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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

"Noi non votiamo", ritratto del primo partito italiano

Ci sono gli indecisi ma anche quegli irriducibili che della politica non vogliono sapere niente. Lorenzo Pregliasco, docente e direttore di YouTrend, a Today delinea i tratti di un popolo tanto numeroso quanto silente. L'intervista

Nelle ultime due elezioni amministrative, si è assistito a livelli di astensionismo record. Tenendo conto che le elezioni locali sono sempre le più partecipate, è lecito aspettarsi uno tsunami di astenuti il 25 settembre 2022. Alle elezioni politiche, indecisi e disillusi potrebbero rappresentare il primo partito d'Italia, un fatto che si è sfiorato alle scorse elezioni, quando il popolo dei disillusi era al 27,06%, sorpassato di poco dal Movimento 5 Stelle (32,68%). Ma chi sono quelli che non voteranno? Di sicuro ci saranno gli elettori fuorisede, cioè coloro che vorrebbero esprimere la loro scelta ma non possono perché lontani dalla loro residenza. E gli altri? Chi si disinteresserà delle elezioni politiche del 25 settembre cosa pensa? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Pregliasco, professore al dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna e direttore del web magazine YouTrend.

Pregliasco le chiedo subito cosa dobbiamo aspettarci il prossimo 25 settembre 2022?
"L'aspettativa generale è quella di una partecipazione al voto più bassa rispetto al 2018. Le stime non sono semplici ma puntano a un livello di astensionismo più alto di qualunque altra elezione politica anche se, guardando allo scenario internazionale, l'affluenza in Italia rimane alta. Dei nostri dati suggeriscono che la fascia grigia, che contiene indecisi e astenuti, tende a essere più femminile che maschile; più concentrata nel Centro Sud; fra chi ha titoli di studio medi e medio-bassi; tra la popolazione non attiva. Questo è il tipo di mappatura che contraddistingue a livello sociale la zona grigia che, a sua volta, include persone che non voteranno ma anche chi deciderà di farlo e in questo momento non sanno chi votare".

Lorenzo Pregliasco - foto dal profilo Twitter-2

Perdoni la semplificazione, ma quando parla di astensionismo fra donne, al sud e fra chi ha titolo di studio più basso, questi sono elementi da cumulare o anche da prendere separati?
"Anche separati".

Chi sono? Appartengono a condizioni lavorative e sociali molto diverse o nel torrente dell'astensionismo ci sono cittadini in qualche modo riconoscibili?
"Non esiste un solo popolo operaio, non esiste comunque per una serie di motivazioni dalla fine degli anni '80. Sicuramente c’è stato un passaggio di una parte delle classi popolari dalla sinistra al centrodestra e al Movimento 5 Stelle in diverse città. Questo lo si è visto nelle mappe del voto, nella correlazione evidente tra comportamento di voto e reddito - valore immobiliare - titolo di studio. In altre parole, sostanzialmente con Renzi, il centrosinistra si è estremamente borghesizzato dal punto di vista dell'elettorato di riferimento. Vediamo come sarà in queste elezioni politiche dopo che alle amministrative, soprattutto nelle grandi città, quella fascia di elettorato popolare, che generalmente vive fuori dal centro, che aveva votato M5s nel 2016  e Lega nel 2019, non è andato di fatto a votare. Questo ha agevolato la vittoria del centrosinistra nelle grandi città. È da capire se, in queste elezioni si sarà un ritorno di fiamma sul m5s, soprattutto al Sud, o se sarà Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni a conquistare questa fascia che il centrosinistra sembra strutturalmente in difficoltà nell'intercettare ormai".

Trova il partito da votare alle elezioni del 25 settembre: il quiz

Perché queste persone non votano più? Cosa è che le porta lontano dalla politica e quindi anche che cosa la politica dovrebbe fare riavvicinare queste persone?
"Due cose. Da un lato non c'è più un voto di appartenenza, non c’è più un radicamento dei partiti nella società, paragonabile a quello della Prima Repubblica e questo spiega in gran parte la riduzione della partecipazione al voto. In aggiunta c’è un elemento più congiunturale, cioè che l’ultima legislatura ha mostrato l’estrema volatilità delle alleanze, delle intese, degli scenari, dei governi. Quindi chi ha votato un certo partito nel 2018, ha visto questo partito in gran parte dei casi fare giravolte di ogni tipo: allearsi con uno, poi con un altro, poi con tutti e due, poi con nessuno dei due, dividersi, poi cambiare leader, nome, poi riunirsi. Questa estrema fragilità dei sistemi dei partiti non facilita la partecipazione perché rende le persone convinte del fatto che il loro voto non influisca sul futuro del Paese. Cioè che, a prescindere da come voti, si creano, si fanno e si disfanno governi a piacimento. Anche se, per carirtà, fa parte di come funziona una repubblica parlamentare".

Si può quindi dire che, nella storia, il grosso degli astenuti viene dalle periferie e dalle zone popolari, anche più dure, dove aveva fatto breccia M5s alle scorse elezioni?
"Il M5s ha rappresentato un elettorato di frontiera, rispetto all'astensione. Ha costituito un tappo per l’astensione nel 2018. È da capire quanto questo tappo salterà nel voto del 25 settembre".

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