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Sabato, 9 Dicembre 2023
Movimento 5 Stelle

E alla fine le banche d'affari si riscoprirono "grilline"

Dal "comunque vada il voto, Roma brucerà" pre-elettorale alla fiducia espressa da Goldman Sachs nell'Italia "a 5 stelle". Passate le elezioni, il mondo della finanza ha cambiato idea su Beppe Grillo. Ecco perchè

Era il 20 febbraio quando su Today.it titolammo: Grillo spaventa le banche: "Comunque vada il voto, Roma brucerà". Il senso di quel titolo veniva da un lungo focus dell'agenzia Reuters che riprendeva le analisi pre-elettorali di "banchieri, diplomatici e industriali" che si dicevano letteralmente terrorizzati da un eventuale successo alle urne del Movimento 5 Stelle.

Un'analisi confermata da Standard&Poor's il giorno dopo: un boom del M5S "potrebbe determinare una perdita di slancio sulle importanti riforme strutturali" che servono all'Italia.

Quel boom c'è stato. E' stato travolgente. Eppure dopo lo 'tsunami' le banche d'affari, in questo caso Goldman Sachs, non sembrano per nulla spaventate dal futuro che attende l'Italia "a 5 stelle". Anzi.

Due giorni fa Jim O'Neil, il 'guru' di Goldman Sachs, ha detto di trovare addirittura "entusiasmante" l'esito elettorale italiano. Il Paese, spiega, ha "bisogno di cambiare qualcosa di importante" e forse il risultato del movimento di Grillo è il "segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo". 

O'Neill è ora presidente di Goldman Sachs Asset Management, l'unita' dei fondi di Goldman, e a lungo è stato il capo economista della merchant bank di New York. 

Nello studio dal titolo 'Riforme non vuol dire austerity' Goldman Sachs si riscopre a sorpresa 'grillina': "Forse un po' stranamente - scrive O'Neill delle elezioni in Italia - trovo il risultato abbastanza entusiasmante perchè credo che un paese, il cui Pil sostanzialmente non è cambiato da quando l'Unione Monetaria è partita nel 1999, ha bisogno di cambiare qualcosa di importante. Forse questo risultato elettorale e il particolare fascino di massa del Movimento Cinque Stelle potrebbe essere il segnale dell'inizio di qualcosa di nuovo?". 

"In secondo luogo, per le elite consolidate dell'Italia e fondamentalmente per gli altri 'centri di potere' dell'Europa, in particolare Berlino e Francoforte, penso che questi risultati siano molto vicini a un incubo", aggiunge l'economista, mettendo in discussione lo "status quo" che mette al primo posto l'imperativo della riduzione del debito. 

In terzo luogo, sottolinea O'Neill, "il vero problema dell'Italia è l'assenza di crescita economica, che ha causato la crescita del debito, e non sono cioè gli stessi problemi degli altri paesi dell'Eurozona. La posizione di bilancio dell'Italia aggiustata ciclicamente è oggi in modesto surplus, che virtualmente è meglio di tutti gli altri paesi sviluppati".

"Penso che restringere le politiche di bilancio di per sè, con un vago intento di riduzione del debito, non sia una strategia furba. L'Italia ha bisogno di riformare il proprio mercato produttivo e del lavoro, di sostenere la produttività nazionale e di riforme. Queste hanno bisogno anche del supporto della Germania e della Bce per restare nell'unione monetaria e, specialmente ora, di fermare una potenziale ulteriore escalation nella crescita dei rendimenti dei titoli di stato. In Italia le riforme non sono identificate con l'austerity, come gli elettori hanno appena mostrato".

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