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Giovedì, 25 Aprile 2024
Carceri

Il punto - Il caso Cancellieri e lo stato delle carceri: a ognuno il suo "scandalo"

Due versione contrastanti, entrambe specchio del paese. "Ha favorito una sua amica" contro "ha mostrato umanità". Il tutto, comunque, sulle pelle dei carcerati e sulla loro disumana condizione

“Non mi dimetto, ho fatto un gesto umano”. Il problema è che Anna Maria Cancellieri non è Papa Francesco. Fa il ministro della Giustizia. E se sei ministro i gesti umani non contemplano le corsie preferenziali dell’amicizia. Soprattutto se fatto all’interno di un tema sensibilissimo: la questione carceri. Questa la versione cattiva. Poi c’è quella buona: si è ministri è vero, ma sì è anche donne e uomini. Anna Maria Cancellieri ha fatto l’amica: “Se Giulia Ligresti si fosse uccisa io non sarei stata responsabile?”. Un ministro ha “il dovere di osservare le leggi dello Stato senza cedimenti e tentennamenti, ma credo che abbia anche il diritto di essere un essere umano. Non vi racconto della mia questione perché la spiegherò davanti al Parlamento. Ma vi dico solo che voglio vivere in un Paese libero, voglio vivere in un Paese che sia libero, dove l’onestà personale sia un patrimonio condiviso”.

Come detto, da una parte la questione morale, quel tutti uguali di fronte alla legge che non può contemplare gli amici degli amici; dall’altra la pietas, una calamita più forte se il volto che la richiama è amico, visto e rivisto. Senza dimenticare, in questo, l’appunto di Danilo Leva, responsabile Giustizia del Pd: “Le carceri sono piene di migliaia di persone, poveri Cristi, che non hanno il numero di cellulare del ministro o di altri parlamentari da poter chiamare. Per loro e per i loro familiari c'è bisogno di chiarezza e trasparenza”.

Per pillole: il ministro domani dirà la sua verità in Parlamento sulla telefonata pro-Ligresti; Letta ha fatto fortino e ha blindato il ministro, un po’ per mettere il governo al riparo dai falchi del Pdl, un po’ per quelli del Pd. A ognuno il suo, il giochino è facile. E tuttavia c’è un di più bello peso, che va ben oltre lo scacchiere politico del ‘chi appoggia chi allora….’. Va ben oltre la tenuta del governo, le mosse del Cav, quelle di Letta, quelle di Renzi, Civati e Cuperlo: la solita gigantesca questione carceri.

La situazione in cella è schifosa e indecorosa. “Io ho la responsabilità dei detenuti, ho fatto oltre cento interventi per persone che ho incontrato nel corso di mie visite in carcere o i cui i familiari si sono rivolti a me anche solo tramite una e-mail”. Come dire, una prassi, Ligresti o no. Il sottotitolo è lampante: le carceri italiane sono da quarto mondo. Un di più di pena non richiesto, non previsto. In pratica il caso Fonsai-Ligresti ha fatto da testa di ponte per riaprire un capitolo complicato.

ANM La discussione sull’amnistia o l’indulto, suggerite da Napolitano e che hanno scatenato la polemica (con Renzi che da Bari ha parlato di “gigantesco autogol”), sono tornate di gran moda. Anche se per l’Anm la strada, per adesso, non è percorribile. Almeno se posta nei temi dell’emergenza: “È necessario vedere il problema dell’amnistia e dell’indulto in termini più complessi, uscendo dalla logica dell’emergenza, delle soluzioni effimere, della precarietà e delle proroghe”. Così a Genova Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell’Anm. “L’ultimo indulto è stato nel 2006 – ha detto ancora Sabelli - e non ha risolto nulla. Non è stato accompagnato da soluzioni di tipo strutturale. A questo punto ci sono obiettivi urgenti che possono essere articolati dall’indulto ma non solo: anche da altri interventi che riguardano la fase esecutiva della sentenza penale. Vi sono obiettivi di medio e lungo periodo che richiedono invece interventi di tipo strutturale”.

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