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Reddito di cittadinanza vs Reddito di inclusione: le differenze

La proposta dei 5 Stelle e quella del Partito Democratico differiscono non soltanto per gli importi e per i beneficiari, ma soprattutto per il diverso ruolo che ha la ricerca di una occupazione per il soggetto in situazione di povertà

Uno dei temi più discussi di questa campagna elettorale è quello delle misure di contrasto alla povertà. Cosa si può fare per aiutare le persone e le famiglie che non riescono a far fronte ai beni e i servizi essenziali per una qualità della vita accettabile? Vediamo quali sono le idee e le proposte in campo su questo argomento.

Cinquestelle, dignità a tutti con il Reddito di Cittadinanza

I 5Stelle propongono di introdurre il Reddito di Cittadinanza: 780 euro al mese da assegnare indistintamente a tutti coloro che non lavorano oppure a chi ha uno stipendio o una pensione inferiore a questa cifra (e in questo caso avrebbe un reddito integrativo fino ad arrivare a 780 euro). I requisiti per ottenerlo sono semplicissimi: avere più di 18 anni, essere disoccupato o inoccupato o percepire un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà o percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà. Il che vuol dire che potrebbero beneficiarne anche i componenti  di famiglie ad alto reddito purché senza un’entrata propria. Nella proposta non c’è, infatti, alcun riferimento ad altri eventuali redditi, come beni mobiliari o immobiliari, conti e titoli bancari, che quindi non verrebbero considerati ai fini del calcolo. Requisiti così semplici potrebbero portare, dunque, ad un numero altissimo di beneficiari e ad un conseguente aumento delle risorse necessarie per erogare il reddito a tutti. Inoltre, una misura così concepita rischia di diventare iniqua proprio perché scarsamente differenziata.

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Un altro aspetto poco chiaro è il legame tra il reddito e la ricerca attiva di un lavoro. Per evitare che diventi un "alibi alla nullafacenza", il M5s sostiene che l’erogazione del Reddito di Cittadinanza sarebbe subordinata, per esempio, alla “ricerca attiva del lavoro per almeno due ore al giorno” ma non viene spiegato chi, quando e soprattutto come si verificherà ciò, così come sembra particolarmente ottimistico ipotizzare che “qualsiasi variazione del reddito” del beneficiario venga “tempestivamente” comunicata con la conseguente immediata revoca del beneficio. Il rischio potrebbe essere quello di incentivare la cosiddetta “trappola della povertà”, vale a dire la maggior convenienza per le persone a ricevere il sussidio piuttosto che cercare attivamente un lavoro.

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La proposta del Partito Democratico si chiama invece Reddito di Inclusione (Rei). In realtà, non si tratta di una semplice proposta ma di una legge vigente. È già stata approvata e resa operativa, infatti, dal governo guidato da Gentiloni nella legislatura che si sta chiudendo. Consiste in una sorta di carta prepagata sulla quale il Comune, tramite l’Inps, eroga la cifra che spetta alla famiglia. L’importo, tra i 190 e i 539 euro a seconda se si tratti di singoli o di famiglie con figli, va a sostegno delle situazioni verificate di forte difficoltà ed emarginazione. I parametri per beneficiarne sono: un Isee non superiore a 6.000 euro all’anno, un valore del patrimonio immobiliare non superiore a 20.000 euro e un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti) non superiore a 10mila euro (ridotto a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola). Oltre al contributo economico sono previsti altri tipo di intervento: i Comuni hanno il compito di predisporre progetti di attivazione sociale e lavorativa dei soggetti in situazione di povertà, con il potenziamento dei servizi e la formazione degli operatori locali. Lo scopo, quindi, è di avviare un percorso per accompagnare chi vive in condizione di bisogno ed emarginazione a ritrovare la propria autonomia, non solo economica ma anche sociale e lavorativa.

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Differenze tra reddito di inclusione e reddito cittadinanza

A conti fatti, quindi, il reddito di cittadinanza e quello di inclusione differiscono sia sulla soglia di reddito al di sotto della quale è concessa la misura, sia sull’entità dell’erogazione sia, infine, sulle risorse necessarie per la relativa copertura finanziaria. E poi per il diverso ruolo che ha la ricerca di una occupazione per il soggetto in situazione di povertà.

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