rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Se una giornalista deve lasciare Montecitorio perché ha un vestito "sbracciato"

Quando ho letto la notizia di una collega giornalista allontanata dal palazzo di Montecitorio perché ha osato sedersi sulle tribune dell’Aula con un vestito “sbracciato” (la vicepresidente della Camera Spadoni si è poi scusata), ho pensato ad alcuni episodi che mi hanno visto protagonista l’anno scorso, quando muovevo i miei primi passi nei corridoi dei palazzi Parlamentari. Ricordo di quando una volta mi ero dimenticato la giacca (per gli uomini è obbligatoria da regolamento) ed ero stato bloccato all’ingresso di una conferenza stampa. E che facevo tornavo in redazione dicendo che non avevo seguito l’incontro perché non avevo la giacca. Mi sono fiondato in un negozio da uomo lì accanto chiedendo la giacca più economica. Quaranta euro e sono entrato alla conferenza stampa nel palazzo dei gruppi parlamentari. Poi ricordo quella volta in cui avevo pensato che un bel gilè potesse sostituire la giacca per entrare alla Camera ad agosto con quaranta gradi all’ombra. Niente da fare. Mi ha salvato la gentilezza della senatrice che dovevo intervistare, la quale è uscita e ha parlato con me all’esterno.

Mi sono ricordato di quanto fossero state situazioni imbarazzanti perché avevo sentito quei biasimi per il dress code, seppur giustificati e giustificabili, come qualcosa di svilente per la mia professione. Io, giornalista, con l’impegno di ascoltare attentamente un segretario di partito che parla e la responsabilità di riportarlo ai lettori nella forma migliore possibile, restavo fuori perché non avevo una giacca. Che poi per me non è mai stato un problema. Figuriamoci. Vesto in abito, camicia e cravatta da quando facevo l’arbitro di calcio a 20 anni. Ho continuato a farlo da cronista quando frequentavo i palazzi di giustizia nelle Marche e lo faccio oggi a Roma quando scrivo di politica nazionale.

Ma io ho ben presente cosa possa aver provato la collega Lisa Di Giuseppe, giornalista de Il Domani, quando le hanno detto di coprirsi perché non era il caso che lei stesse lì “sbracciata”.  Si sarà sentita umiliata. Non me la sento di cassare la cosa pensando che la collega avrebbe potuto mettersi una cosina in più addosso. Non c’è una regola che imponga un codice di abbigliamento per le donne ma allora perché la giornalista si è dovuta allontanare dall’Aula? Per una questione di opportunità. Dunque una scelta etica (dal greco éthos, costume, comportamento, consuetudine).

Allora siccome io credo che a guidarci, in generale debbano essere le leggi fatte dal Parlamento, le regole che ci diamo come società e non i presunti valori etici di qualcuno (soprattutto quando quel qualcuno ha la pretesa di imporla anche agli alti), io non posso che essere solidale con Lisa Di Giuseppe. Mi spiace non essere stato presente. Le avrei dato volentieri il mio soprabito per “coprirsi” e continuare a fare il suo lavoro, che è scrivere di politica o di Germania. Le avrei dato il soprabito perché non avrei potuto darle direttamente la giacca. In quel caso sì che avrei violato un regolamento. Quello che non ha fatto la collega Lisa Di Giuseppe, libera di mostrare le braccia in quanto donna e giornalista, libera ma “punita” per ragioni di etica. Quella che a volte si dovrebbe vedere di più in Aula in effetti ma non da parte dei giornalisti.

Si parla di

Se una giornalista deve lasciare Montecitorio perché ha un vestito "sbracciato"

Today è in caricamento