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Giovedì, 25 Aprile 2024
Milano Marittima / Ravenna

Come è finita la vicenda del figlio di Salvini immortalato sulla moto d'acqua della Polizia

I tre poliziotti della scorta dell'allora vicepremier erano accusati di violenza privata e peculato d'uso per aver impedito lo scorso 30 luglio 2019 al giornalista Valerio Lo Muzio di riprendere la scena: la loro posizione è stata archiviata

Archiviazione perché i fatti non sussistono per i tre poliziotti, appartenenti alla scorta di Matteo Salvini, indagati perché cercarono di impedire al giornalista Valerio Lo Muzio di riprendere il figlio dell'allora ministro dell'Interno su una moto d'acqua della polizia a Milano Marittima, nel Ravennate.

Il fatto risale al 30 luglio 2019. La Procura aveva chiesto l'archiviazione per peculato d'uso della moto d'acqua e per violenza privata sul giornalista, in questo caso per tenuità del fatto, mentre il Gip di Ravenna Corrado Schiaretti ha optato per una formula piena.

Su quanto avvenuto a Milano Marittima erano subito scattate le verifiche da parte della Questura di Roma per accertare un eventuale uso improprio della moto d’acqua ed era stato ascoltato anche lo stesso Valerio Lo Muzio. Qualche ora dopo l’accaduto, quando stavano iniziando le polemiche, Salvini era intervenuto cercando di smorzare gli animi. “Mio figlio sulla moto d’acqua? Errore mio da papà”, aveva detto, aggiungendo che “nessuna responsabilità va data ai poliziotti, che anzi ringrazio perché giorno rischiano la vita per il nostro Paese”.

Un procedimento disciplinare era stato invece aperto nei confronti del poliziotto che fece salire sulla moto d'acqua della Polizia il figlio di Salvini, allora vicepremier e ministro dell'Interno. L'agente - in forza alla squadra nautica di Piombino e al momento dei fatti distaccato di servizio in Romagna - era stato convocato dalla Questura di Livorno.  

Il giornalista che era stato minacciato

Valerio Lo Muzio video figlio salvini moto polizia-2

Lo Muzio, il giornalista freelance foggiano che era finito al centro del fatto, era stato intervistato da Giovanna Greco di FoggiaToday a cui aveva affidato il suo racconto: 

"Ieri ero a Milano Marittima - racconta il videomaker -. Sapevo che avrei potuto beccare Salvini e sono andato a cercare la notizia, come si dice in gergo giornalistico, ossia di intervistarlo sulle vicende di attualità. Salvini non ha voluto rilasciare dichiarazioni, tuttavia ho continuato a seguirlo durante la passeggiata sulla spiaggia, non senza problemi vista la presenza della scorta che, a più riprese, mi invitava a desistere". Poi Salvini si è imbattuto in due moto d’acqua della Polizia di Stato. Gli agenti, racconta Valerio, gli hanno spiegato il funzionamento dei mezzi, foto e selfie di rito coi fan. Insomma, sembrava tutto nella norma. Ma mentre il ministro si avvia verso l’ombrellone, gli uomini della scorta si parano davanti al videomaker per impedirgli la visuale alle loro spalle. "Stavolta, però, erano socievoli, cercavano di interloquire con me. La qual cosa ha cominciato a puzzarmi. Ad un certo punto, sporgendo un po’ la testa, ho visto il figlio di Salvini che saliva a bordo della moto della Polizia, e naturalmente ho cominciato a riprendere".

Da lì sono partite le minacce, velate ma neanche tanto, secondo il racconto del videomaker. "Smettila di riprendere, spegni sennò te la levamo". "Mi hanno chiesto i documenti e mi hanno detto ‘bene, ora sappiamo dove abiti’". "Che cos’è, una minaccia? Ho chiesto anche io che si identificassero visto che, con infradito e costumi, si dicevano poliziotti ma non era desumibile da nulla. Uno mi ha risposto: ‘Vieni con me in albergo che ti mostro il documento’. Erano in tutto cinque. Naturalmente non ci sono andato perché non mi sembrava un invito a cena".

In tutto questo bailamme, il Ministro dell’Interno era rimasto sotto l’ombrellone.  

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