia mai per caso. I parlamentari, per quanto carenti di credibilità agli occhi di una fetta importante di elettorato, non mettono quasi mai nomi a caso. Non è escluso dunque che quelle schede nulle vengano dai mal di pancia tutti interni alla Lega, partito ormai clamorosamente spaccato in due. Salvini è sul banco degli imputati e lo ha ribadito indirettamente anche Umberto Bossi quando ha parlato di un piano per "evitare lo sfracello".

Rumors che circolano a Montecitorio intestano la fronda in particolare ad alcuni leghisti delusi, tra chi puntava su Molinari e chi ha dato un segnale di dissenso per la possibile esclusione del ligure Rixi dalla squadra di governo. I quindici voti mancanti sarebbero quindi di leghisti piemontesi, liguri e di qualche lombardo. Qualcuno ricorda come lo stesso Fontana avrebbe avuto ruggini con l'attuale segretario regionale della Lombardia e deputato Fabrizio Cecchetti, reo di aver concesso il patrocinio al gay pride di Milano, quando era presidente del Consiglio regionale.

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Attriti da Forza Italia

Comunque non tutte le schede invalidate avevano il nome del Presidente della Lombardia. Alcune solo “Fontana” e comunque non basterebbero a spiegare le quindici defezioni. Forza Italia è sul chi va là. “Gliel’ho detto più volte alla Meloni che c'è malcontento in Forza Italia e così mi mette in difficoltà ma lei ha detto che andrà avanti per la sua strada. La capisco, ma deve capire anche me. Noi dobbiamo avere pari dignità politica”. Ieri sera, a cena a 'Villa Grande' con i suoi senatori, Silvio Berlusconi sarebbe stato molto pragmatico ma anche deciso a rivendicare per Forza Italia il peso che merita nella futura squadra di governo per il suo contributo determinante alla vittoria del centrodestra.

Gli azzurri hanno avuto lo stesso numero di voti della Lega e, quindi, sarebbe stato il ragionamento dell'ex premier, bisogna riprendere il dialogo con gli alleati, la Meloni in particolare, e continuare a trattare senza provocare strappi perchè non può pensare di fare tutto da sola. Alla luce del caso di Licia Ronzulli, la fedelissima di Arcore, rimasta allo stato fuori dal Consiglio dei ministri, Berlusconi avrebbe ribadito le sue forti perplessità per il “metodo Giorgia”, ovvero le resistenze di via della Scrofa, di fatto dei veri e propri veti, su nomi proposti da Fi per l'upgrade governativo.

In particolare, il leader azzurro avrebbe messo in guardia dal rischio di crisi di governo a causa di una coalizione troppo divisa e confusa. Il centrodestra deve essere unito altrimenti il governo va a sbattere alla prima occasione, il monito di Berlusconi. Alla fine l'impressione generale tra i presenti è che Meloni tirerà dritto e farà da sola. Alla fine i presidenti di Camera e Senato sono stati eletti con una certa rapidità ma se il buongiorno si vede dal mattino, questo Governo rischia di partire molto male.

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