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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Pianura Padana, è emergenza inquinamento: "Regioni e sindaci stanno a guardare"

Intervista a Mirko Busto, parlamentare del Movimento 5 stelle e primo firmatario della risoluzione presentata alla Commissione Ambiente per chiedere lo stop alla costruzione di nuovi impianti industriali e all'ampliamento di quelli esistenti

Stop alla costruzione di nuovi impianti industriali e all'ampliamento di quelli esistenti in Pianura Padana: qui si muore più che in altre parti d'Italia. Le colpe: Pm 2.5; ozono; ossidi di azoto. Questi i nomi scientifici dei "killer" che minacciano la salute di quasi 24 milioni di persone. I dati parlano chiaro. Per questo il Movimento 5 stelle ha presentato una risoluzione in Commissione Ambiente.

Una "provocazione", ovviamente, che ha però un obiettivo ben chiaro: "Svegliare il governo nazionale e gli enti locali" costringendoli "a una seria pianificazione degli interventi necessari per la diminuzione dell'inquinamento". Punto di partenza: il rispetto del decreto legislativo n.155 del 2010 che prevede (art. 22, comma 3) che le Regioni predispongano gli inventari delle emissioni con cadenza triennale". Peccato, però, che l'ultimo inventario redatto in Italia sia stato quello della Valle D'Aosta. Era il 2013.

Per non parlare delle Regioni della Pianura Padana. La Regione Lombardia lo aveva predisposto nel 2012. Il Piemonte, l'Emilia Romagna e il Veneto addirittura nel 2010 (che ha però un aggiornamento con i dati del 2013, ndr). 

LA PIANURA PADANA SOFFOCA: TRA TORINO E L'ADRIATICO SI MUORE DI PIU'

Il primo firmatario della risoluzione è Mirko Busto, ingegnere ambientale e parlamentare del Movimento 5 stelle. Lo abbiamo intervistato per fare il punto sull'emergenza ambientale della Pianura Padana.  

Partiamo dal ruolo delle Regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Nella risoluzione parlate della necessità di una sorta di cabina di regia comune per monitorare e "curare" il problema dell'inquinamento. E' una strada possibile?

L'unica strada possibile è arrivare a una pianificazione di medio e lungo periodo: quello che oggi manca è infatti un piano, ad esempio, che porti alla riconversione del sistema dei trasporti verso una riduzione delle emissioni. In questo caso è necessario un coordinamento tra le Regioni e le città capoluogo visto che i problemi maggiori di superamento dei livelli di inquinamento è nei grandi comuni. E, ovviamente, il primo problema è quello del traffico urbano. In questi mesi, con i vari blocchi della circolazione, qualcosa è stato fatto ma non è assolutamente sufficiente. A livello locale è inutile bloccare il traffico quando l'inquinamento è già al massimo se, nel medio e lungo periodo, non è previsto un potenziamento dei mezzi di trasporto pubblici. Il blocco della circolazione, per rimanere all'esempio, è una misura che viene applicata quando il danno è ormai fatto. Ed è inutile se nello stesso momento si concede il via libera alla costruzione di nuovi impianti inquinanti. Senza un approccio che unisca il "locale" con una pianificazione "generale" di medio e lungo periodo ogni misura messa in campo rischia di rivelarsi uno "spot". Ad esempio, ben venga l'idea di vietare la circolazione nelle aree centrali delle città ai veicoli diesel, ma diventa tutto inutile se non si prevede, ad esempio, l' esenzione del bollo auto per i veicoli non inquinanti. Per questo guardiamo con interesse a quelle città che hanno come obiettivo il divieto di circolazione alle auto diesel entro il 2030.

Di chi sono le maggiori responsabilità per la drammatica situazione ambientale, e di riflesso sanitaria, in cui versa la Pianura Padana?

La responsabilità è a vari livelli, sia nazionale che locale. A livello nazionale manca una qualsiasi forma di pianificazione. Si è seguito il principio secondo il quale sarebbe stato il mercato a generare la migliore situazione possibile. Si sono così incentivate le cosiddette rinnovabili senza mettere paletti rigidi, arrivando a perversioni energetiche con una pianificazione nazionale incentrata più sul "greenwashing" (la strategia di comunicazione sia delle multinazionali che della politica finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, ndr) che non sul vero "green". Hanno fatto passare per "verde" cose che non avevano alcuna analisi di sostenibilità seria, tanto nel settore energetico che dei trasporti. Si è verificato un proliferare di impianti piccoli, che necessitavano semplicemente di autorizzazioni provinciali o comunali, solo per partecipare alla "corsa all'incentivo". Il tutto mentre a livello locale vi è una triste mancanza di strumenti di contrasto all'emergenza ambientale: i sindaci di una grande città o i presidenti di Regione possono lavorare su diversi livelli, ma il sindaco di un piccolo paesino come può avere voce in capitolo nei confronti di un'azienda importante? Basti pensare allo Sblocca Italia e alle trivellazioni selvagge. In Italia si approva qualsiasi progetto, sacrificando il bene comune agli interessi industriali. Il tutto, ribadisco, senza nessuna visione di medio e lungo periodo che porta, inevitabilmente, a politiche contrastanti. C'è poi un terzo livello, più elevato, che definirei "globale": è arrivato il momento di rivedere l'intero paradigma industriale e mettere al centro della discussione l'asse sociale - economico - ambientale. E' arrivato il momento di ragionare sull'insostenibilità dell'attuale modello produttivo e del mantra del libero mercato.

La proposta contenuta nella risoluzione è quella di una moratoria sia per la costruzione di nuovi impianti industriali che per l'ampliamento di quelli esistenti. Cosa c'è alla base di questa, possiamo dire, provocazione?

La nostra proposta, la nostra provocazione, nasce dall'obiettivo di uscire dall'era del carbone, del petrolio, del gas. Uscire dai fossili, consapevoli delle complessità che ci sono. Questa risoluzione punta a dare all'Italia degli obiettivi percorribili. E' inutile, per capirci, usare misure come i blocchi del traffico che creano disagi senza fornire alcuna soluzione. Basta misure tampone: l'unica strada, ripeto, è una visione sistemica, di medio e lungo termine. E' inutile fermare il traffico cittadino se intanto si approvano nuove centrali. Certo, sono cose ben diverse, ma insistono nello stesso bacino e tanto le auto quanto le centrali immettono agenti inquinanti. Da qui la provocazione: o gli enti locali iniziano ad aggiornare gli inventari e a dar vita a una seria pianificazione anti-inquinamento, o blocchiamo tutto. Speriamo che questo sia uno stimolo per un vero cambiamento.

Quale ruolo hanno avuto i meetup locali del Movimento 5 stelle nella scrittura di questa risoluzione?

Abbiamo iniziato a far girare una prima bozza della risoluzione tra i cittadini partendo da un'analisi della letteratura sulla qualità dell'aria nella Pianura Padana. Quindi abbiamo chiesto ai gruppi locali di mandarci gli esempi più interessanti di impianti autorizzati nell'ultimo periodo senza che nel frattempo siano stati aggiornati i registri e gli inventari delle emissioni. Siamo partiti dagli studi internazionali per poi analizzare il problema dal punto di vista locale. Il risultato è quello davanti agli occhi di tutti: un'emergenza ben lontana da una soluzione; una pianificazione assente; e intanto si ferma il traffico cittadino ma si autorizzano nuovi impitanti che immettono nell'aria della Pianura Padana sempre più pm 2.5, ozono e ossidi di azoto.

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