rotate-mobile
Giovedì, 18 Aprile 2024
Verso il voto

Elezioni: perché oggi tutto gira intorno al "diritto di tribuna" e chi rischia la beffa

Letta salva gli alleati minori col "paracadute", ma non mancano le contraddizioni. Di Maio nicchia ma non potrà che accettare. Bonelli e Fratoianni hanno le mani più libere. Renzi con un piede e mezzo fuori dal parlamento. Diverso il caso di Speranza. Social per Cappato. Lo scenario è confuso ma una certezza c'è: il Pd dovrà ottenere una percentuale molto alta per avere un numero di seggi consistente

Se ne parla tanto in queste ore, ma che cos'è il diritto di tribuna? In parole povere, viene proposto agli esponenti di liste minori (che non supererebbero con ogni probabilità lo sbarramento del 3 per cento previsto dal Rosatellum per entrare in parlamento) di essere candidati in uno dei partiti o liste che invece sicuramente supereranno tale soglia. Un paracadute. Dopo l'accordo dell'altroieri tra Enrico Letta e Carlo Calenda, è stato sancito che nessun leader di partito dell'alleanza di centrosinistra potrà presentarsi nei collegi uninominali. Calenda è stato irremovibile sul punto, per evitare che gli elettori di Azione si trovassero a votare nomi come quelli di Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni o Angelo Bonelli. I tre dovrebbero dunque sperare che la loro lista superi il 3 per cento.

Se per Bonelli e Fratoianni il problema sembra superabile (sempre che non decidano di rompere con Letta e andare alle elezioni da soli o con Giuseppe Conte), perché i sondaggi li danno ben oltre la soglia, per Di Maio le cose stanno diversamente. Il suo Impegno Civico non ragiungerà mai e poi mai il 3 per cento il 25 settembre a livello nazionale, dunque il Pd ha deciso di dare "diritto di tribuna" ai leader esclusi dai collegi uninominali in modo che anche i partiti più piccoli possano godere comunque di seggi. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Angelo Bonelli dei Verdi hanno in ogni caso rifiutato l’offerta del diritto di tribuna: "Non siamo assolutamente interessati a nessun diritto di tribuna: il diritto ce lo conquisteremo con il voto degli elettori e delle elettrici". E non è tutto: Verdi e Sinistra italiana sono davvero in difficoltà, parte della base è in rivolta dopo l'accordo con Calenda e chiede di rinegziare tutto. Secondo una simulazione Youtrend-Cattaneo Zanetto la rottura con Bonelli e Fratoianni sarebbe una mazzata per l'alleanza: potrebbe far perdere ben 14 collegi al centrosinistra, azzerando quasi il tesoretto di 16 collegi portati in dote dall'accordo con Calenda. 

Fratoianni e Bonelli non credevano ai loro occhi quando hanno letto che Letta ha promesso di concedere ad Azione il 30 per cento dei collegi. Certo, è il 30 per cento di ciò che resterebbe dopo le intese tra il Pd e gli altri alleati, ma stime credibili assegnano almeno quindici collegi sicuri e altri quindici probabili ai calendiani. Se si pensa che ai Verdi ne sono stati offerti otto, si può capire da dove arriva il risentimento di Bonelli, perché i calcoli sono stati fatti sulle medie dei sondaggi e l'exploit del leader di Azione è tutto da dimostrare nelle urne.

I dubbi di Di Maio 

Non mancano le palesi contraddizioni politiche: ad esempio Luigi Di Maio, che è costretto a candidarsi sotto le insegne del Pd, partito del quale diceva peste e corna fino a qualche tempo fa. E inoltre il diritto di tribuna sarebbe un'esclusiva dei leader di partito, quindi non ci sarebbe che spazio che per Di Maio stesso e Tabacci. Si tratterà. Perché la sessantina di ex M5s che hanno seguito Di Maio di fatto hanno ben poche possibilità di essere eletti, se le cose stanno così. Tra i suoi i malumori sono inevitabili: per tutti i dimaiani che non si chiamano Di Maio Luigi l'elezione è un miraggio, perché a livello nazionale Impegno Civico non vale il 3 per cento nemmeno nei sondaggi più ottimisti. Per assurdo, la beffa per Di Maio è doppia. Infatti lui nel collegio di Acerra se la sarebbe probabilmente giocata all'uninominale contro il centrodestra, con buone probabilità di vittoria se fosse stato il candidato del centrosinistra. Invece con l'aut aut di Calenda la sua creatura politica è azzoppata sul nascere: ma non ha scelta il ministro degli Esteri, se vuole essere eletto dovrà accettare per forza. Tirerà la corda senza farla spezzare, chiederà a Letta il diritto di tribuna per 5-6 dei suoi, ma secondo indiscrezioni si può ragionare al massimo su 3 posti: Di Maio, Castelli e Spadafora. A quel punto però anche a Verdi e Sinistra Italiana andrà riconosciuto qualcosa: era prevedibile, ora Si e Verdi, se questa è la logica, hanno diritto a più posti; e alla fine per il Pd stesso in questa strana alleanza elettorale ne resteranno sempre meno.

