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Venerdì, 19 Aprile 2024
Ore di stallo

Mario Draghi al Quirinale: perché il premier può farcela

E' sempre in pista, anche se per ora pesano i veti incrociati. Il suo è l'unico nome che oggi potrebbe unire centrodestra e centrosinistra. La carta nascosta di Salvini è Casellati: in quel caso la fine della legislatura è un'opzione vera

Quirinale, è stallo. La rosa di tre nomi del centrodestra (Moratti, Nordio, Pera) non sembra avere prospettiva alcuna, c'è chi lavora per l'ipotesi Elisabetta Casellati (ma la presidente del Senato non è quel profilo "condiviso" e "alto" che auspica il Pd). Le quotazioni di Mario Draghi non sono mai state così basse, ma c'è chi assicura che alla fine la spunterà proprio lui. Intanto la seconda votazione è stato uno stanco rito di schede bianche e nomi di fantasia. Viene stoppata l'idea M5s di presentare una rosa di nomi contrapposta a quella del centrodestra. Mancano solo 24 ore alla quarta votazione, quella cerchiata in rosso, dove il quorum scende a 505, e dalla quale potrebbe uscire il nuovo Capo dello Stato. Dopo il movimentismo di lunedì, la sensazione è che tutto sia tornato indietro. Ad oggi il nome del premier è più debole, quasi fuori dalla scena ma pronto a 'risorgere' all'improvviso. Draghi va al Colle solo con un’iniziativa politica. Serve la politica vera, finora se ne è vista proprio poca.

I nomi proposti dal centrodestra non hanno speranza

Le "rose di nomi" contrapposte avrebbero protratto il gioco di specchi, il tatticismo. Dunque il centrosinistra non giocherà lo stesso gioco di Salvini e Meloni. Nessuna rosa. "Abbiamo evitato la guerra delle due rose", dice con una battuta Roberto Speranza. In realtà ha pesato anche il timore che il centrodestra potesse poi incunearsi tra i "giallorossi", lanciando alla quarta chiama la Casellati. Le diffidenze sono ancora in piedi fra Movimento 5 stelle, Partito democratico e Liberi e Uguali. Dopo uno slittamento di un paio d'ore per avere il tempo di valutare la "rosa" delle candidature del centrodestra, Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza si riuniscono alla Camera e dopo una lunga e impegnativa riunione alla quale partecipano anche i capigruppo parlamentari delle tre forze politiche, partoriscono una nota congiunta nella quale chiedono al centrodestra un tavolo ristretto (con i soli leader) per "giungere ad una soluzione condivisa su un nome super partes". Letta commenta alludendo a un conclave "a pane e acqua", Speranza sottolinea la scelta di non controproporre nomi a quelli del centrodestra: "non abbiamo bisogno della guerra delle due rose". Conte rivendica la scelta fatta perché così "acceleriamo il dialogo con il centrodestra", anche se in serata arriva la secca replica di Salvini che accusa i tre di porre solo "veti".

La premessa condivisa dai tre leader, infatti, è che "non riteniamo che su quei nomi (del centrodestra, ovvero Carlo Nordio, Letizia Moratti e Marcello Pera, ndr) possa svilupparsi quella larga condivisione in questo momento necessario". La diffidenza, secondo una lettura accreditata nel centrosinistra e condivisa anche da qualche ambiente parlamentare a 5 stelle, è che il tavolo con tutti i leader serva a evitare fughe in avanti di singole forze politiche e eccessive "sintonie" fuori dal campo della coalizione, come quella rivendicata da Conte lunedì dopo l'incontro con Salvini. Interpellando fonti di primo piano, tuttavia, dai 5 stelle giunge una secca smentita: "Era condivisa la decisione di fare tavoli separati, lo oggi quella di chiedere un vertice con tutti dentro", dicono.

Casellati è un nome difficile da accettare per il centro-sinistra che ha in mente (nel caso) di votare scheda bianca per costringere Salvini a contarsi con il rischio di andare sotto. Se Salvini dovesse davvero puntare su Casellati portandola in aula domani è chiaro , nota il Sole 24 Ore,  "che avrebbe il consenso di una parte del fronte opposto perché i numeri - come ha detto Meloni ieri - il centrodestra da solo non li ha. I principali indiziati sono i Cinquestelle che Casellati la votarono all’inizio della legislatura, poco prima di dar vita al governo con la Lega". Sarebbe la fine dell'alleanza Pd-M5s.

Mario Draghi può ancora farcela

Nelle ultime ore sembra tenere la linea di Conte sul rifiuto di spostare Mario Draghi da Palazzo Chigi. A Montecitorio più voci valutano come oltre la metà dei grandi elettori M5S contrari a Draghi. Non è detto che le cose non cambieranno, anzi. Matteo Renzi è convinto che il premier abbia ancora molte possibilità di essere eletto presidente della Repubblica. Il leader di Iv lo ha detto parlando a 'Cartabianca': "Draghi ha molte possibilità ancora". Circola l'indiscrezione Giorgetti.  Sarebbe il leghista l'asso nella manica di Salvini. L'attuale ministro del Carroccio sarebbe il nome per una staffetta a Palazzo Chigi con Draghi che così andrebbe al Quirinale.

