rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Verso il voto

Elezioni: cosa succede se Meloni prende il doppio dei voti di Salvini

Il leader della Lega vorrebbe Zaia, Fedriga e Fontana capilista nel listino proporzionale per non perdere terreno nelle Regioni del nord del "buongoverno". Il rischio di ritrovarsi con poco più del 10 per cento non solo sbarrerebbe le porte di Palazzo Chigi al Carroccio, ma forse pure quelle del Viminale. Tensioni nella coalizione, rebus Sicilia

Quell'elettorato del Nord che una volta, nemmeno fino a troppo tempo fa, era terra di conquista per il Carroccio è progressivamente scivolato verso la Meloni. Lo smottamento è stato lento ma continuo, basti pensare che da due anni nel simbolo della Lega è anche scomparsa la parola "nord". Nel 2019 la Lega era al 34 per cento. Altri tempi. Matteo Salvini non può permettersi il 25 settembre un risultato negativo, ancor più a fronte del boom di Fratelli d'Italia, indicato da tutti i sondaggi come il partito ormai leader del centrodestra. Alla Lega i sondaggi attribuiscono un 12-13 per cento circa di consensi. A Fratelli d'Italia poco meno del doppio. In 40 giorni la sensazione è che la forbice sia tutt'altro che salda, le percentuali di distacco tra i due partiti leader del centrodestra potrebbero variare e non di poco a secondo di come "girerà" la campagna elettorale. A indicare premier e rotta programmatica sarà "chi prenderà più voti": Meloni molto probabilmente, ma la sua libertà di azione dipenderà da quanti voti di differenza ci saranno tra Lega e Fdi. Una cosa è Fdi al 25 e Lega al 10, ben altra è Fdi al 20 e Lega al 15-16 per cento.

Il programma elettorale del centrodestra: tutti i punti

Il rischio di una Lega poco sopra il 10 per cento

Il grande rischio per Salvini è ritrovarsi tra le mani "solo" un 10 per cento di consensi o poco più. E' lo scenario peggiore. Pochi consensi non solo per sognare di entrare a Palazzo Chigi, ma pure per poter scegliere il nuovo ministro dell'Interno nell'alveo del nuovo governo "conservatore" che si profila all'orizzonte. Il segretario della Lega ha un piano: vorrebbe che scendessero in campo in prima persona i governatori di Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia. Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana (i primi due stimatissimi da vaste fasce di elettorato trasversale). Candidandoli tutti e tre.

Tutte le notizie di oggi

In che modo? Secondo alcune indiscrezioni potrebbero essere inseriti nel listino proporzionale, come capilista. Una strategia basilare e semplice per non perdere un elettorato fedele e soddisfatto del governo regionale in Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Sarebbe soltanto una candidatura di scopo, da "garanti" del partito, ovvero anche se eletti non andrebbero in parlamento lasciando il posto a un altro candidato in lista. Zaia e Fedriga sicuramente, Fontana forse. La sua candidatura bis in Lombardia è infatti in forse, perché è quello di Letizia Moratti il nome che potrebbe unire tutto il centrodestra. Dunque il presidente della Regione Lombardia potrebbe decidere di trasferirsi a Roma. Un impegno in prima persona di Zaia e Fedriga al nord in campagna elettorale potrebbe portare molti voti alla Lega, spingendola più vicina a Fdi.

La trattativa sulle liste per le elezioni del 25 settembre riguarda direttamente o indirettamente anche altre Regioni, in ballo ci sono territori importanti: la Sicilia, e il Lazio, visto che è probabile che il governatore Pd Nicola Zingaretti venga eletto in Parlamento. E poi c'è la casella (importantissima) del ministero degli Affari regionali, fondamentale per realizzare la tanto agognata autonomia, su cui sia Lega sia Fdi hanno messo gli occhi. Sull’autonomia e sul federalismo fiscale c’è un passaggio chiaro nel programma comune di centrodestra, accoppiato alla piena attuazione di Roma capitale chiesta dai sovranisti. Il problema è che se Meloni dovesse prendere il doppio dei voti della Lega, non è escluso che alla fine alcuni obiettivi cari alla Lega possano finire in qualche dimenticato cassetto ministeriale. Candidando Zaia, Fedriga e Fontana Salvini vuole legarli a filo doppio alla sua campagna elettorale, per condividere tanto un'eventuale vittoria quanto un'eventuale "sconfitta" interna alla coalizione. E all'orizzonte si profila già la sfida per la guida della Lega: non è un segreto che Zaia ma soprattutto Fedriga siano papabili successori di Salvini alla guida del partito in futuro.