Al momento Luigi Di Maio nicchia: "Impegno Civico vuole costruire, è una comunità fatta di persone determinate, pazienti, pronte a dare il massimo, ma la nostra comunità pretende rispetto e parità di trattamento. Altrimenti viene meno il principio fondante di una coalizione", ha scritto in una nota Di Maio. "Sin dall’inizio, abbiamo avuto l’obiettivo di costruire una coalizione compatta e omogenea per fermare la deriva estremista rappresentata dai partiti che, per interessi personali, hanno fatto cadere il governo. Lo hanno fatto - aggiunge il capo politico della neonata formazione - infischiandosene dell’emergenza economica nazionale, dell’inflazione record e dei costi del carrello della spesa che continuano ad aumentare, colpendo così le tasche delle famiglie italiane. “È opportuno, dunque, non perdere di vista l’obiettivo, anche per evitare di mandare al governo partiti che rischiano di portare l’Italia fuori dalla sua collocazione Euro-Atlantica", scrive Di Maio.

Come stanno le cose con Speranza e Renzi

Non c'è invece alcun diritto di tribuna per Articolo Uno. Articolo Uno è cofondatore (come partito, con la sua autonomia) di una lista che si chiamerà Democratici e progressisti insieme al Pd, ai socialisti e a Demos di Andrea Riccardi (Sant'Egidio). È una lista del Pse in italia in pratica e nasce da un vero accordo politico. L'attuale ministro della Salute Roberto Speranza e altri di Articolo Uno non saranno "ospiti garantiti" nella lista ma saranno candidati nei collegi e nelle liste, in posti sicuri e meno sicuri, come gli esponenti dem.

Si vociferava che il Pd avrebbe offerto il salvagente anche a Matteo Renzi. Che rifiuta sdegnato: "Cosa è il diritto di tribuna? Un posto garantito come capolista del Pd a tutti i leader dei partiti in coalizione. Così sono sicuri di entrare in Parlamento. Lo hanno proposto anche a noi - ha detto Renzi -  Pare che al momento abbia accettato di prendere questo posto e correre con il simbolo del Pd, Luigi Di Maio. Amici miei, ma la dignità dov'è? Ho lasciato il Pd perché non condividevo le idee di quel gruppo dirigente. Io non mi faccio adesso candidare da quel partito per salvare una poltrona. Le idee valgono più dei posti. Per me - aggiunge l'ex sindaco di Firenze - la politica è un ideale, non un centro per l'impiego. E a chi mi chiede se useremo il diritto di tribuna rispondo: mi chiamo Matteo Renzi, io, non Luigi Di Maio. Meglio rischiare di perdere il seggio che avere la certezza di perdere la faccia". Italia Viva è lontana dal 3 per cento nei sondaggi. "Sono pronto a incontrarlo, c'è assolutamente ancora tempo", ha detto il segretario del Pd Enrico Letta, a La corsa al voto su La7, riferendosi al leader di Italia Viva, Matteo Renzi. La porta del Pd è aperta a tutti, M5s escluso.

Il piano di Matteo Renzi per entrare in parlamento e salvare Italia Viva

I precedenti

Sull'altare dell'alleanza il Pd generosamente (ingenuamente, secondo le voci critiche) sacrifica però, numeri alla mano, una percentuale importante dei suoi seggi potenziali: oltre a quelli per il diritto di tribuna nel proporzionale, i Dem lasciano sul tavolo dell'accordo il 30% degli uninominali a favore di Azione e +Europa (e ogni altro collegio dato alle altre forze della coalizione lo "pagherà" al 70% il Pd). Letta punta a un risultato importante il 25 settembre, ma resta da capire se e come l'elettorato di centrosinistra recepirà la decisione del Pd di "regalare" il 30 per cento delle candidature del maggioritario a un partito (Azione) che si attesta intorno al 4 per cento e che a livello territoriale è quasi inesistente, e inoltre i dem caricano nella propria lista proporzionale anche gli altri "leader", in primis Di Maio, togliendo spazio ai propri candidati, molti dei quali mugugnano più o meno apertamente. Tutto ciò si somma al taglio dei parlamentari che ha già ridotto i posti da deputato e senatore a disposizione. Spaventa alcuni esponenti Pd il conto dei posti in Parlamento, che potrebbero diventare troppo pochi per i candidati Pd se si dovranno accontentare tutti.

