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Sabato, 20 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

A votare vacci tu: perché il partito dell'astensionismo vincerà le elezioni

Paolo Rumiz, scrittore, viaggiatore, fine osservatore della realtà, di recente ha detto che la politica una cosa più di ogni altra dovrebbe fare, al giorno d'oggi: "Scaldare. Contrapporre le ragioni del cuore a quelle della pancia. E lo dico soprattutto a una sinistra sempre più saccente, che invece si illude che bastino le ragioni del cervello. Guardi le foto dei nostri politici davanti a un qualsiasi uditorio: sono sfiniti ancora prima di cominciare a parlare. Come credono di attrarre i ragazzi che hanno un forte desiderio di realtà, incastrati come sono nel virtuale?". Dargli torto è difficile.

Che questa campagna elettorale sia caratterizzata da un livello di entusiasmo prossimo allo zero è abbastanza percepibile. Sarà per i tempi inediti, agostani, pigri di queste prime settimane di contesa, ma sparute e disordinate uscite a parte, non sembra essere la priorità di alcun partito quella di andare a pescare voti tra quella fascia di popolazione che non vota da tempo e probabilmente non andrà a votare nemmeno questa volta.

Il vero bacino elettorale di qualsiasi partito, destra centro o sinistra che sia, razionalmente dovrebbe essere quello in un quadro come quello attuale. Portare ai seggi chi di solito non ci va. Invece assistiamo perlopiù a tentativi di delegittimare l'avversario, pulci fatte ai programmi degli altri partiti per andare a "rubare" lo zero virgola, o ancora peggio, le solite derive allarmistiche su emergenze più presunte che reali (immigrazione, sicurezza) che servono a cementare le certezze del proprio elettorato e nulla più. La crisi energetica e le bollette alle stelle sono invece un dato di fatto drammatico, su questo tema le ricette dei partiti sono poco definite al momento e, va detto, a questo punto soluzioni facili non ce ne sono, a stretto giro di posta. Se anche però ce ne fossero, la sensazione di chi scrive è che non basterebbero proposte concrete contro il caro energia per convincere il vastissimo popolo dell'astensione ad andare alle urne. Serve una scintilla, che non c'è.

Esiste un'enorme fascia di elettorato da convincere, milioni di persone tra indecisi e chi invece promette di astenersi. 35 per cento di astenuti/indecisi secondo l'ultimo sondaggio Euromedia, addirittura 44 per cento secondo Tecné, percentuali entro quella forbice per altri istituti. Servono però temi convincenti, prospettive, servono politici di razza che abbiano quella che Concita De Gregorio ha definito la capacità di immergersi "nel grande lago opaco dell’incertezza" per "dare una stilla di fiducia a chi da molto tempo, e per ottime ragioni, l’ha persa". Si intravede invece una campagna elettorale affannata, a testa bassa, col paraocchi, legatissima alla polemica del giorno.

L'astensione record alle elezioni comunali di ottobre 2021 è stato argomento di dibattito per un paio di giorni, poi non se ne è più parlato. A Torino e Milano andò a votare un elettore su due, minimo storico. Il dato del 21 per cento di votanti ai referendum di giugno scorso li ha spediti negli annali come i meno partecipati di sempre. Certo, alle elezioni parlamentari l'affluenza è più alta, sempre. Ma è facile profetizzare un'astensione pesantissima tra tre settimane. Il 73 per cento di affluenza delle politiche 2018 non sarà raggiunto stavolta, poco ma sicuro. L'84 per cento delle elezioni del 2006, quelle dell'ultima sfida Prodi-Berlusconi, sembra roba di un altro mondo, un'altra Italia, non per forza di cose migliore ma senz'altro più interessata alla politica. Alle prime elezioni della camera dei deputati (1948) partecipò il 92,23% del corpo elettorale.

