Perché Salvini ha detto sì al governo Draghi
Ieri il leader della Lega ha dato un ok "senza condizioni" e "senza veti", facendo capire che è disposto a governare anche con il Pd e il M5s. La mossa del Capitano mette in difficoltà Pd e M5s e avvicina la data delle elezioni. Vediamo perché
Alla fine Matteo Salvini fa la mossa che spariglia: dice sì "senza condizioni" al governo Draghi. La mossa del Capitano nel partito fa vincere l'anima aperturista guidata da Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia (i "perdenti" sono Claudio Borghi e Alberto Bagnai, che però per ora fanno buon viso a cattivo gioco) ma soprattutto politicamente serve a mettere in difficoltà il Partito Democratico e il MoVimento 5 Stelle e ad allontanare la sensazione che l'esecutivo dell'ex presidente della Bce fosse un Conte-Ter mascherato. Ora l'unica a restare fuori dalla maggioranza è Giorgia Meloni. Mentre Renzi dice di aver reso un servizio al paese con la crisi.
Perché Salvini ha detto sì al governo Draghi
Salvini annuncia la fumata bianca per il governo Draghi poco prima di mezzogiorno, dopo mezz'ora di colloquio della delegazione della Lega con il presidente incaricato "con riserva" e fa sapere anche di non aver posto "condizioni" (e quindi nemmeno quella di diventare ministro, sulla quale però rilancia il suo capogruppo Molinari) e nemmeno "veti" alla partecipazione di altre forze politiche (e quindi, in teoria, nemmeno alla partecipazione di Giuseppe Conte al governo, anche se questa ora comincia ad allontanarsi). La scelta del Capitano scopre la Lega a destra lasciando una prateria per gli scontenti a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia e lo metterà politicamente in difficoltà se alla fine quello di Draghi dovesse essere davvero un governo di tutti: "Per me non è semplice: potrei avere al mio fianco uno di quelli che mi ha mandato a processo. Sarebbe impegnativo essere in maggioranza con qualcuno che mentre io difendevo i confini dell'Europa saliva sul barcone o andava in procura a denunciarmi. Ma questo è sufficiente per dire 'no'? No. Noi ci siamo imposti di guardare oltre".
Ma il calcolo politico di Salvini è cristallino: in difficoltà adesso vanno quelli che hanno già detto sì (il Pd) o stavano per farlo (il M5s). Perché toccherà anche a loro spiegare come mai si trovano in maggioranza con colui che indicavano come il male assoluto, oppure cambiare idea facendo la figura degli irresponsabili. L'alternativa per il Capitano era quella di scegliere la strada dell'astensione alla fiducia oppure votare no, rimanendo fuori dai giochi di un esecutivo che poi avrebbe potuto avere successo nella sua azione di governo facendogli fare un'altra volta la figura dell'irresponsabile come al Papeete. Il prezzo che deve pagare è la posizione da euro-scettica a euro-riformatrice.
D'altra parte, spiega oggi Antonio Polito sul Corriere della Sera, fare l'antieuropeo mentre dall'Europa stanno arrivare centinaia di miliardi porterebbe allo stesso isolamento che soffrì il Pc negli anni '50 quando era antiamericano mentre arrivava il Piano Marshall. In più, a differenza di Monti che arrivava per tagliare (in base a una lettera della Bce firmata da Trichet e dallo stesso Draghi...), l'attuale premier incaricato arriva per spendere. La situazione politica è differente: richiede scelte differenti. Le stesse che gli chiedeva quella parte di ceto produttivo che al Nord e soprattutto al Nord-Est vota Lega ma vuole partecipare al prossimo governo.
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L'irruzione di Salvini nel governo Draghi
Uscendo dal colloquio con Draghi il leader della Lega sembra far capire che sui temi discussi si può trovare convergenza. La parola magica è "ripartenza", più volte usata come punto di incontro tra i desideri del partito e la visione del premier incaricato. Rotto il fronte del centrodestra, dopo aver percepito segnali positivi dal premier incaricato, Salvini mette a disposizione tutta la Lega. Noi ci siamo "con i 131 deputati, 63 senatori, i nostri governatori, le migliaia di sindaci", scandisce il capo del partito, parlando con i giornalisti al termine del colloquio. "Noi - aggiunge - a differenza di altri, pensiamo che non si possa andare avanti a forza di no", dove il riferimento implicito non è solo al veto di Leu, ma anche al no di Meloni, incassato ieri pomeriggio da Draghi.
