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Mercoledì, 24 Aprile 2024
LA RIFORMA

Le Province cambiano, ma restano: "E' l'ennesima legge truffa"

La Camera ha approvato il disegno di legge sulle Province e le città metropolitane: gli enti locali più discussi della storia repubblicana si allargano e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini

ROMA - E nel pieno della notte la Camera rivoluzionò le Province. L'assemblea di Montecitorio ha approvato il disegno di legge sulle Province e le città metropolitane con 277 voti favorevoli e 11 contrari (Sel). Hanno votato a favore Pd, Nuovo centrodestra, Scelta civica, Per l’Italia; contro Lega e Sel. Non hanno partecipato alla votazione in segno di protesta la Lega Nord, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle. Si tratta solo del primo passo per l’ok definitivo: il provvedimento deve ora passare all’esame del Senato.

ECCO LE NOVITA': PROVINCE "ENTI LEGGERI" - Cosa prevede la nuova normativa? Le nuove norme prevedono la trasformazione dei consigli provinciali in assemblee dei sindaci, che lavoreranno a titolo gratuito; l’istituzione di 9 città metropolitane; la disciplina della fusione dei Comuni. Nell’intento del disegno di legge promosso da Graziano Delrio (Pd), che dovrà essere ora discusso dal Senato, le Province comprenderanno aree più vaste di quelle attuali e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini, ma dagli amministratori locali, che sceglieranno tra i sindaci dei comuni del territorio. Rispetto a oggi, non bisognerà pagare gli stipendi a presidenti, consiglieri e assessori. La struttura portante della Repubblica delle autonomie dovrebbe avere il suo perno su due soli livelli territoriali di rappresentanza politica: i Comuni e le Regioni. Gli enti locali "intermedi", le Province appunto, verrebbero insomma rivoluzionati senza essere aboliti. 

"I CITTADINI NON POTRANNO PIU' VOTARE" - Che si tratti di una disciplina complessa e controversa è evidente a tutti, ma in particolare a Antonio Saitta, presidente dell’Unione delle Province Italiane che ha polemizzato contro la decisione, presa con la legge di stabilità, di cancellare le prossime elezioni del 2014 per le 52 province in scadenza e le 20 commissariate nel 2012. "Il governo e il Parlamento - attacca Saitta - diranno che hanno abolito le province, ma la verità è che non solo sono state mantenute, ma è stato fatto un gran pasticcio che ci preoccupa. Perché con questo pasticcio sono a rischio servizi essenziali per i cittadini". Viene leso "un diritto inalienabile di cittadinanza, l'Upi presenterà ricorso e il primo, da privato cittadino, sarà il mio", ha detto Saitta. E ancora: "Vietando ai cittadini di votare chi li amministrerà, la legge di stabilità lede il diritto di voto libero, segreto, e non limitabile, sancito dall'articolo 48 della Costituzione". 

"CAMBIANO SOLO NOME: UNA TRUFFA" - E se l'Upi annuncia il ricorso alla magistratura, la deputata del M5S Giulia Grillo si scaglia contro il governo: "Un altro dei disegni di legge truffa scritto dal Pd che finge di abolire le province - scrive su Facebook - e di fatto cambia solo il nome, se possibile peggiorando il groviglio amministrativo contabile e di responsabilità gestionale che già con le province era a livelli di allerta".

IL COMMENTO DI DELRIO - “Dopo tanti anni di attesa – scrive Delrio su Facebook – un passo avanti enorme per semplificare i livelli amministrativi del Paese ed essere più vicini a cittadini e imprese”. Il ministro per gli Affari regionali elenca poi i punti salienti. “Le 9 città metropolitane, dopo trent’anni, per dare slancio alla crescita del Paese; per la prima volta non ci saranno le elezioni provinciali e, in attesa del disegno costituzionale di abolizione, le Province si riducono a enti leggeri con poche funzioni, molto utili ai comuni”. Poi prosegue: “I piccoli comuni potranno lavorare più facilmente insieme, nelle unioni, con meno burocrazia e più autonomia; si lavora alla soppressione di centinaia di enti impropri e inutili e si inizia la riorganizzazione dello Stato. Se tutto questo sembra poco…”.

LE POLEMICHE ALLA CAMERA - La normativa non piace a Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Lega Nord. Ecco perché l'approvazione del disegno di legge, avvenuta in nottata, ha scatenato polemiche e bagarre in Aula. Nel pomeriggio ci sono state contestazioni quando Renato Brunetta ha chiesto che si riunisse la conferenza dei capigruppo alle 18 in punto, come da convocazione ufficiale. Naturalmente questo avrebbe comportato la sospensione della seduta e il probabile rinvio dell’esame della legge. Di fronte alla «resistenza» del presidente di turno Simone Baldelli (Fi), che ha fatto proseguire il confronto, berlusconiani, pentastellati e Carroccio hanno abbandonato l’assemblea, sospesa poi su richiesta di Sel. Tensione e battibecchi hanno scaldato gli animi, fino a quanto il capogruppo di Fi non ha attaccato Laura Boldrini per non aver rispettato l’ora di convocazione della capigruppo. La conferenza si è poi riunita, decidendo una prosecuzione ad oltranza in seduta notturna fino all’approvazione della legge. Che, c'è da scommetterci, farà parlare di sé anche sotto l'albero.

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