L'astensionismo dilagante è un fatto non solo italiano, sia chiaro. Oggi le persone più deboli, non solo dal punto di vista economico, sono diventate anche le più scoraggiate: vedono la politica come una cosa che non le riguarda. Occorre recuperare la fiducia ma anche, forse soprattutto, la passione. L'attuale legge elettorale non aiuta, perché non spinge i candidati a cercare voti sul territorio "porta a porta": gran parte del lavoro per decidere chi entrerà o meno in parlamento è stato fatto dai segretari di partito nella compilazione delle liste. Ora, alcuni candidati agli uninominali a parte (in realtà quelli contendibili sono poche decine), la campagna elettorale è in mano ai leader di partito ed è incentrata solo su di essi. 

E' dal 2011 che con brevi pause si alternano governi poco riconoscibili, con quasi tutti dentro, in nome dell'emergenza del momento. Se si solidifica la percezione, sempre e comunque sbagliata, che andare a votare "non serve a niente", siamo nei guai.  L'astensione è il primo partito d'Italia: sarebbe importante analizzare il fenomeno in profondità, già prima del 25 settembre, dedicandoci tutte le energie per approfondire quella che è un'emergenza democratica, e non solo dopo.

Qualche stilla di ottimismo sul fronte della partecipazione arriva da nuovi fronti. Dalla sinistra di Unione Popolare, che nel cuore dell'estate ha raccolto (a sorpresa) 60mila firme per potersi presentare alle urne. Carlo Calenda, per fare un esempio, ha scelto di "apparentarsi" con Matteo Renzi in extremis anche per evitare di dover fare una campagna di raccolta firme ferragostana dagli esiti incerti. Non a caso, Unione Popolare è la formazione politica che più di tutte propone un programma di cambiamento sociale (quanto realizzabile poi è tutto da vedere). Anche ItalExit di Gianluigi Paragone, realtà populista barricadera che punta su una campagna tutta antisistema, ha raccolto le firme necessarie, e non era scontato vi riuscisse. 

Merita più di un cenno poi la meritoria battaglia (persa) portata avanti dalla lista Referendum e Democrazia di Marco Cappato, unica ad avere posizioni chiare e definite su temi di libertà di scelta poco trattati dal resto del mondo politico, che ha raccolto invano firme digitali per potersi presentare al voto. Lampi di democrazia. A proposito di Cappato: se parliamo di partecipazione popolare, la bocciatura dei referendum su cannabis ed eutanasia (con argomentazioni giuridiche definite "deboli" da vari esperti), per la cui campagna si erano attivati, per mesi, in maniera organizzata, tanti comitati e associazioni con migliaia di giovani, grida vendetta. E' stata una doccia fredda che ha spento molti entusiasmi.

I vari leader politici che cercano di attirare il voto giovanile semplicemente sbarcando su TikTok, con discorsi di sconcertante banalità, sembrano marziani disorientati e poco lucidi. Non si rendono forse conto che il rischio è perderne così, di voti. A fronte della sensazione che poco o nulla "possa mai cambiare in questo paese", è evidente che non basteranno vaghe promesse o programmi che assicurano di sistemare i conti pubblici o mettere qualche soldo in più nelle tasche degli italiani per risvegliare la passione per la politica. Sulla scarsa partecipazione pesa la crisi dei partiti, i quali ormai non riescono più a mobilitare gli elettori e portarli alle urne. La generale sfiducia nei confronti dei partiti e delle istituzioni è palpabile.

Prepariamoci a un record negativo di partecipazione popolare alle elezioni del 25 settembre, e parliamone di più. Tutti. Da subito. "Nella società di massa il voto di opinione sta diventando sempre piú raro: oserei dire che l'unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito o credono di aver capito che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza grave danno, e come tutti i riti, ad esempio la messa alla domenica, sono in fin dei conti una seccatura". Lo scriveva Norberto Bobbio. Trentotto anni fa: era il 1984.

Per concludere, "nel rischio astieniti", recita una celebre, sarcastica citazione del grande sceneggiatore Marcello Marchesi. In molti correranno quel rischio il prossimo 25 settembre.

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