L'irruzione di Salvini nel governo Draghi è una giravolta che sorprende anche i suoi, ma che soprattutto fa spaccare il fronte del Partito Democratico. Tanto che ieri circolavano voci sulla possibilità che il Pd si spostasse verso l'appoggio esterno da parte dei dem. Voci alimentate dalla "preoccupazione di qualche parlamentare", come è stato spiegato da fonti di Palazzo Madama, proprio per l'apertura arrivata dalla Lega di Matteo Salvini. E che poi vengono smentite da una nota ufficiale della direzione guidata da Nicola Zingaretti: "Sono totalmente infondate le notizie su orientamenti assunti su eventuale appoggio esterno al Governo. La posizione del Pd è stata votata dalla direzione nazionale all'unanimità e illustrata ieri al Professor Draghi".
Ma oggi un retroscena su La Stampa spiega che il partito è in tumulto. Quando arriverà il primo barcone e Salvini chiederà di chiudere i porti cosa farà Draghi? E come si metterà per il Pd? Per questo il partito sta riflettendo seriamente sulla possibilità di non lanciare esponenti politici di primo piano nel prossimo governo:
Sceglierà una terza via, come sempre: se entrerà la Lega, per evitare una photo opportunity imbarazzante di Zingaretti accanto a Salvini (o di Gualtieri accanto a Bagnai), farà entrare nel governo solo i cosiddetti «tecnici di area». Ovvero ministri vicini al Pd che provengono dalle istituzioni, meglio se da Banca d’Italia, come fu nel 2012 per Fabrizio Barca.
Quindi il modello "sarà più quello del governo Monti che quello del governo Ciampi". Proprio quel governo che portò alle elezioni del 2013 e alla prima esplosione del MoVimento 5 Stelle e del populismo. E proprio per questo c'è una frase detta ieri dal Capitano che deve far riflettere: "È chiaro che, se sarà, sarà un esperimento breve e limitato nel tempo e di carattere eccezionale". Nei giorni scorsi lo stesso Salvini aveva detto pubblicamente che poteva dare l'ok al governo Draghi in cambio di una data certa per le elezioni, cosa che nessuno degli attori in gioco poteva concedergli. Oggi parla di limitazioni temporali mentre sa benissimo che a fine luglio scatta il semestre bianco e di lì a breve andrà scelto un nuovo presidente della Repubblica. E qui per lui le alternative sono due: la prima è provare a far cadere il governo poco prima del semestre bianco per andare alle elezioni in fretta, con il rischio di finire per la seconda volta come con la crisi del Papeete. La seconda è quella di far eleggere Draghi al Quirinale e poi andare al voto. Per vincere facilmente le prossime elezioni. Ma solo nel 2022. L'alternativa, però, è che si vada al voto solo alla scadenza della legislatura. Un anno in meno è pur sempre un anno in meno.
EDIT ore 8,22: "Non governo con Pd e 5 Stelle. È una promessa fatta a tutti gli italiani che ci sostengono e una regola che vale pure se il premier è Mario Draghi: del resto, da persona seria qual è, non ha cercato minimamente di convincermi. Si è messo all'ascolto. Atteggiamento garbato e apprezzabile: il punto, però, è che non abbiamo avuto ancora modo di capire bene che cosa intenda fare lui. E purtroppo sappiamo perfettamente che cosa hanno già fatto le forze della precedente maggioranza, candidata oggi a governare con lui". Ad affermarlo, in un'intervista a 'Libero', è la leader di Fdi Giorgia Meloni. "Perché se il Covid è stata una catastrofe imprevedibile, ciò che avrebbero fatto i governi Conte - e la versione bis in particolar modo - era annunciato a caratteri cubitali. Siamo arrivati qui solo per questo motivo: per l'incapacità strutturale di Conte, Pd, 5 Stelle e Renzi di affrontare l'ordinario, figuriamoci lo straordinario. Il tutto, oggi come ieri, è espressione di questo Parlamento ridotto al grado Ciampolillo: lo stesso, piaccia o no, con cui dovrà interfacciarsi quotidianamente Mario Draghi", sottolinea Meloni. "Il livello del premier incaricato - aggiunge Meloni - è fuori discussione. Ma, forse stavolta a qualcuno non farà comodo, siamo una Repubblica parlamentare ed è in Aula che le proposte, anche le più ambiziose e condivise, devono passare. Per questo mi auguro che emerga presto e con chiarezza, prima possibile, la sua agenda. Perché fatico a immaginare che si possa fare sintesi fra la flat tax e la patrimoniale, fra gli investimenti per le infrastrutture e i sussidi a pioggia su cui si è retto il 'patto' fra i giallo-fucsia".
