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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Salvini "re Mida": il suo nuovo partito incassa oltre due milioni di euro di donazioni

Come spiega l'agenzia AdnKronos che ha potuto visionare il documento, nelle casse della Lega si registra un notevole passo in avanti rispetto a quanto dichiarato per il 2017, quando la disponibilità superava di poco i 30mila euro

Oltre 1,3 milione di euro (1.339.899,65) sono nella disponibilità di 'Salvini premier', il movimento politico del leader della Lega, Matteo Salvini: è quanto si legge nel bilancio 2018, appena approvato.

Come spiega l'agenzia AdnKronos che ha potuto visionare il documento, nelle casse della Lega si registra un notevole passo in avanti rispetto a quanto dichiarato per il 2017, quando la disponibilità superava di poco i 30mila euro.

Di fatto il nuovo partito di Salvini sorpassa, nel 2018, la disponibilità di liquidità del vecchio partito, la Lega nord per l'indipendenza della Padania, con sede a Via Bellerio, che ha chiuso il proprio bilancio - relativamente alla voce 'disponibilità liquide' - segnando un +875mila 321,50 euro.

Il vicepremier si conferma un "re Mida" capace di trasformare i consensi in donazioni destinate al movimento 'Salvini premier': sono infatti le quote del 2xmille i principali proventi del nuovo partito, in totale 2.040.528,16 euro. Il partito inoltre incassa 65mila euro da 'quote associative annuali', mentre il contributo versato nelle casse dagli 'eletti', a cominciare da deputati e senatori ("contribuzioni da persone fisiche") è pari a 306.826,60 euro.

Nelle casse di 'Salvini premier' sono arrivati nel 2018 anche 82.655,00 euro, a seguito di alcune erogazioni messe a bilancio. In particolare, 25 mila euro sono stati 'erogati' da Confagricoltura-Roma e da Telefin Spa -Verona.

Facendo un riscontro con quanto si legge nel bilancio della 'Lega nord per l'indipendenza della Padania', dagli iscritti sono arrivati 'solo' 2.822,40 euro.

Fondi Lega, ma i 49 milioni di euro?

Come abbiamo più volte ricordato è la vecchia Lega Nord a dover restituire i 49 milioni di euro relativi alla sentenza sulla truffa dei rimborsi elettorali relativi al biennio 2008-2010.

Ma da dove parte la vicenda dei rimborsi elettorali "incriminati"? Facciamo ordine e ripercorriamo tutte le tappe. Il "caso" dei fondi della Lega Nord, con al centro i 49 milioni che il partito dovrebbe restituire allo Stato, va avanti dal 2012. Tutto è iniziato quando l’ormai ex tesoriere leghista, Francesco Belsito, venne indagato con le accuse di truffa ai danni dello Stato e riciclaggio per la sua gestione dei rimborsi elettorali. Secondo gli inquirenti, Belsito trasferì all’estero i soldi, in particolare a Cipro e in Tanzania, e li investì in varie attività, tra cui l'acquisto di diamanti. La vicenda portò alle dimissioni di Umberto Bossi dalla carica di segretario, seguite da quelle dei suoi più stretti collaboratori. I rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega Nord e finiti sotto la lente degli inquirenti sono quelli raccolti tra il 2008 e il 2010, per un totale di 48.969.617 euro.

L'ex segretaria di Bossi: "Salvini sapeva dei 49 milioni spariti, ma non fece nulla" 

Secondo l’accusa, i soldi non sarebbero andati solo a investimenti esteri ma utilizzati anche per spese personali, principalmente della famiglia Bossi. Per quanto riguarda l’inchiesta sull’irregolarità nell’utilizzo dei fondi, il Tribunale di Milano nel luglio 2017 ha condannato Umberto Bossi a 2 anni e 3 mesi di carcere, il figlio Renzo Bossi a 1 anno e 6 mesi e l'ex tesoriere Francesco Belsito a 2 anni 6 mesi. Parallelamente si è svolto invece a Genova (passato qui dalla procura di Milano per competenza territoriale) il processo per truffa ai danni dello Stato, riguardante i rendiconti irregolari presentati tra il 2008 e il 2010 al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici. Sempre nel luglio 2017, i giudici liguri hanno emesso le sentenze di primo grado: per il fondatore della Lega Bossi condanna a 2 anni e 6 mesi, per Belsito a 4 anni e 10 mesi e condanne minori per altre 5 persone (tre dipendenti del partito e due imprenditori).

Il sequestro dei fondi e il ricorso 

Nella stessa sentenza, i giudici di Genova hanno disposto anche la confisca diretta di quasi 49 milioni a carico del Carroccio, perché "somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”. Nel settembre 2017, la Procura di Genova ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma indicata. Ma le cifre effettivamente sequestrate nell’anno successivo ammontano a poco più di 2 milioni, soldi reperiti sui conti della Lega sparsi in tutta Italia. Per poter proseguire nell’esecuzione del sequestro, bloccando anche le somme ottenute successivamente dal partito, i pm hanno inoltrato una richiesta. Quest’ultima è stata però respinta dal Tribunale del Riesame di Genova. La decisione del Riesame è stata però poi ribaltata il 12 aprile 2018, quando la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, stabilendo "l'esistenza di disponibilità monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto di reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all'esecuzione del provvedimento genetico”.

La Suprema Corte ha quindi rinviato gli atti ai giudici del Riesame di Genova, chiedendo loro di pronunciarsi nuovamente ma seguendo le indicazioni della Cassazione (quindi a favore dell’estensione del sequestro). Nel frattempo, sempre a Genova, è stata aperta un'inchiesta per riciclaggio, a carico di ignoti, sui soldi in questione, o almeno su una parte. Il sospetto dei giudici è che parte dei 49 milioni siano finiti all’estero, per poi rientrare in Italia, per sfuggire al sequestro. Sui conti del Carroccio, infatti, i magistrati non sono riusciti fino ad ora a reperire somme utili a coprire la cifra totale. Nel settembre 2018, il Tribunale del Riesame di Genova ha quindi accolto il ricorso della Procura, confermando il sequestro dei fondi della Lega. Nelle loro motivazioni i giudici scrivono che "siccome la Lega Nord ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato […] in quanto oggettivamente confluite sui conti correnti non può ora invocarsi l'estraneità del soggetto politico rispetto alla percezione delle somme confluite sui suoi conti e delle quali ha direttamente tratto un concreto e consistente vantaggio patrimoniale". Una decisione contro cui però la Lega ha fatto ricorso in Cassazione. Intanto il partito ha deciso comunque "di mettere a disposizione della procura somme di 100mila euro con cadenza bimestrale, pari a 600mila euro l'anno".

Questo fino al raggiungimento dei 49 milioni, in una sorta di pagamento a rate. Nuovamente in Cassazione, dopo il ricorso della Lega, il procedimento è stato respinto dalla Suprema Corte. Nel novembre 2018, i giudici hanno infatti confermato il sequestro dei 49 milioni, pur mantenendo l’accordo per la rateizzazione (per il quale ci vorranno quasi 80 anni per estinguere il “debito” verso lo Stato). 

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