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Venerdì, 19 Aprile 2024
la politica estera

Come potrebbe comportarsi il governo di Meloni con la Cina

Nella coalizione di centrodestra ci sono diverse divisioni sulla politica estera. C’è però un punto su cui FdI, Lega e Fi sono uniti: l'assertività nei confronti del gigante asiatico

Atlantismo, filo-putinismo, anti-Ue e contro la Cina. All’interno della coalizione di centrodestra -la favorita alla guida dell’Italia dopo il voto del 25 settembre - ci sono diverse divisioni sulla politica estera. C’è però un punto su cui FdI, Lega e Fi sono uniti: l'assertività nei confronti della Cina e la critica al MoU, il Memorandum of Understanding firmato dal governo Conte 1 nel 2019 che ha portato l’Italia (unico paese del G7) ad aderire alla Nuova Via della Seta. 

Il 'Chinavirus' caro ai conservatori

La coalizione favorita alle elezioni ha sempre mostrato scetticismo nei confronti della Cina, acuito all’indomani dello scoppio della pandemia. Prima la crisi economica, poi la tesi sulla creazione del Coronavirus in laboratorio e, infine, l’aumento della immigrazione in Italia: il centrodestra ha usato tutte le carte del suo mazzo per fomentare l’odio contro la comunità cinese in Italia, abbracciando la dura politica promossa negli Usa da Trump (che parlava di ‘Chinavirus’ quando è scoppiata la pandemia).

“Non mi fregano, ci hanno portato il virus” dichiarava nel marzo 2020 Giorgia Meloni a ‘Non è l’Arena’, rinnegando il ruolo della Cina come “punto di riferimento” per l’Italia nella lotta al Covid in piena emergenza pandemica. Meloni, parlando con Giletti, ha poi incalzato sul ruolo del “regime comunista cinese che non rispetta i diritti umani e quelli dei lavoratori”, difendendo quindi i valori occidentali minacciati dal comunismo e, al contempo, riproponendo uno dei temi che unisce i conservatori di tutto il mondo. 

Il recente abbraccio all'atlantismo

Con il governo di Mario Draghi la postura atlantista del nostro paese non era stata più messa in discussione, ma con il centrodestra al potere, diviso tra simpatie per Putin e critiche alle istituzioni europee, c’è il rischio di un raffreddamento dei rapporti di Roma con Bruxelles e Washington.

Di fronte alle esternazioni di favore dei colleghi della coalizione nei confronti del capo del Cremlino, Meloni ha indossato la casacca del rassicuratore. In più occasioni, così come accaduto al Forum Ambrosetti a Cernobbio, la leader di FdI ha ribadito la necessità che l’Italia continui ad appoggiare le sanzioni europee contro la Russia e che rimanga agganciata all’Unione Europea e all’Occidente, contro i governi “autocratici” della Russia di Vladimir Putin e della Cina di Xi Jinping.

Quella di Meloni sulla Russia è un’inversione di rotta recente, indubbiamente finalizzato - come sottolineato in un articolo dell’Economist intitolato “How afraid should Europe be of Giorgia Meloni?” - a proteggere l’Italia dal fallimento economico e dall’isolamento geopolitico. Fino a pochi anni fa, Meloni criticava spesso le decisioni di politica estera di Stati Uniti e Unione Europea e nel 2014 si professava a favore del referendum in Crimea, il cui risultato non è stato riconosciuto dalla comunità internazionale.

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Meloni, che è convinta di ottenere le chiavi di Palazzo Chigi, rassicura sull’appoggio all’Ucraina e conferma la condanna alla Russia, inviando un messaggio anche ai suoi colleghi di coalizione, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

Il leader di Forza Italia, il partito che per tutta la campagna elettorale si è posto come garante nel centrodestra dell'atlantismo e dell’europeismo dell’Italia, a tre giorni dal voto ha difeso il vecchio amico Putin usando toni molto più vicini a Mosca che a Kiev. Stesso registro, che però non è mai cambiato, è quello adottato dal leader della Lega, che nutre simpatie esplicite per il capo del Cremlino. Il tema dei rapporti con Russia e Ucraina è diventato uno dei principali nella campagna elettorale estiva. Tuttavia, i leader dei partiti di destra o di sinistra hanno lasciato poco spazio alla Cina nel dibattito in vista del voto del 25 settembre. 

Le posizioni del centrodestra sulla Cina

Il 25 settembre è una data cerchiata in rosso sui calendari di Bruxelles. Le istituzioni europee guardano con attenzione il voto italiano, e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, non nasconde i timori di riconoscere nel futuro esecutivo di Roma un modello simile a quello ungherese o polacco. 