EDIT ore 8,32: "Se il governo Draghi sarà un governo politico, mi sembrerebbe normale che tra i ministri ci fosse anche Matteo Salvini", dice il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, in un'intervista al Corriere della Sera. "In segreteria abbiamo deliberato che il nostro appoggio non potra' essere ne' esterno, ne' un'astensione, non potremmo assumerci responsabilita' senza poter dire una sillaba", ha sottolineato Molinari, "e dunque, la mia opinione e' che il primo a dover entrare in squadra debba essere Matteo Salvini, segretario del partito di maggioranza relativa". Sull'ingresso del Carroccio nell'esecutivo Molinari resta cauto. "L'incontro con il professor Draghi e' stato costruttivo e dunque sono ottimista. Pero', e' presto: bisognera' vedere il perimetro politico della maggioranza e il programma".
EDIT ore 8,39: "Lo ha ribadito anche il collega Delrio: assicuriamo allo sforzo di Draghi, convinzione piena e collaborazione totale". Ad affermarlo, in un'intervista a 'La Stampa', è il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci sottolineando che la decisione della Lega di sostenere il governo non può cambiare la linea del Pd, anche perché "se la Lega cambia idea e comincia a diventare più europeista e meno sovranista come è stata negli ultimi anni, è un bene per tutti. Di una cosa siamo certi, il governo di Mario Draghi sarà certamente nel solco della migliore Europa". La posizione di un partito serio, aggiunge l'esponente del Pd in merito all'eventualità che la Lega possa entrare al governo, "non è condizionata dalla presenza di altri. Abbiamo esposto al presidente Draghi le nostre idee, anche sul fisco e sulla giustizia, sono i temi che per forza di cose creano un perimetro al governo. Comunque lo ripeto per chiarezza, il Pd non ha messo e non metterà veti. La Lega entrando al governo rinnega anni di sconsiderate battaglie contro Europa". Per quanto riguarda l'alleanza con M5S, l'esponente sottolinea che "certo" servirà una discussione: "questi anni tumultuosi rendono inevitabile una bella e profonda discussione nel Pd. Ora garantiamo al governo di iniziare ad agire, poi con calma credo che sarà lo stesso Zingaretti a sentire la necessità di un congresso", conclude Marcucci.
EDIT ore 9,04: "Quando abbiamo aperto la crisi, nessuno ne capiva il motivo. Si dava per scontato che la pandemia dovesse chiudere ogni spazio di dibattito politico. E io non riuscivo a spiegare il senso di quello che stavamo facendo", eppure "è semplice. All'Italia arrivano 209 miliardi, tanti soldi quanti mai ne abbiamo avuti: e secondo me Conte non era la persona giusta per spenderli. Draghi sì". Matteo Renzi, intervistato da Qn, ora si dice "rilassato" e "felice. Si è chiusa per me la partita più difficile della mia esperienza politica. Anche umanamente". "Mi sono preso un sacco di insulti, dicevano che pensavo ai posti da ministro", afferma, invece "oggi chiunque capisce che Italia Viva, nella coalizione di governo, conta molto meno di prima. È ovvio che in una maggioranza più ampia abbiamo meno potere interdittivo. Ma io sono molto più felice adesso. Ho fatto un sacrificio personale per il bene del Paese". A suo avviso il governo Draghi sarà "una straordinaria occasione, e non solo perché sapremo come spendere i soldi del Recovery. Draghi potrà fare dell'Italia una guida europea. Ci pensi: la Merkel scade in settembre di quest'anno e Macron nell'aprile dell'anno prossimo, anche se mi auguro che verrà rieletto. La nostra legislatura scade nel marzo del 2023. Ecco, in questo periodo la figura più forte in Europa sarà il presidente del Consiglio italiano". "L'Italia - conclude - ora ha tutto per uscire dalla crisi. Ha i soldi e ha la guida giusta. Se tutti remiamo nella stessa direzione ce la faremo".
EDIT ore 9,30: Il fatto che Mario Draghi abbia accettato questa sfida, quella "di fare uscire il suo Paese dalla crisi economica e sociale mentre l'Italia è il paese più colpito dalla pandemia nell'area dell'euro è un'opportunità per l'Italia e un'opportunità per l'Europa. Ho piena fiducia sul fatto che Mario Draghi possa compiere questo compito. Ha tutte le qualità richieste, la competenza, il coraggio, l'umiltà necessaria per riuscire in questa nuova mission: rilanciare l'economia italiana con il sostegno dell'Europa". Ad affermarlo, in un'intervista al 'Journal du Dimanche', è il presidente della Bce, Christine Lagarde commentando l'incarico affidato a Mario Draghi di formare un governo in Italia.