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Venerdì, 19 Aprile 2024
Verso il nuovo governo

Perché Giorgia Meloni vuole un suo fedelissimo alla presidenza del Senato

Questione di forma ma anche di sostanza. Da giovedì si fa sul serio e la partita per la seconda e terza carica dello Stato sarebbe quasi chiusa, o comunque ben indirizzata: il Senato a Fdi (La Russa) e la Camera alla Lega (Giorgetti o Molinari)

Si va a grandi passi verso il governo Meloni, ma ci vorranno ancora due settimane di tempo circa, prima del giuramento. Giovedì 13 ottobre, alle 10 la Camera e alle 10,30 il Senato, il Parlamento riunirà i due emicicli per la prima seduta, in cui si proclamano gli eletti e si procede all'elezione dei due presidenti. Le modalità di elezione sono diverse per i due rami del Parlamento. Al Senato si chiude necessariamente entro il quarto scrutinio: primo e secondo voto sono a maggioranza assoluta dei componenti, terzo voto è a maggioranza assoluta dei senatori presenti, se nessuno raggiunge nemmeno questa maggioranza si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue un voto in più. Non ci vorrà molto tempo, dunque.

La sfida per la presidenza del Senato

Alla Camera al primo scrutinio servono i due terzi dei componenti, al secondo e terzo voto il quorum si abbassa a due terzi dei votanti, dal quarto scrutinio basta la maggioranza assoluta dei voti e si procede a oltranza. Dal 1948 ad oggi non si è mai superato il quinto scrutinio. Entro il 14 ottobre ci saranno quasi certamente i nomi dei presidenti di Camera e Senato. A quel punto il Presidente della Repubblica di prassi convoca le consultazioni per la formazione del nuovo governo, realisticamente da lunedì prossimo in poi.

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si sono visti ad Arcore nei giorni scorsi (qualcuno l'ha interpretato come un simbolico passaggio di consegne, vista la location), e la partita per le due presidenze sarebbe quasi chiusa, o comunque ben indirizzata: il Senato a Fdi (La Russa) e la Camera alla Lega (Giorgetti o Molinari). La maggioranza di centrodestra in Senato è solida ma non oceanica, una decina abbondante di voti di scarto, e non stupisce che Meloni gradisca piazzare un fedelissimo sullo scranno più alto di Palazzo Madama, nonché seconda carica dello Stato. Questione di forma ma anche di sostanza: può accadere infatti, la storia lo dimostra ampiamente, che i governi e la maggioranza politica in parlamento cambino in corso di legislatura, invece le presidenze delle camere restano le stesse. Nel panorama politico italiano da settant'anni a questa parte da una parte c'è una gran variabilità degli esecutivi, dall'altra la stabilità delle due presidenze. E i presidenti di Camera e Senato sono sempre i primi ad essere consultati dal presidente della Repubblica in caso di crisi di governo.  I presidenti hanno poteri decisionali su diversi aspetti procedurali (come ammissibilità di emendamenti alle leggi in discussione) non trascurabili. Ma è anche una questione di gerarchie interne alla maggioranza. Nelle due vittorie più nette di Berlusconi, 2001 e 2008, il leader di Forza Italia non esitò a piazzare due dei "suoi" alla guida di Palazzo Madama, Marcello Pera prima e Renato Schifani poi.

Perché la guida di Palazzo Madama è importante

Il presidente del Senato ha anche un altro potere particolare secondo l’articolo 86 della costituzione, che recità: "Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato". In pratica è la  figura del Presidente Supplente della Repubblica italiana quando, ad esempio, il presidente della Repubblica è in viaggio all’estero. Forza Italia verrebbe "ricompensata" dalla mancata presidenza di una delle camere con un ministero di peso sicuramente a Licia Ronzulli e probabilmente anche a Elisabetta Casellati. Il fatto che le cariche apicali dei due rami del parlamento rientrino negli accordi interni a una sola coalizione dà perfettamente l'idea di quanto sia stata ampia la vittoria del centrodestra il 25 settembre. La suggestione di un centrodestra disposto a concedere alle opposizioni la presidenza di una delle due assemblee, come da tradiizone della Prima Repubblica, è sfumata presto. Eleggere uno dei fondatori di Fratelli d'Italia alla presidenza del Senato sarebbe un modo per Meloni di dimostrare plasticamente, agli alleati ma non solo, chi detiene "lo scettro".

Dal vertice di Arcore è emersa la "volontà comune di procedere il più speditamente possibile", hanno fatto sapere i tre leader della destra. Meloni ha fretta, giovedì 13 dovrebbe essere eletto il presidente del Senato, la mattina dopo al più tardi quello della Camera. Ci sono tempi stretti legati alla legge di Bilancio e alle tensioni internazionali, ma soprattutto partire col piede sbagliato, prolungando i tempi e tirandola per le lunghe, significherebbe mostrare inaspettate frizioni, e prestare il fianco alle polemiche in Italia e all'estero. "Non abbiamo un minuto da perdere", ha detto ieri nel suo messaggio a Viva22, la festa del partito di estrema destra Vox a Madrid, la leader di Fdi, Giorgia Meloni. Nel centrodestra resta infatti molto accesa la discussione sul ruolo dei tecnici. Con Meloni che sembra non volerne fare a meno, mentre la Lega continua a frenare. I nomi non politici sono quelli di Siniscalco e Baretta per il Mef. All'Interno il favorito è Matteo Piantedosi, ex capo di Gabinetto di Salvini quando era al Viminale. Il numero uno di via Bellerio potrebbe trovare casa al ministero per le Infrastrutture, più difficilmente all'Agricoltura che vede in pole il leghista Gian Marco Centinaio.

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