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Giovedì, 28 Marzo 2024
A che punto siamo

La legge del metro e mezzo per salvare la vita ai ciclisti

L'Italia è il Paese con il più alto tasso di mortalità per chilometro pedalato: muore un ciclista ogni due giorni. Una situazione che impone un intervento normativo. Il tema è tornato sul tavolo della politica

La tragica morte di Davide Rebellin ha sconvolto il mondo del ciclismo. Rebellin è morto a 51 anni, investito da un camion mentre stava pedalando lungo una strada regionale in località Montebello, vicino a Vicenza. L'ex ciclista è stato investito a uno svincolo da un camion guidato da un autista che poi non si sarebbe fermato e, forse, nemmeno accorto di quanto successo. "Rimango tremendamente scioccato nell'apprendere questa triste notizia. Che la terra ti sia lieve, Davide", ha commentato sui social Vincenzo Nibali, a lungo suo compagno di nazionale. Poi ha aggiunto: "È stato un vero choc. Era una persona vera, molto tranquillo e un grande professionista. La sicurezza sulle strade è un obiettivo da perseguire a tutti i costi".

"Anche a me anni fa è capitato di essere 'stretto' dal rimorchio di un camion in una curva, durante un allenamento. Mi è andata bene, perché sono stato solo sfiorato ma la sensazione di terrore l'ho ancora ben presente", ha proseguito Nibali. Nibali è a favore della proposta di inserire nel codice della strada una norma che obblighi a rispettare la distanza minima di un metro e mezzo in fase di sorpasso di un ciclista. "È un passo avanti, anche se poi nella pratica e su certe strade non è facile - ha detto - . Un metodo più sicuro per andare su strade aperte in allenamento è stare affiancati a due a due, perché si è più visibili per chi è al volante".

Dell'incidente e delle norme di sicurezza ha parlato anche Cordiano Dagnoni, presidente della Federazione ciclistica italiana (Fci). "La scomparsa di Davide ci ferisce profondamente per due motivi. Prima di tutto perché una tragica notizia vede coinvolto ancora una volta un ciclista - ha commentato Dagnoni -. Pur non conoscendo ancora bene la dinamica dell'incidente, è evidente che ancora molto bisogna fare in questo Paese riguardo la cultura del rispetto. Ci tengo a sottolineare che il nostro sport vive sulla strada, soprattutto in occasione degli allenamenti. È da tempo che la Federazione sollecita le istituzioni ad intervenire con provvedimenti adeguati. Poi perché tocca un componente della nostra grande famiglia, che ci ha entusiasmato con le sue imprese e che ha corso nel gruppo fino ad un mese fa. La bicicletta era la sua vita, anche adesso che aveva deciso di smettere, ed è un destino beffardo quello che l'ha travolto".

La legge del metro e mezzo "salva ciclisti": a che punto siamo

In Italia non esiste una legge sulla distanza minima da tenere quando, con un mezzo a motore, si sorpassa un ciclista che sta pedalando su strada. La proposta di legge del metro e mezzo per il sorpasso sicuro dei ciclisti, tuttavia, nei giorni scorsi è tornata di nuovo in Parlamento. Il deputato dem Mauro Berruto, responsabile sport della segreteria nazionale del Pd ed ex ct della Nazionale di pallavolo, ha presentato una proposta di legge per tentare di porre rimedio alla strage di ciclisti sulle strade italiane. Il tema è tornato sul tavolo della politica, quindi. Bisognerebbe fare in fretta per approvare la legge, dopo vari tentativi infruttuosi negli anni scorsi.

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L'Italia è il Paese con il più alto tasso di mortalità per chilometro pedalato: muore un ciclista ogni due giorni. Una situazione che impone un intervento normativo. "1,5 metri è un simbolo che dice che il ciclista ha diritto di stare in strada, ma è anche la misura che fa la differenza tra la vita e la morte in fase di sorpasso tra un utente debole e un mezzo pesante, non a caso in tanti Paesi questa legge è stata introdotta già da tempo", ha detto Marco Cavorso, responsabile sicurezza dell'associazione corridori ciclisti professionisti italiani.

Il metro e mezzo di distanza, "insieme alla diminuzione della velocità massima e a pene più severe per chi guida distratto dal cellulare è ciò che dobbiamo pretendere perché le nostre strade siano davvero per tutti - ha continuato Cavorso -. Lo chiedono le cicliste e i ciclisti professionisti che pedalando svolgono il loro lavoro quotidianamente in una sede tra le più rischiose in assoluto, lo meritano i bambini e tutti coloro che devono poter usare la bicicletta senza rischiare di non tornare a casa dai propri cari".

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