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Martedì, 23 Aprile 2024
Politica

Elezioni comunali: tra Grillo, Epifani e Berlusconi non sorride nessuno

Grillo esce dall'urna con le ossa rotte e attacca gli elettori. Epifani sorride ma si scorda dell'ennesima erosione di consenso. Berlusconi dalla Sardegna se la prende con Alemanno

Le amministrative passeranno alla storia per due fenomeni concatenati: l’astensionismo e il crollo del Movimento 5 Stelle. Intendiamoci, per sostenere un principio di causa-effetto c’è bisogno di analisi rigorosa ed elementi scientifici. A 24 ore dalla chiusura delle urne, tuttavia, appare abbasta chiaro come il dimezzamento del peso elettorale dei 5 Stelle abbia pesato su chi ha deciso di andare al mare.  La tesi non sarà strutturata sul metodo sperimentale ma si sa, un paio di indizi buoni cominciano a far una prova. E allora torniamo ai giorni immediatamente prima del voto per le politiche di febbraio: piazze piene, lo Tsunami tour di Beppe Grillo che impazza e entra a piedi pari sul dibattito elettorale in corso. Con il capo del Movimento che spopola, si prende tutto, compresa l’incertezza post elettorale. Se la prende lui, Casaleggio e i suoi, i neoeletti, guidati dalla premiata ditta Crimi-Lombardi. E temporeggiano. Non decidono, stanno al centro del tutto, ma dicono di no a tutti (soprattutto al Pd e a Bersani).

5 STELLE – Il problema è che di tattica, anche questo si sa, alla fine si muore. Se poi ci metti in mezzo alcuni errori grossolani il gioco è fatto. Con ordine: la polemica sull’elezione di Pietro Grasso alla presidenza del Senato; la vicenda epurazioni; gli scivoloni su Napolitano; quelli sui rimborsi e sulla diaria; l’immobilismo parlamentare; la rete che nei fatti sparisce dalla catena di comando. Infine, Grillo: da deus ex machina del Movimento, a leader maximo, con l'orizzontalità, o movimento liquido, che improvvisamente va a farsi benedire.

LA RABBIA DI GRILLO

Così capita che l’elettorato deluso dalla sinistra, e che si era convinto di sedersi nella foresteria di Grillo, si alzi da tavola e si avvii verso l’uscita. Arrivederci e grazie; è stato bello finché è durato. Breve ma intenso. Delusi dal Pd e dalla sinistra in genere, nuovamente ‘traditi’ si sono trovati nuovamente orfani di una sponda politica, così hanno preferito starsene a casa. Senza pentirsi della prima scelta, senza dar più fiducia al nuovo. Un concetto che ha spiegato bene Andrea Marcucci, renziano di ferro, che non ha esultato di fronte al calo dell'M5S: “I voti andati al Movimento 5 Stelle alle politiche sono tornati nell'astensione. Il problema è che non li abbiamo riconquistati noi”.

AL BALLOTTAGGIO 11 CAPOLUOGHI

PD – Si perché se Grillo si incazza e se la prende con gli italiani – e forse straparla, visto che in un sistema democratico scagliarsi contro le scelte dei “datori di lavoro” è nei fatti un ossimoro –, e qualche grillono piagnucola (dalle poche risorse all'isolamento mediatico) il Pd esulta, incomprensibilmente. “Abbiamo tenuto”, “siamo avanti in tutti i ballottaggi nei grandi centri”. Peccato che l’analisi sull’astensione sia tratteggiata solo dalla grande preoccupazione (rigorosamente istituzionale), senza entrare nel merito della faccenda. Guardare con un certo ottimismo alle percentuali di fine febbraio, dentro a un bacino elettorale notevolmente ridotto, è un po’ come guardare la pagliuzza e far finta del trave. Matematicamente parlando vuol dire aver perso una valanga di voti. Così come è successo a Roma, nonostante il vantaggio confortante di Marino su Alemanno.

Epifani, il ‘Caronte’ del Pd, va diritto. Incassa il ‘successo’ e porta a casa: “Certo il voto è qualcosa che incoraggia il lavoro che ho cominciato e credo che sia incoraggiante per tutto il Pd”. E pace se rispetto a febbraio il Pd abbia perso una cosa come 159mila voti. Eppure la soddisfazione è contagiosa. Tanto che Debora Serracchiani, fresca governatrice del Friuli Venezia Giulia, si spinge ancora più in là: “Ricominciamo a vedere la luce: grazie agli elettori e ai militanti che non mollano”. Poi torna sulla terra: “L’astensionismo rimane un elemento di grande preoccupazione, da non sottovalutare nemmeno un poco, e il cedimento dei grillini non deve farci dimenticare l'enorme lavoro che il Pd ha davanti a sé”.

AMMINISTRATIVE: NON VINCE NESSUNO - IL PUNTO

PDL – Perde Grillo e perde voti il Pd. Ma vince, anche perché ci ha pensato lo ‘squadrone’ del Pdl a dar mano. Distanti anni luce nella capitale, i candidati del Popolo della libertà arrancano un po’ ovunque. Semmai strappando il ballottaggio, ma a distanza di sicurezza. Con la batosta romana che fa male come un destro del buon vecchio Tyson. Le cronache raccontano di un Silvio rinchiuso nella sua villa in Sardegna per una settimana all’insegna del riposo. La versione ufficiale parla di un Cav. che ha accolto i risultati “senza drammi”. Di altri toni quella ufficiosa: non è mancata, sembrerebbe, l’irritazione per aver confermato la candidatura del sindaco uscente, Gianni Alemanno. Quell’Alemanno che “ci  crede ancora” e se la prende con tutti, anche il con il derby di Coppa Italia, Roma-Lazio: “Ho sottovalutato il derby...È stato un trauma impressionante per la città, e non abbiamo ben valutato il tifo calcistico, che ha bloccato 200 mila persone”.

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