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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Perché le elezioni regionali in Sardegna sono diventate così importanti per Lega e M5s

Come mai sono diventate così rilevanti per Lega e M5s le elezioni del prossimo 24 febbraio? I motivi sono più d'uno. E c'entrano anche le elezioni europee di fine maggio

Nelle settimane più calde della finora breve vita del governo Lega-M5s, con in vista il decreto che dovrebbe contenere i dettagli su reddito di cittadinanza e quota 100, le elezioni regionali in Sardegna del prossimo 24 febbraio entrano con forza nei pensieri dei vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Tra il 16 e il 17 gennaio il leader del Carroccio sarà a Cagliari, Quartu, Oristano e Alghero. Sarà preceduto dal capo politico del M5s, che sarà dapprima a Porto Torres venerdì 11 gennaio, proseguirà il suo "tour" a Gonnostramatza, per toccare poi Portovesme e concludere a Cagliari. Per tre giorni Di Maio girerà tutta l'isola per incontrare attivisti, cittadini, elettori.

Risultati Elezioni Sardegna 2019

Elezioni regionali Sardegna 2019: i candidati

Ma come mai sono diventate così rilevanti per Lega e M5s le elezioni regionali sarde? I motivi sono più d'uno. Ma partiamo dalla scelta dei candidati, che è stato molto significativa. Il Presidente della Regione Francesco Pigliaru (ora del Pd) non si ricandida. La sua avventura è durata un solo mandato. L'ampio fronte del centrosinistra punta su Massimo Zedda, il sindaco indipendente di Cagliari. Il M5s, che aveva fatto il botto alle politiche del 4 marzo scorso, con oltre il 42% sia al Senato che alla Camera, candida alla presidenza della Regione Francesco Desogus.

Il centrodestra ha trovato la quadra intorno al nome di Christian Solinas, Segretario del Partito Sardo d'Azione e senatore eletto con la Lega. In corsa ci sono anche  Mauro Pili per Sardi liberi (Unidos e Progres), Paolo Maninchedda per il Partito dei sardi e Andrea Murgia per Autodeterminatzione. In forse il magistrato Ines Pisano, settima candidata ed unica donna, che però non ha ancora raccolto tutte le firme necessarie.

Solinas, Zedda, Desogus: sfida a tre

La sfida è chiaramente "a tre": Solinas, Zedda e Desogus. Partiamo da Solinas. Ancor più che in Abruzzo (dove il centrodestra candida alla presidenza non un leghista bensì il senatore romano di Fratelli d'Italia Marco Marsilio), la Lega in caso di vittoria in Sardegna dimostrerebbe in un solo colpo ben due cose. Primo, di essere senza timore di smentite il partito trainante del centrodestra, a scapito di Forza Italia (come confermano ormai tutti i sondaggi). Secondo, che il progetto salviniano di trasformare la Lega da partito regionale fortemente radicato solo nelle regioni settentrionali a partito nazionale a tutti gli effetti è ben avviato. Proprio a tal proposito non possono passare inosservate le parole di Solinas quando ha accettato la candidatura: "Questo passaggio è il segno tangibile che la nostra era un'alleanza culturale, naturale fondata su valori e visioni comuni".

Al sud da quattro anni a questa parte la Lega si è presentata a livello locale con la lista "Noi con Salvini". I risultati sono stati molto modesti. Poi però alle ultime politiche si è presentata come "Lega", come nel resto del Paese. Ha preso il 17,4 per cento. Oggi, con i sondaggi a livello nazionale che la danno oltre il 30 per cento, al Sud la Lega secondo molti osservatori dovrebbe essere tra il 15 e il 20 per cento, forse di più. Si sta radicando, sta aprendo sedi anche in realtà medio-piccole, e sta reclutando iscritti utilizzando la denominazione "Lega per Salvini Premier". Salvini farà campagna elettorale "di persona" in Sardegna, e spera in un risultato storico.

I sondaggi su tasse, quota 100 e reddito mettono in allarme 5 Stelle e Lega

Il centrosinistra per provare a mantenere la guida della regione punta invece sul giovane sindaco di Cagliari. Il ruolo del Pd è ovviamente fondamentale, resta il partito con il maggior peso nel centrosinistra, ma quella di Zedda è una candidatura che si basa su un sostegno più ampio, slegata dai partiti, che pesca a piene mani dal "civismo". Non a caso Zedda ha accettato la candidatura anche dopo la lettera-invito firmata da più di 100 sindaci dell'isola. Un tentativo di superare lo schema dei partiti tradizionali, i cui esiti sono a oggi imprevedibili. 

A inizio agosto il M5s tramite il voto online avevo ufficializzato il proprio candidato, e non c'erano state sorprese: Mario Puddu, ex sindaco di Assemini. Poi però sono sorte difficoltà impreviste. Puddu è stato condannato a un anno per abuso d’ufficio, e ha ritirato la sua candidatura. Con una nuova votazione online i 5 Stelle hanno quindi designato Francesco Desogus. Il M5s spera di avvicinarsi ai risultati ottenuti alle politiche: probabilmente basteranno percentuali inferiori al 42 per cento per designare il nuovo presidente della Regione. Ma in casa M5s la speranza è che le percentuali non si allontanino troppo da quelle del 4 marzo 2018. Un calo marcato non sarebe un buon segnale.

Non ci sono sondaggi ufficiali credibili, al momento: ma se in autunno la sfida sembrava solo a due (Lega e M5s), la candidatura di un nome forte come quello di Zedda ha quantomeno rimesso in carreggiata il centrosinistra. La sensazione è che fosse l'unico nome a dare reali possibilità di vittoria al fronte "progressista". Si andrà alle urne a tre mesi dalle cruciali elezioni europee di fine maggio, che probabilmente disegneranno nuovi equilibri anche all'interno dello stesso governo. Ed è per questo che il test Sardegna è guardato con la massima attenzione dai due alleati Di Maio e Salvini, ma anche dal centrosinistra, che ha disperato bisogno di una boccata d'ossigeno. Mancano 45 giorni al voto. Tanti, troppi per poter fare previsioni. I sondaggi delle prossime settimane daranno indicazioni interessanti.

La legge elettorale in Sardegna

La legge elettorale per le elezioni in Sardegna ha subito modifiche per l’ultima volta nel 2013. Con l'obiettivo di garantire la governabilità, viene eletto governatore il candidato più votato, ma non solo: se questi dovesse ottenere tra il 25% e il 40% dei voti ci sarà un premio di maggioranza del 55% dei seggi, oltre il 40% invece il premio sarà del 60%. Con meno del 25% invece non scatta invece nessun premio di maggioranza. Inoltre la legge elettorale prevede la possibilità di effettuare un voto disgiunto (si può votare per una lista e per un candidato presidente non collegati fra loro), mentre la soglia di sbarramento è del 10% per le coalizioni e del 5% per le liste che si presentano da sole.

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