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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il punto sulla legalizzazione

A che punto siamo con l'eutanasia, si va verso il referendum: "Ma serve una legge"

C'è la legge sul fine vita e la sentenza della Corte Costituzionale. Manca l'iniziativa politica. Si va verso il referendum, ma non basta per Marco Cappato, esponente dell'associazione Luca Coscioni. "Serve una legge ora" dice a Today.it. L'intervista

In Italia c’è la legge 219 del 2017, la così detta legge sul fine vita, che riconosce al malato il diritto ad essere informato sulle proprie condizioni di salute, ad essere aggiornato sulle diagnosi, sulla prognosi, sui benefìci e i rischi degli accertamenti e dei trattamenti sanitari. Stabilisce che un paziente "può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni" come può anche rifiutare parte o tutti i trattamenti. Può interrompere le cure in qualsiasi momento, può anche chiedere le cure palliative accedendo alla sedazione profonda dopo essersi staccato dai macchinari che lo tengono in vita. Inoltre c’è tutta la parte del testamento biologico, in cui una persona (purché maggiorenne e capace di intendere), “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può […] esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”.

Che differenza c'è fra eutanasia e aiuto al suicidio 

C'è quindi una norma per chi volesse scegliere se fare o no certe cure. E se una persona, ad un certo punto, volesse essere aiutata a morire e basta? La prima cosa da capire è che si deve fare una distinzione sostanziale tra due casi: l’eutanasia e il suicidio assistito. Anche perché, di recente, in Italia c’è stata un’apertura sulla seconda, mentre la prima resta illegale.

Con il termine eutanasia ci si riferisce a tutti quegli interventi medici che prevedono la somministrazione diretta di un farmaco letale al paziente che ne fa richiesta e soddisfa determinati requisiti. In Italia questo non si può fare.

Si è invece aperto uno spiraglio per il suicidio assistito con la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale (sentenza Cappato), per cui è possibile chiedere l’aiuto indiretto a morire da parte di un paziente nei confronti di un medico. Ma ci sono delle condizioni e sono quattro:

  • la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere,
  • deve avere una patologia irreversibile,
  • deve patire gravi sofferenze fisiche o psichiche,
  • deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale.

Sentenza Corte Costituzionale caso Fabo e Cappato PDF

Caso Davide Trentini, Cappato e Welby a processo

Proprio di trattamenti di sostegno vitale si è parlato all’udienza che che visto Marco Cappato e Mina Welby, esponenti dell’Associazione Luca Coscioni, imputati per aver aiutato Davide Trentini a suicidarsi in Svizzera. Al processo di secondo grado i due attivisti erano accusati di istigazione e aiuto al suicidio, dopo il ricorso della Procura di Massa alla sentenza del luglio 2020, con cui la corte d’Assise li aveva assolti. L'Apello ha confermato l'assoluzione. Esito non scontato perché, nel caso di dj Fabo, la Corte Costituzionale ha stabilito che fu giusto aiutarlo in quanto c’erano tutti i 4 requisiti. Trentini non era attaccato ad una macchina e, secondo l’accusa, i farmaci che prendeva non si potevano considerare trattamenti di sostegno vitale. 

Potevano aiutare Davide a morire, Cappato e Welby assolti anche in Appello 

Davide era malato di sclerosi multipla dal 1993. Aveva 53 anni e la sua vita era diventata sempre più un calvario. Dopo vari incontri e dopo l’aiuto di Mina nello sbloccare alcune procedure burocratiche, Davide ha ricevuto il cosiddetto semaforo verde. È partito per la Svizzera con Mina, dove ha avuto accesso alla cosiddetta morte volontaria il 13 aprile 2017. Mina Welby ha accompagnato Davide Trentini in Svizzera, aiutandolo in tutte le procedure burocratiche. Marco Cappato invece aveva raccolto i fondi per pagare la clinica Svizzera. Di fatto i due avrebbero violato l’articolo 580 del codice penale, che punisce appunto chi aiuta le persone a mettere fine alla propria vita. Come del resto è stato con dj Fabo.

“E’ per questo che serve una legge per legalizzare l’eutanasia – ha spiegato proprio Marco Cappato a Today.it – Deve essere possibile aiutare a morire chi subisce e prova sofferenze insopportabili per colpa di una malattia irreversibile. Dovrebbe essere garantito in ogni caso, anche se una persona non dovesse avere un sostegno vitale. Con una legge si otterrebbero 2 effetti. Il primo si vedrebbe la piena applicazione di ciò che ha stabilito la Corte Costituzionale sull’aiuto al suicidio, che non si applica perché manca una norma di riferimento. Ad Ancona è successo questo. Inoltre, ma questa è una valutazione politica, si renderebbe legale l’eutanasia attiva”.

Marco Cappato - foto Ansa-2

Varie proposte di legge sull'eutanasia, ma tutte ferme in Parlamento

Negli ultimi decenni però il fine vita è sempre ciclicamente tornato di attualità ogni qual volta ci sono stati pazienti che, in nome della loro libertà di scelta, hanno fatto del loro personale volere una battaglia politica in nome di tutti gli altri malati. Da Luca Coscioni a Piergiorgio Welby, da Max Fanelli a dj Fabo. E in questi anni le associazioni e i partiti a favore della autodeterminazione hanno sempre cercato di spingere il Legislatore ad affrontare il tema, depositando diverse proposte di legge che però sono ancora lì ferme in Parlamento. Ce ne sono 5 attualmente depositate alla Camera, mentre manca ancora un testo base. Quali sono?