La "minaccia" di von der Leyen all'Italia e a Meloni (che non piace soprattutto a Salvini)

Anche le capitali europee osservano l’esito del voto italiano. Una forza di estrema destra al comando di uno dei paesi fondatori dell’Ue desta preoccupazione per i probabili terremoti all’interno e all’esterno del blocco dei 27. Diversi paesi Ue hanno aumentato le distanze dalla Cina, sostenendo Taiwan e abbandonando il format cinese 14+1. Ma come si comporterà con la Cina il governo di centrodestra? 

Guardare Il passato dei leader di Fi, Lega e FdI aiuta a districare i nodi sulla futura politica estera verso la Cina del governo guidato dalla coalizione di centrodestra. Se Berlusconi ha sempre manifestato una certa coerenza nei rapporti con Pechino, non si può affermare lo stesso per Salvini.

Nel 2019, il leader della Lega era vicepremier quando è stato firmato il MoU per l’ingresso dell’Italia nella Via della Seta. Quando però è caduto il governo gialloverde, il leghista ha fatto un’inversione di marcia, ergendosi a difensore dei diritti umani violati a Hong Kong, nello Xinjiang e in Tibet, mostrando il suo sostegno ai manifestanti hongkonghesi davanti all’ambasciata cinese a Roma. Poi l’ennesimo cambiamento, quando si è fatto fotografare nel settembre del 2021 con Li Junhua, l’ex ambasciatore cinese nella Capitale. 

Meloni ha una posizione chiara sul sistema autoritario cinese, di area molto vicina alla postura anticinese di Trump. Quando era ministro della Gioventù del governo di Berlusconi nel 2008, l’allora esponente di Alleanza Nazionale ha criticato la politica cinese nei confronti del Tibet e posto l’accento sulla necessità di mobilitarsi a favore dei tibetani. Per questo fu criticata anche dall'allora presidente del Consiglio Berlusconi e dal ministro degli Esteri Franco Frattini.

Ma solo ultimamente, in vista delle elezioni del 25 settembre, la leader di FdI ha rafforzato la sua politica anticinese. Il primo segnale è arrivato il 26 luglio scorso, quando Meloni ha incontrato per la prima volta il rappresentante dell’ufficio di Taipei in Italia Andrea Sing-Ying Lee: l’incontro è stato immortalato da uno scatto condiviso su Twitter, dove Lee viene definito “ambasciatore”, nonostante non sia il titolo riconosciuto formalmente dalla Farnesina. A Pechino non l’avranno presa bene.

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E Taiwan?

Indubbiamente il gigante asiatico, che rivendica come parte del proprio territorio nazionale l’isola di Taiwan, non ha preso altrettanto bene l’intervista rilasciata da Meloni alla principale agenzia di stampa taiwanese, la CNA, a meno di 48 ore dal voto.

Si tratta di una scelta di campo importante per il partito di estrema destra convintamente anticinese. “Con un governo di centrodestra, è certo che Taiwan sarà una preoccupazione imprescindibile per l’Italia”, ha dichiarato Meloni alla CNA, affermando di aver “seguito da vicino e con disagio” ciò che sta accadendo nello Stretto. E poi il monito (o critica) rivolto a Bruxelles che, secondo la leader di FdI, dovrebbe “dispiegare tutte le armi politiche e diplomatiche a sua disposizione“, esercitando “quanta più pressione possibile” per impedire alla Cina di provocare qualsiasi conflitto militare nell’area.

Meloni non ha dubbi: un’azione militare cinese avrebbe ripercussioni anche sui rapporti commerciali tra Pechino e Bruxelles. “Non dimentichiamo che l’Unione europea è anche un mercato di sbocco chiave per la Cina, che rischia di essere chiuso se decidesse di attaccare l’isola”, sottolineando quanto Taiwan sia un partner commerciale strategico per l’Italia e l’Unione europea.

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Non manca l’affondo al governo Conte e alla scelta di aderire alla Nuova Via della Seta. Per Meloni, l’adesione nel 2019 è stata “un grosso errore” e “difficilmente” si possono prevedere le condizioni politiche per un rinnovo del protocollo d’intesa tra Roma e Pechino nel 2024, anche in considerazione del trattamento riservato agli attivisti di Hong Kong e alle minoranze etniche dello Xinjiang. 

Nell’intervista, Meloni ha affermato di aver prestato particolare attenzione alla rielezione della presidente democratica di Taiwan, Tsai Ing-wen. "Sebbene le nostre idee politiche siano diverse, Taiwan e l'Italia potranno avere una proficua collaborazione”, ha affermato la leader di FdI. Durante l’intervista, Meloni non ha approfondito le questioni su cui si discosta dalla presidente Tsai, come i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Taiwan è infatti l’unico luogo dell’Asia in cui due persone omosessuali possono convolare a nozze, mentre Meloni ha posizioni nettamente contrarie sul matrimonio tra persone della comunità Lgbtq+. Dopo il 25 settembre, in caso di vittoria, la ‘Sorella d’Italia’ deve prepararsi a un duro combattimento, con la Cina dall'altra parte del ring.

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