Non siamo di fronte a una novità, va specificato. Il diritto di tribuna esiste da tempo anche se non veniva chiamato espressamente così dai diretti interessati. Era semplicemente la diffusa pratica di candidare elementi di spicco di liste minori da "indipendenti" nella lista principale della coalizione. Alle elezioni politiche del 2018, per esempio, i dem "salvarono" +Europa così:  candidarono Emma Bonino e Riccardo Magi in due collegi uninominali "blindati", dove la vittoria del centrosinistra era certa. La decisione venne presa perché +Europa nei sondaggi pre-elettorali era a cavallo della soglia di sbarramento del 3 per cento. In effetti non la raggiunse, attestandosi al 2,5 per cento. Ma stavolta l'intesa Pd-Azione si basa, tra le altre cose, sul fatto che nei collegi uninominali non vengano candidate personalità ritenute "divisive". In tal modo il diritto di tribuna il 25 settembre prossimo esisterà soltanto nei collegi plurinominali, dove il sistema è proporzionale e i seggi vengono assegnati ai candidati delle varie liste sulla base dei voti totali presi a livello nazionale e regionale.

Il fact-check al programma elettorale di Calenda, punto per punto

L'ipotesi Cappato

In tanti sui social - tra cui commentatori autorevoli - chiedono, tra l'elettorato Pd, di osare. Se diritto di tribuna deve essere, che sia soprattutto per ospitare personalità meritevoli e coraggiose che rischierebbero di restare fuori dal parlamento, come Marco Cappato. Una volta il "diritto di tribuna" nasceva da un'esigenza politica reale sentita nel Paese. Cappato è l'esempio perfetto. Il diritto di tribuna serve a tutelare pluralismo e posizioni minoritarie, compito che i grandi partiti sentono di doversi accollare. Ma usarlo per dare seggi a Tabacci e Di Maio non ha l'obiettivo di salvaguardare istanze sottorappresentate, bensì a risolvere la grana del voto di Calenda. Lo scenario è confuso ed è presto per fare calcoli, ma Letta dovrà ottenere un risultato molto importante, secondo alcuni superiore al 25 per cento nel proporzionale, per non rischiare di portare in parlamento una pattuglia di deputati e senatori striminzita: lascia il 30% dei seggi a Calenda e regala il "diritto di tribuna" a leader di altri partiti come Di Maio, Tabacci e forse anche altri ex 5 Stelle.

Letta rischia di concedere troppo

Con le elezioni politiche a questa tornata cambierà profondamente il significato del "diritto di tribuna". Letta parla con tutti, ma accontentare tutti è impossibile e rischia di indebolire più del previsto il suo stesso partito. Oggi ha un'unica strada per recuperare gli alleati alla sua sinistra: tagliare ancora  la quota riservata al Pd. Non essendo possibile rimettere in discussione l'accordo appena firmato con Calenda, Letta per rendere più saldo il patto con gli alleati alla sua sinistra dovrà concedere qualcosa in più: tra diritto di tribuna e percentuali di collegi agli alleati, rischia di concedere troppo. Senz'altro non si aspettava che Sinistra Italiana e Verdi contestassero, di nuovo e apertamente, la mancanza di discontinuità programmatica rispetto all’agenda Draghi, al punto di progettare seriamente di rompere l'accordo. Portando a bordo Calenda e i Radicali il Pd non può comunque permettersi di viaggiare senza Fratoianni e Bonelli. Sono al lavoro i pontieri per ricomporre la frattura, ma per la formazione "di sinistra" sono anche vive le sirene del M5s di Giuseppe Conte, approdo alternativo tutt’altro che remoto. Le liste dovranno essere presentate entro il 22 agosto. 18 giorni che si preannunciano lunghissimi, perché quando la rosa dei nomi andrà ristretta e definita, i delusi che non entreranno in parlamento saranno tanti.

I Verdi tentati dal M5s voltano le spalle a Letta: "Pd senza di noi perde 20 seggi"

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Elezioni: perché oggi tutto gira intorno al "diritto di tribuna" e chi rischia la beffa

Today è in caricamento