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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Meloni, il museo Egizio, gli arabi e la Lega: deriva di una campagna elettorale malata

La più violenta campagna elettorale di sempre si arricchisce dell'ennesimo episodio che punta il dito verso gli immigrati e nasconde il razzismo dietro le accuse di buonismo: protagonisti Lega e Fratelli d'Italia e uno dei più importanti musei d'Europa

Finita l'ubriacatura sanremese l'Italia si sveglia nel pieno della più violenta campagna elettorale di sempre: a tre settimane dalle elezioni la politica si è appropriata dell'empatia della cronaca mettendo in contumacia il buonsenso. Caso ultimo, solo cronologicamente, è la querelle tutta ideolgica che vede il candidato premier di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni opporsi ad una iniziativa promozionale del Museo Egizio di Torino che prevede due ingressi al prezzo di uno per le coppie di lingua araba, discriminatoria per gli italiani secondo Meloni. 

Venerdì scorso il direttore del Museo Christian Greco è sceso dai suoi uffici per confrontarsi con la posizione della leader di Fratelli d'Italia che stava manifestando proprio innanzi a quello che è uno dei luoghi di cultura tra i più visitati d'Italia. Ma prima facciamo un passo indietro.

Museo Egizio, il falso video dei Giovani Padani

L’iniziativa “Fortunato chi parla arabo” adottata il 6 dicembre scorso dal Museo Egizio per avvicinare "i nuovi italiani" a una delle culture più antiche e importanti del mondo arabo e di conseguenza alle loro radici, è stata da subito contestata dal leader dei Giovani Padani, Andrea Crippa, che il 17 gennaio ha diffuso sul proprio profilo Facebook un video denuncia. 

Nel video Crippa interloquisce con una voce maschile spacciata per quella di un addetto all'ufficio prenotazione del Museo Egizio. Tutto falso secondo le perizie. Il Museo aveva da subito presentato un esposto contro quella che viene definita dalla stessa istituzione una "montatura mirata a denigrare Il Museo Egizio".

"Una deliberata messa in scena, al centralino vi lavorano soltanto donne" secondo la direzione del Museo Egizio che ha presentato un esposto alla procura di Torino nei confronti di Andrea Crippa, candidato scelto dalla coalizione di centrodestra per il collegio uninominale alla Camera di Bollate (circoscrizione Lombardia 1). Nei confronti di Crippa, che nel video invitava i propri contatti a protestare contro l'iniziativa del Museo, la Procura di Torino - secondo Agenzia Italia - starebbe valutando gli estremi per contestare il reato di "odio razziale" come previsto dalla Legge Mancino del 25 giugno 1993.

Lo stesso leader della Lega Matteo Salvini interrogato sull'iniziativa del giovani candidato aveva parlato della proposta del Museo Egizio come discriminante: "E' una scelta razzista nei confronti degli italiani. O fai la stessa cosa per tutti oppure non puoi dire se parli arabo paghi meno - aveva detto Salvini - Se c'è qualcuno che è razzista è quello che dirige questo museo".

Lo scontro tra Meloni e Greco

Museo Egizio, botta e risposta Meloni Greco

Il 9 febbraio Giorgia Meloni ha rinfocolato la polemica organizzando una iniziativa elettorale a Torino proprio davanti al Museo Egizio. Il direttore Christian Greco si è presentato con un volume e un biglietto omaggio e con la candidata premier di Fratelli d'Italia è iniziato subito un botta e risposta dai toni accesi. Se Greco ha contestato a Meloni come esistano "tantissime promozioni, non solo quella rivolta ai cittadini di lingua araba", per Giorgia Meloni, il Museo "fa discriminazioni" inciampando tuttavia sui fondamentali: il candidato premier, contestando la discriminazione religiosa, ha infatti confuso tra arabi e musulmani mentre lo stesso direttore del Museo Egizio richiamava l'esistenza di differenti componenti religiose all'interno dello sfaccettato mondo arabo. Una distinzione che evidentemente non era chiara all'ex ministro delle gioventù Meloni.

La scelta del direttore del museo è stata difesa dai Comitati tecnico-scientifici che hanno anche ricordato come la medesima formula oggi contestata fosse stata ideata e applicata dallo stesso Museo e senza alcuna contestazione già un anno fa. 

L'evidenza del pretesto elettorale è incontestabile fuori da ogni ragionevole dubbio.

Fosse finita qua si potrebbe parlare di una contestazione finita in un buco nell'acqua, con tanto di coda giudiziaria (contro il giovane leghista) e figuraccia mediatica (per Meloni e Fdi) ma nel weekend la dichiarazione rilasciata dal responsabile comunicazione di Fratelli d'Italia Federico Mollicone ha finito per allargare ancor più lo scontro. 

Il comunicato stampa rilasciato dalla componente che si presenta alleata al centrodestra alle prossime elezioni politiche ha infatti parlato di spoil system facendo intendere come i posti di nomina governativa fossero da rivedere con un nuovo governo di centrodestra. 

"Una volta al governo - spiega testalmente Mollicone - Fratelli d'Italia realizzerà uno dei punti qualificanti del proprio programma culturale che prevede uno spoil system automatico al cambio del ministro della Cultura per tutti i ruoli di nomina, in modo da garantire la trasparenza e il merito, non l'appartenenza ideologica".

Lo stesso Mollicone ha poi chiarito "le cariche apicali ministeriali, come prevede la legge 145 del 15 luglio 2002 e successive, decadono 90 giorni dopo l'insediamento del nuovo esecutivo" rimarcando "la critica alle iniziative del direttore Greco e agli estensori dell'appello politico intervenuti in difesa della gestione del Museo".

Se parlare di liste di proscrizione è eccessivo, la politica si è appropriata dell'ennesima polemica (oggi alle 18 Liberi e Uguali sarà in sit-in davanti al Museo Egizio) mentre lo stesso leader leghista Matteo Salvini non ha mancato di ironizzare sul razzismo al contrario: "E' razzismo fare sconti etnici. Detto questo, andremo al governo non per rimuovere ma per promuovere, per valorizzare e defiscalizzare chi investe in cultura. Valuteremo i manager in base ai risultati".

Mancano tre settimane al voto e mentre la campagna elettorale è infarcita di dietrologie si cerca ancora disperatamente una visione di futuro per costruire un Paese moderno, colto, preparato e capace nelle sue élite economiche, culturali, manageriali e politiche.

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