Elly Schlein è la "Donald Trump" della sinistra italiana
Se la nuova Segretaria del Pd è più Donald Trump di sinistra che non Jean-Luc Mélenchon
Elly Schlein è un po’ la Donald Trump della sinistra italiana. No, non le hanno chiuso l’account Twitter e non è stata accusata di aver fomentato una rivolta alla Casa Bianca. Però, anche un po’ per il gusto della provocazione, bisogna ammettere che ci sono dei parallelismi fra lei e il tycoon statunitense.
Quali? Intanto sono entrambi statunitensi. Sì, perché le neo segretaria del Pd possiede anche la cittadinanza statunitense. Forse perché il nonno paterno, seppur di origini ucraine, era immigrato negli Stati Uniti.
Non solo, come Trump, Schlein non viene certo dalle case popolari, anzi la sua famiglia è benestante: padre professore universitario in Svizzera, madre altra insegnante di diritto all’Università, fratelli matematico e professore all’Università di Zurigo e sorella primo consigliere dell’ambasciata italiana ad Atene, dove è scampata a un attentato di matrice anarchica nel dicembre scorso.
Poi c’è il modo in cui i due hanno scalato la politica. Trump è un magnate dell’industria che si è affiliato al Partito Repubblicano, per il quale ha corso come candidato alle elezioni presidenziali del 2016. Trump è il primo presidente statunitense a non aver ricoperto alcuna carica pubblica o militare prima della sua elezione. Insomma un “signor nessuno”, politicamente parlando, che arriva e diventa l’uomo della provvidenza per i repubblicani. Vi ricorda qualcuno? Elly Schlein non ha mai avuto la tessera del Partito democratico prima di qualche mese fa, quando ormai era chiaro che intendesse contendersi la carica di segretaria con Stefano Bonaccini. È arrivata e ha ribaltato il volere degli iscritti del Partito democratico che, nella prima tornata dentro i circoli, avevano largamente preferito il presidente dell’Emilia Romagna. Schlein non solo è outsider ma ha anche ribaltato un risultato già scritto, portando ai banchetti democratici di tutta Italia, un mare di delusi e, perché no, anche oppositori del Pd, che volevano una netta virata a sinistra.
Poi Trump ha battuto a sorpresa la candidata democratica Hillary Clinton e Schlein ha lasciato a bocca aperta tutti, sconfiggendo Bonaccini. Infine, se Trump era populista, Schlein rischia di diventarlo, del resto ha vinto battendo forte su temi fortemente identitari: abolizione del job act, “stop agli stage gratuiti”, dalla “parte dei più fragili”, per una “sanità pubblica”, a favore del matrimonio egualitario e dell’utero in affitto.
Insomma Elly Schlein è più Donald Trump di sinistra che non Jean-Luc Mélenchon. Tanto è che la vera sfida di Elly Schlein arriva adesso. Da una parte andare avanti puntando tutto su se stessa, driblando i soliti “vecchi” della politica che non vedono l’ora di cooptarla, come hanno già fatto in passato con chi l’ha preceduta. Inoltre dovrà evitare di perdere l’area riformista e cattolica.
Altrimenti avrà avuto ragione Renzi, che ha sancito la fine del Pd: "Il Pd diventa un partito di sinistra-sinistra che compete direttamente con il Movimento Cinque Stelle e assorbe i partitini di sinistra radicale". Il 26 febbraio 2023 non solo è nato un nuovo Partito Democratico ma “si è concluso il percorso iniziato nel settembre 2019 con la nascita di Italia Viva”. Insomma Schlein dovrà passare dalle parole alle politiche e trasformare le politiche in fatti, stando attenda a non far naufragare il progetto Pd in un partito radicale e massimalista, che riceverebbe il sostegno di Ferragni e Fedez ma non di quel popolo in difficoltà, a cui si è proposta di migliorare le condizioni di vita.
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