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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Alfredo Faieta

Giornalista

L'imbarazzante richiesta dei russi ai diplomatici italiani

C'è una vicenda, finora mai emersa all'opinione pubblica, che sintetizza le pressioni della Russia nei confronti dell'Italia ai più alti livelli diplomatici e che rende bene l'idea del profilo autocratico di Sergei Lavrov, il potente ministro degli Esteri russo intorno al quale è divampata una feroce polemica mediatica e politica dopo la sua intervista di domenica scorsa alla trasmissione Zona bianca, in onda su Rete 4. Una polemica, peraltro, che il governo italiano non ha cercato di spegnere: al contrario il premier Mario Draghi l'ha subito rinfocolata usando parole durissime nei confronti di quel passaggio televisivo che ha definito un “comizio” condito di dichiarazioni “aberranti” di Lavrov e “palesemente false” fino al punto di diventare “oscene” quando il ministro russo ha parlato dell'origine ebraica di Adolf Hitler. Una falsità che è stata utilizzata dal numero due del Cremlino durante la sua apparizione televisiva per accomunare la figura del Fuhrer a quella del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, tacciato anch'egli di un contorto antisemitismo di chi ha origini ebraiche e nello stesso tempo di una volontà di “nazificazione” dell'Ucraina.

Ma Lavrov nella quarantina di minuti di intervento “senza contraddittorio”, come ha rimarcato Draghi, non si è limitato a esporre tesi propagandistiche, ha anche duramente attaccato il ruolo dell'Italia, nazione “in prima fila contro di noi” tanto da essere una “sorpresa negativa” per il Cremlino, che ha già inserito il nostro Paese nella lista di quelli ostili per l'invio di armi a sostegno della resistenza ucraina. D'altronde Mosca era abituata sicuramente a un altro tipo di dialogo con il nostro governo nel passato, sicuramente più morbido e accomodante quando a Palazzo Chigi c'era Silvio Berlusconi o con leader di partito come Matteo Salvini della Lega e Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle.

Ed è proprio sotto il governo giallo verde Conte I che Lavrov si rende attore di una richiesta che dice molto del suo modo di trattare con l'Italia, considerata probabilmente alla stregua di uno stato vassallo della Russia. Una pretesa che ha dell'incredibile se vista con occhi occidentali. Tutto nasce da una visita a Mosca del ministro degli Esteri italiano del tempo, Enzo Moavero. Era l'ottobre del 2018 e il ministro italiano, a colloquio con Lavrov, si era visto consegnare da quest'ultimo un foglio tradotto in italiano con una richiesta ben precisa da indirizzare alla procura della Repubblica di Milano, che in quel momento era impegnata nel maxi procedimento penale per la presunta corruzione di alcuni pubblici ufficiali nigeriani da parte delle compagnie petrolifere Eni e Shell, desiderose di metter le mani su un grande giacimento petrolifero. Tra gli indagati di quel processo c'era – e tutt'ora è in attesa di un giudizio definitivo – un ex ambasciatore russo, Ednan Agaev, diventato poi intermediario in quella vicenda. Ma per Lavrov si trattava di falsità e chiede senza giri di parole che sia depennato dalla lista degli indagati: “La parte russa è convinta che lui non ha compiuto nessun atto illecito” si legge nel documento del quale Milano Today è entrato in possesso. “A questo proposito speriamo che le autorità italiane dimostrino l'approccio ragionevole e dopo le rispettive verifiche trovino la possibilità di cambiare lo stato di Agaev da indagato a testimone”. Un ribaltamento del ruolo, insomma.

Lavrov-2Questa richiesta, del tutto inusuale, aveva messo il ministro italiano in forte imbarazzo, perchè in Italia il potere giudiziario è indipendente da quello politico e una istanza del genere alla procura avrebbe potuto creare uno scandalo politico difficile da gestire a Palazzo Chigi. Ma in quel momento l'unica cosa che aveva potuto fare il ministro Moavero era stata quella di tenere con se' la lettera, che è stata protocollata dal Ministero degli Esteri italiano e poi girata alla procura con una richiesta di informazioni, cui i pm avevano risposto inviando il decreto che aveva disposto il giudizio in aula di tutti gli indagati, Agaev compreso. Che è stato infine assolto nel 2021 dall'accusa di corruzione dopo un lungo dibattimento.

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