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Venerdì, 29 Marzo 2024
Governo

Prima le primarie, poi la fiducia: ecco l'agenda di Letta

Il premier chiederà lunedì a Napolitano di aspettare per il voto di fiducia all'Esecutivo: il terzo voto in meno di un anno dopo le primarie del Partito democratico. Forza Italia non ci sta: "Per il premier viene prima il suo partito dell'Italia"

“Valuteremo insieme al capo dello Stato un percorso che sono certo consentirà un chiarimento tra le forze politiche, dove ognuno si assumerà le responsabilità. Proporrò a Napolitano di aspettare le primarie del Pd dell’8 dicembre. Poi, subito dopo, andrò in Parlamento a chiedere il voto di fiducia”. In meno di otto mesi, da quando è stato nominato presidente del Consiglio dei ministri (28 aprile 2013), Enrico Letta è pronto alla terza fatica parlamentare (al netto delle verifiche su leggi o singoli provvedimenti). Ma non subito, dopo le primarie dell’Immacolata, quindi, a congresso Pd concluso e con Renzi, molto probabilmente, segretario dei dem. La fiducia atto terzo in meno di un anno di Governo. Un bel record, non c’è che dire.

Ieri sera una delegazione di Forza Italia è salita al Colle per chiedere a Napolitano la formalizzazione della crisi. Il Capo dello Stato, non ha aperto la crisi ma ha invitato Letta ad un nuovo passaggio in Parlamento per ridefinire i perimetri della nuova maggioranza. Per far chiarezza. Un misero risultato per i falchetti del Cav. Per un motivo: la crisi, nei numeri non c’è. Certo la piattaforma numerica del governo si è asciugata, ma non prosciugata. E non si può più parlare di larghe intese alla tedesca ma di un patto tra Pd e moderati (Ncd e Scelta Civica e Popolari di Casini).

FIDUCIA ATTO TERZO – Tuttavia, anche se dimagrito, il governo per ora non andrà sotto. E’ per questo che Letta se l’è presa comoda. “La nuova fiducia che chiederemo al Parlamento – ha detto il premier da Vilnius – ci consentirà di passare da un primo tempo giocato in difesa a un secondo tempo giocato in attacco”. Come dire, senza il peso specifico di Berlusconi, che fino a settembre è stato l’azionista di riferimento di questo esperimento andato in pezzi, il Governo farà il Governo. E non il maggiordomo. Per questo Letta è convinto che il governo uscirà “rafforzato” dalla fiducia. E per quel che riguarda la slavina Forza Italia? “La squadra del Consiglio dei ministri funziona, ovviamente ci sono le dimissioni dei sottosegretari e dei viceministri”, anche se le lettere di addio “arrivano con il contagocce...”.

FORZA ITALIA – Letta ha in mente la via comoda e allungata, Forza Italia attacca. Prima con Brunetta: “Il premier antepone le vicende interne al Partito democratico ai suoi doveri istituzionali. Siamo certi che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo richiamerà ad essere responsabile nei confronti del Parlamento e nei confronti del Paese, prima che davanti al suo partito”. Poi con Daniela Santanchè, che se la prende con tutti, Letta. Napolitano e l’odiato Alfano: “Per la verifica di governo, Letta vuole aspettare Renzi il quale è in attesa di capire cosa farà Alfano che come al solito attende ordini dal Quirinale. L’unica cosa certa è che questi quattro signori hanno aumentato le tasse agli italiani”.

Fin qui, ordinaria amministrazione. Niente di nuovo sotto il sole. Certo Letta, con una maggioranza al Senato di appena una decina di seggi, dovrà sperare che nessuno prenda il raffreddore. Anche perché il precedente di Prodi (2006-2008) e il Berlusconi bis salvato dai Responsabili di Scilipoti non sono precedenti confortanti. D’altra parte, però, oggi la situazione è radicalmente diversa. Alfano, rotto con Berlusconi, per prendersi lo scettro dei moderati (o più semplicemente non fare la fine di Gianfranco Fini) è obbligato a restar fedele al premier, almeno fino a quando Berlusconi, consumato dalla storia, dai processi e dall’interdizione ai pubblici uffici, non avrà più voce in capitolo. Il tempo della dimenticanza, in un Paese che dimentica tutto e in fretta, è il suo migliore alleato.

INSIDIE LETTA – Eppure in questa faccenda c’è da fare alcune precisazioni di peso. Letta, se oggi si sente al riparo dalle minacce di un Cavaliere a piede libero, sa che le spine non mancheranno. Una, bella appuntita, l’ha in casa. Si chiama Matteo Renzi che è già lì pronto, con i suoi “finish” a fare il colpaccio: uccidere il governo colpevole di stantia inutilità. Certo, per far questo dovrà avere dalla sua la maggioranza assoluta del Pd. Attenzione: la maggioranza nell’assemblea dei democratici è praticamente certa. Il sindaco tuttavia punta a far sì che questa sia a trazione renziana. Per questo nelle liste congressuali sta cercando di depennare i franceschiniani di AreaDem, così tanto per avere il controllo assoluto della macchina. Un passaggio obbligatorio, volesse il caso che gli prendesse la voglia di mandare in castigo il ‘pisano’.

Dall’altra parte, Alfano, è già sugli scudi. E il problema è sempre lo stesso: Renzi. Lo stesso che da qualche ora, vista la decadenza del Cav, e visto la fuoriuscita di Forza Italia dalla larghe intese, con il Pd che si è fatto numericamente l’asso piglia tutto, si è messo a spingere per ipotetici rimpasti di governo. Ma soprattutto si è messo in testa che, da ora in poi, il Partito democratico dovrà essere il nuovo padrone dell’agenda dell’esecutivo. E così se ‘Matteo’ pone i suoi “finish”, ‘Angelino’, che non vuol essere ricordato come il salvagente o la costola della sinistra, va di aut-aut: “Abbiamo parlamentari sufficienti per tenere in vita il governo ma anche viceversa”. La vera sfida di Letta, dall’8 dicembre in poi è tutta qui: non discreditare Renzi dalla fenomenogia del rottamatore. Accreditare Alfano alla guida dei moderati. Blindare un governo che vada bene a tutti (senza bruciarsi per le future primarie contro Renzi). Di sopravvivenza, quindi. La domanda: a costo di far poco, a costo di far male?

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