Il caso Sicilia

Che non tutto fili liscio nel centrodestra lo dimostra quanto sta avvenendo in Sicilia, dove è in alto mare la ricerca di un accordo sul candidato governatore del centrodestra. Ieri Lega e Forza Italia avevano trovato l’accordo sul nome della forzista Stefania Prestigiacomo. Su di lei c'è un secco no della leader di FdI: "Una cosa non ci si può chiedere - ha twittato Giorgia Meloni: sostenere un candidato che saliva sulla Sea Watch con il Pd". Il riferimento è appunto alla Prestigiacomo e alla sua posizione tutt'altro che "salviniana" verso i migranti ai tempi di Salvini al Viminale. Lega e Forza Italia avevano trovato l’intesa sull’ex ministra grazie all’accelerazione di Silvio Berlusconi che dopo un colloquio col suo plenipotenziario Gianfranco Miccichè aveva chiamato Matteo Salvini per chiedergli l’appoggio. Salvini aveva dato l'ok, Meloni non ci pensa nemmeno e preferirebbe puntare sulla riconferma di Musumeci. Con Prestigiacomo in pista la spartizione fra i tre partiti sembrava cosa fatta: a Forza Italia la Sicilia, alla Lega la Lombardia, a Fratelli d'Italia il Lazio. Tutto da rifare, invece.

Meloni, mosse per la credibilità: abiura il fascismo 

"Ho letto che la vittoria dei Fratelli d’Italia nelle elezioni di settembre sarebbe un disastro verso una svolta autoritaria, l’uscita dell’Italia dall’euro e altre sciocchezze di questo genere. Nulla di tutto ciò è vero. La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia da decenni ormai, condannando senza ambiguità la soppressione della democrazia e le vergognose leggi contro gli ebrei". È un passaggio del videomessaggio che la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni ha girato in inglese per la stampa estera. "E senza ambiguità è ovviamente anche la nostra condanna del nazismo e del comunismo, l'unica delle ideologie totalitarie del XX secolo che è ancora al potere in alcune nazioni, sopravvivendo ai suoi tragici fallimenti, che la sinistra fatica a condannare, forse anche perché dall'Unione Sovietica ha ricevuto per decenni generosi finanziamenti" ha detto Meloni.

Senza un’abiura chiara del fascismo, la metteva in guardia ad esempio Carlo Calenda, certi leader stranieri potrebbero rifiutarsi persino di stringerle la mano. Meloni non dice che il fascismo è stato il "male assoluto", come fece Gianfranco Fini, ma le parole di ieri si spiegano in un modo preciso: la leader di Fdi non vuole ritrovarsi a dover cedere la poltrona di premier, se i voti reali confermeranno le aspettative dei sondaggi. Se i numeri ci saranno, non vuole che siano altri elementi di disturbo a frenarla. In tal senso si è già detta pronta a proporre una lista con molti ministri tecnici accanto a quelli politici. Un tecnico al ministero dell’Economia (come Fabio Panetta), uno per la Giustizia (circola il nome di Carlo Nordio) e, secondo alcune voci, anche al Viminale bramato da Salvini. Dipenderà tutto da quale sarà il distacco alle urne tra Fratelli d'Italia e Lega.

Gli ultimi sondaggi

Secondo un sondaggio Swg realizzato due giorni fa il 23,8 dei partecipanti al voto si dice pronto a scegliere Fratelli d'Italia seguito dal 23,3 di votanti per il Partito democratico. Per entrambi si registra una flessione dello 0,4 per cento rispetto ad un sondaggio del 1 agosto. La Lega invece al 12,5% con un incremento dello 0,5. Seguono M5s al 10,4 (+0,4); Forza Italia 8% (+0,5). 

Se abbiamo nostalgia persino dei manifesti elettorali siamo messi male

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Elezioni: cosa succede se Meloni prende il doppio dei voti di Salvini

Today è in caricamento