  • La proposta di legge di iniziativa popolare, depositata alla Camera il 13 settembre 2013 sopravviverà fino al 2023. E’ formata da 4 articoli ma di base è una legge apripista con pochi contenuti.
  • La proposta Cecconi (deputato del gruppo Misto aderente all’intergruppo per le scelte di fine vita), è stata presentata l’11 febbraio 2019. Va a modificare la legge 219/2017 sul cosiddetto testamento biologico e prevede 5 requisiti per l’eutanasia: patologia irreversibile, insopportabili sofferenze fisiche o psichiche, prognosi infausta inferiore ai 18 mesi e richiesta manifestata da, un soggetto maggiorenne,  adeguatamente informato sulle sue prospettive di vita, sulle possibilità terapeutiche, sui trattamenti palliativi e le loro conseguenze. La legge permette il ricorso all’eutanasia anche alla persona ormai incapace di intendere e volere, nei casi in cui abbiano preventivamente manifestato la volontà dell’eutanasia quando erano consapevoli. La legge propone che sia il Ministero della Salute a regolamentare tempi e modi del sostegno psicologico e sociale da prestare al paziente e ai familiari; le procedure di attuazione dell’eutanasia e farmaci; i requisiti strutturali minimi delle strutture sanitarie pubbliche idonee; le modalità di accertamento delle condizioni.
  • La proposta Rostan (deputata di Liberi e Uguali non aderente all’intergruppo per le scelte di fine vita), è stata presentata il 17 marzo 2019 e prevede 3 requisiti di accesso: soggetto maggiorenne, adeguatamente informato sulle sue prospettive di vita, sulle possibilità terapeutiche, sui trattamenti palliativi e le loro conseguenze,  gravi sofferenze, patologia irreversibile o prognosi infausta inferiore ai 18 mesi (alternative rispetto alla proposta precedente). Tra i requisiti non sono previsti i trattamenti di sostegno vitale e anche questa proposta apre alla persona ormai incapace di intendere e volere.
  • La proposta Sarli (deputata del Movimento 5 Stelle aderente all’intergruppo per le scelte di fine vita), è stata presentata il 30 maggio 2019 e crea una normativa completa e autonoma rispetto alla 219/2017 ed è intitolata “Disposizioni in materia di suicidio medicalmente assistito e di trattamento eutanasico”. I requisiti di accesso sono: soggetto maggiorenne, capace di intendere e volere, con patologia irreversibile o con prognosi infausta non di natura psichiatrica o psicologica. La richiesta sia manifestata nelle forme del testamento olografo alla presenza di due testimoni. Per chi si trova nelle condizioni di poter firmare, è sufficiente la videoregistrazione sempre alla presenza di due testimoni. Una volta compilato l’atto, la richiesta viene consegnata al medico che ha in cura il paziente, il medico di fiducia o il medico di medicina generale. Ci sono anche 2 novità:  la possibilità di ritirare in qualsiasi momento la propria richiesta, la possibilità per il paziente di indicare chi informare e chi far assistere al proprio suicidio assistito. Vengono indicati modi della procedura, gli obblighi del medico con la previsione dell’obiezione di coscienza. Al Ministero della Salute il compito di individuare strutture, procedure, tempi e sostegno ai familiari, con tanto di linee guida per la corretta applicazione dell’eutanasia.
  • La proposta Pagano (deputato della Lega), è l’ultima in ordine cronologico ad essere stata presentata alla Camera, il 5 giugno 2019. La proposta modifica le pene previste dall’articolo 580 del codice penale prevedendo una reclusione “da sei mesi a due anni quando l’autore convive stabilmente con il malato e agisce in stato di grave turbamento”. Viene superata dalla decisione della Corte Costituzionale.

Eutanasia, verso il referendum 

Tante leggi, ma anche ferme e mai discusse. Ecco perché l’associazione Coscioni ha recentemente giocato la carta del referendum costituzionale. Ha ufficialmente depositato in Corte di Cassazione a Roma un referendum parzialmente abrogativo dell’art. 579 del codice penale sul cosiddetto omicidio del consenziente. Se i promotori dovessero raccogliere le firme e vincere il referendum, verrebbe depenalizzata l’eutanasia attiva. In pratica il medico potrebbe somministrare un farmaco eutanasico al paziente che lo richiedesse. Un consenso che comunque dovrebbe muoversi all’interno delle leggi già previste, sia del fine vita che dei paletti posti dalla Corte Costituzionale. Dunque non si potrebbe certo far morire chiunque lo chieda perché il paziente dovrebbe avere tutti i requisiti già stabiliti dalle leggi e andrebbe fatto attraverso un preciso iter burocratico all’interno del sistema sanitario nazionale. Dunque se i promotori del referendum riusciranno a raccogliere il numero minimo di firme, saranno gli italiani a scegliere che cosa vogliono in materia di fine vita e eutanasia.

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