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Martedì, 23 Aprile 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Se l’inchiesta su Renzi e il caso Open è "fuorilegge"

C’è un’inchiesta della magistratura; c’è un politico (Matteo Renzi), che non si vuole sottrarre all’eventuale (deve ancora essere chiesto il rinvio a giudizio) processo, ma che risponde a quella inchiesta con la politica; c’è l’informazione, almeno una parte, che pubblica per settimane il contenuto di oltre 92mila pagine di indagine penale. 

Partiamo dall’inchiesta, che prende il via nel 2018 e si è chiusa di recente, quando gli atti sono stati depositati alla cancellaria penale del Tribunale di Firenze. Ci sono quindici indagati, fra cui proprio il leader di Italia Viva Matteo Renzi, accusato di finanziamento illecito ai partiti. In pratica avrebbe usato la fondazione Open (da cui il nome dell’inchiesta) come una sorta di appendice del Partito (il Partito Democratico, di cui al tempo Renzi era segretario) per ottenere finanziamenti. Così come fanno tutti i partiti, dal 2014, da quando il finanziamento pubblico ai partiti era stato abolito con il Governo Letta. La Procura del capoluogo toscano è convinta che vi siano sette milioni di euro raccolti dalla fondazione e utilizzati per "sostenere l'attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana" e che la fondazione agisse come "articolato di partito". Dunque Open avrebbe dovuto rispettare le norme sui finanziamenti ai partiti, cosa che, secondo la pubblica accusa non è successo. Il punto è che per portare avanti questa indagine, la polizia giudiziaria ha effettuato sequestri, intercettazioni e qualsiasi forma di indagine investigativa, acquisendo documenti relativi a Matteo Renzi, sul quale, se la Magistratura voleva indagare, doveva chiedere l’ok al Senato. Lo dice la Costituzione, tanto amata e spesso citata con la facilità con cui si ordina un piatto su un menù del ristorante. All’articolo 68 si legge:

"Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza".

Allora c’è qualcosa che non va. Come è possibile che Renzi sia stato indagato senza l’ok della politica? Infatti lui è convinto che l’inchiesta sia illegittima e, ascoltato Giunta delle autorizzazioni del Senato, ha detto: "Io ho portato quattro prove schiaccianti del fatto che il pm di Firenze, lo stesso che ha arrestato mio padre e poi rilasciato, che ha indagato mio cognato, mia sorella, i miei principali collaboratori e che, a mio avviso, ha una particolare sensibilità nei miei confronti, ha violato la Costituzione nell’articolo 68, e nella legge di attuazione 140 del 2003". Renzi non chiede di sottrarsi al processo, ma che si prenda atto della violazione della carta fondativa della Repubblica. O siccome è Renzi vale tutto? Sicuramente sarà così per il popolo dell’antirenzismo. Non potrà mai esserlo per chi crede in un Paese democratico.  L’ex Presidente del Consiglio passa al contrattacco infatti e lo fa per la strada politica. Lo fa chiamando in causa l’organo del Senato che deve valutare la legittimità della richiesta di arresto, o altra limitazione della libertà personale (perquisizione personale, o domiciliare, o ispezione).

Renzi ha già dichiarato di non volere alcuna immunità, e di essere anzi pronto a votare a favore nel caso in cui si voti in aula sulla utilizzabilità delle intercettazioni che lo riguardano. Quello che il leader di Iv vuole è una certificazione che la procura di Firenze abbia violato le regole democratiche. Se la maggioranza della Giunta dovesse pensarla così, allora si andrebbe ad un vero scontro fra politica e magistratura, che potrebbe risolvere solo la Corte Costituzionale. E probabilmente sarà così visto che i numeri sono dalla parte del senatore: su 23 membri in giunta, si contano sei leghisti, tre azzurri, tre di Italia viva, due di Fdi, un senatore autonomista, uno del Pd, tre pentastellati e quattro del gruppo misto. Renzi si sente ancora forte, soprattutto delle sue "prove". Quella che lui definisce inconfutabile è un suo estratto conto, pubblicato dal Fatto Quotidiano e proveniente dal fascicolo d'inchiesta della fondazione Open. Di quel documento bancario non è chiara la provenienza. Davvero la Magistratura ha indagato su un Senatore senza averne l’autorizzazione? Dal canto suo i pm si dicono certi di non aver mai violato i dettami costituzionali, avendo operato sempre nei confronti di persone che non avevano alcuna immunità. Poco convincente. Indagare su chi non si potrebbe, senza indagarlo, si può: basta intercettare non lui, ma tutti quelli che gli girano intorno. Il trucco più vecchio del mondo. Staremo a vedere se sarà stato questo il caso. 

Poi c’è la questione dell’informazione. Renzi se la prende anche con i giornalisti che ogni giorno lo attaccano con informazioni che non riguardano l’indagine. Ma i documenti di indagine dopo il 415 bis, sono pubblici. I giornalisti, piaccia o no quello che c’è scritto, fanno il loro lavoro rendendoli noti, anche quando non riguardino direttamente i capi di imputazione perché, nel caso di un politico, un senatore della Repubblica, i giornalisti hanno il dovere di rendere noto tutto ciò che sia di interesse e rilevanza pubblica. Non serve che sia un illecito. C’è semmai da chiederci perché in un fascicolo di chiusura indagine finiscano informazioni che, almeno all’apparenza, di penale non hanno nulla. Di sicuro non è colpa di chi fa informazione.   
 

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