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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Governo Draghi: come (e perché) il Pd rischia di ritrovarsi con il cerino in mano

L'abbraccio con la Lega non piace ai militanti e toglie a Zingaretti un formidabile strumento di propaganda in vista delle prossime elezioni: quello della lotta alle destre "sovraniste e xenofobe"

Draghi sì, Draghi no. La mossa di Salvini e la sua conversione repentina alla ragioni dell’europeismo ha spiazzato Pd e 5 Stelle che ora si trovano di fronte ad un problema di non facile soluzione: spiegare ai loro elettori che dovranno governare con un partito, la Lega, di cui avevano detto peste e corna fino all’altroieri. Il M5s, lacerato dalle divisioni interne tra l’ala governista e quella più radicale, se n’è cavato d’impaccio (per ora) utilizzando uno “stratagemma” noto: ovvero quello di far decidere direttamente ai militanti iscritti a Rousseau se appoggiare o no la nascita di un esecutivo guidato dall’ex numero uno della Bce. Per il Pd le cose rischiano di essere più complicate. Anche perché, dopotutto, Lega e M5s hanno governato insieme in tempi molto recenti e su alcuni temi, uno su tutti l’immigrazione, la distanza non è mai stata abissale.

Perché la mossa di Salvini mette nei guai il Pd

Zingaretti dal canto suo si trova di fronte ad una scelta obbligata: dire di no a Draghi significherebbe non solo indispettire il presidente della Repubblica, ma anche rinnegare quella “responsabilità istituzionale” diventata negli anni parte integrante dell’identità del partito. È però anche superfluo sottolineare che il Pd ha molto da perdere dall’abbraccio con Salvini e ben poco da guadagnare.

Intanto va osservato che la svolta moderata del “Capitano” toglie molta forza alla propaganda di Zingaretti, tutta focalizzata sul pericolo di consegnare Palazzo Chigi alle “destre xenofobe e sovraniste”. Che cosa dirà il Pd in campagna elettorale dopo aver governato insieme alle stesse destre dipinte per anni come il male assoluto? Né va dimenticato che il Pd non esce proprio bene dalla crisi di governo: la linea “o Conte o voto” si è nei fatti rivelata miope, per non dire avventata. Per questo non sorprende che i sondaggi, per adesso, non premino i dem.  Il quadro delineato dall’ultima rilevazione dell’istituto Swg per il Tg La7, fotografa una Lega al 24%, in crescita dello 0,7% in una settimana e un Partito Democratico che invece perde lo 0,8% e scende al 19%. Sale anche Fratelli d'Italia che guadagna lo 0,6% e sale al 16,5%, scavalcando il Movimento 5 Stelle che scende dal 16,4% al 15,8%, mentre Forza Italia passa dal 5,8% al 6,4%. Insomma, il governo Draghi ridà slancio al centrodestra, ma fa un po’ meno bene ai partiti del “campo progressista” .

L'eurodeputato del Pd che dice no a un governo con Salvini

E nel Pd c’è già chi si sfila. Tra le poche voci contrarie ad appoggiare il governo guidato dall’ex campo della Bce, c’è quella di Massimiliano Smeriglio, eurodeputato indipendente eletto nelle liste dei dem. Smeriglio fa sue alcune delle perplessità che in queste ora sono sulla bocca di tanti militanti. E in un post pubblicato su facebook elenca i motivi per cui il Pd dovrebbe dire di no ad un esecutivo in cui siede anche Matteo Salvini.

''Si può, in un momento di estrema difficoltà del Paese, guardare con fiducia al tentativo di Mario Draghi. Si può, tenendo insieme Pd Cinque stelle e Sinistra. Si può, rimanendo fedeli alla coalizione europea che ha messo ai margini i sovranisti investendo sul Recovery come politiche pubbliche di redistribuzione e solidarietà tra i popoli. Un Recovery plan per un nuovo modello di sviluppo basato su transizione ecologica, welfare, innovazione e conoscenza. Un Recovery fortemente voluto dagli europeisti che, ogni giorno, si battono per lo Stato di diritto e la tutela di diritti inviolabili della persona. Tutte le persone. Si può, favorendo persino la nascita di un governo di personalità scelte dal Presidente incaricato. Magari verificando il profilo programmatico delle cose che intenderà fare. Quello che non si può fare è semplice: vedere nel medesimo governo Salvini o chi per lui e esponenti del mondo progressista. Non si può fare perché abbiamo idee opposte su tutto: lavoro, reddito, tasse, ambiente, diritti umani. Non si può fare perché rappresentiamo sistemi valoriali opposti. Non si può gridare contro il razzismo, l'omofobia, i rischi autoritari, il nazionalismo, il maschilismo e sedersi nel medesimo governo con i protagonisti di questa ideologia".

"Non si può fare - dice ancora l’eurodeputato -, pena la fine di una qualsivoglia credibilità delle parole che usiamo. Questa è la responsabilità più grande che dobbiamo sentire sulla nostra pelle: ridare forza al primato della politica e alla democrazia”.

Cosa c'è dopo Draghi e cosa rischia il Pd

Ma con il leader della Lega deciso a entrare nell'esecutivo "europeista" di SuperMario, difficilmente il Pd potrà tirarsi indietro. E Zingaretti dovrà trovare la formula per far digerire ai militanti l’abbraccio con Salvini e le “destre sovraniste”. Non solo. Il segretario dem corre anche un altro rischio: quello di farsi “impallinare” come già era successo a Bersani. Anche l’ex segretario dei dem decise di appoggiare un governo tecnico insieme al centrodestra, per poi rimanere col cerino in mano una volta che Berlusconi e la Lega iniziarono a cannoneggiare l’esecutivo. Il piano del Carroccio potrebbe non essere molto diverso: lo scenario di cui si parla nei retroscena è quello di un Draghi che governa fino alla scadenza del mandato di Mattarella e poi sale al Colle (grazie al centrodestra) all'inizio del 2022 lasciando vacante il posto di presidente del Consiglio. A quel punto Salvini potrebbe chiedere le elezioni, lasciando il Pd e il suo segretario a fare di nuovo la parte dei "responsabili". Senza uno straccio di slogan per la campagna elettorale. 

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