Draghi oggi è lontano dal Quirinale. Ma ci potrebbe finire lui, vista l'assenza di alternative credibili. Dalla Lega non arrivano segnali rassicuranti, ma Davvero Salvini non vuole Draghi o è soltanto tattica? Palazzo Chigi continua a confidare in una svolta del leader caduto sul Papeete, ma certo l’insistenza con cui chiedono al premier di restare al suo posto inizia a pesare. I governatori del Carroccio, però, preferirebbero vedere Draghi al Quirinale. "Lo volete davvero lì? - domanda il Presidente veneto Luca Zaia conversando con alcuni colleghi in un angolo della Camera - Allora dovete proporlo voi del Pd".

Il punto è che Giuseppe Conte non vuole Mario Draghi al Quirinale ("l’Italia non può permettersi di fermarsi, Draghi è come il timoniere che nel momento della tempesta ha il dovere di rimanere a bordo della sua nave") e i pentastellati sono il gruppo più folto in parlamento. Se qualcosa non cambia, è stallo. 

Non la penso così l'amico-nemico Luigi Di Maio. Racconta oggi la Stampa che  tutta l'ala del Movimento che fa capo a Di Maio rimane convinta che alla fine, in un modo o nell'altro, al premier si arriverà: "Il ministro degli Esteri lo ha detto in videocall a Conte, Todde, Patuanelli, Taverna , Gubitosa, Ricciardi. E loro gli hanno spiegato, tutti: "Luigi, non c'è nessun veto, ma se lì si dovesse arrivare dopo uno scontro, sappi che noi non avalleremmo l'entrata in un nuovo governo". Hanno detto che deciderà il blog, certo, ma agli iscritti saranno spiegate esclusivamente le ragioni per non entrare. Non basta a convincere il capo della Farnesina. Spiega uno dei deputati a lui più vicini, incaricato di fare i primi sondaggi: 'Anche se il Movimento si mettesse contro, 170-180 voti andrebbero su Draghi. Perché altrimenti la maggioranza si spacca e il governo cade. A quel punto, se noi diciamo che non entriamo nel governo, il Pd fa lo stesso e la pressione dei parlamentari sarà talmente forte che dovremo invece entrarci tutti. Come quando Draghi fu chiamato da Mattarella'."

Ci sono determinati passaggi da consumare prima di capire se sia davvero finita o se, al contrario, il nome di Draghi spunterà al momento giusto: dipenderà dal vertice comune tra i leader del centrodestra e i giallorossi. Matteo Salvini non ha ancora dato una risposta ufficiale ad Enrico Letta. Era stato il segretario del Pd a preannunciare al presidente del Consiglio, al telefono, che si sarebbe fatto promotore della proposta di far sedere allo stesso tavolo Salvini, Giuseppe Conte del M5S, Antonio Tajani di Forza Italia. Dall'esito dei colloqui tra i leader si capirà quanto la strada verso il Colle sia agevole. Oppure, se la frana dei veti sia impossibile da sgomberare.

Draghi può farcela perché tutte le proposte che verranno avanzate verranno sentite come di parte. E siccome le parti non vogliono perdere, è logico pensare che il salvatore della partria possa essere di nuovo un punto di riferimento che possa far dire a tutti: "io ero dalla sua parte, e quindi ero dalla parte giusta, e dunque non ho perso".

Sullo sfondo, resta sempre lui, Pierferdinando Casini: lui sarebbe sempre il risultato di una somma di debolezze che si saldano, più che una decisione forte e condivisa. Una volta che il muro contro muro si sarà consumato, la figura bipartisan e tutta politica di Pier Ferdinando Casini può essere vincente. Lui non a caso ieri ha postato sui social una foto di se stesso diciannovenne con il commento "la passione per la politica è la mia vita!".

L'ipotesi elezioni anticipate

"Quel che sta accadendo a Montecitorio - scrive Claudio Tito su Repubblica - sta dimostrando che tutto sta andando fuori controllo. E che l’unica soluzione che questo Paese non può tollerare, ossia il voto prima della scadenza naturale della legislatura, rischia di trasformarsi in un’opzione possibile. Magari cercata da qualcuno e subita in via preterintenzionale da tutti gli altri. In una sorta di commedia dell’inconsapevolezza".

Le elezioni anticipate sono un convitato di pietra che tutti nascondono. "Pensare di poter realizzare un blitz su un candidato di parte senza conseguenze, significa infatti aver smarrito il principio di realtà. Salvini, invece, questo tentativo lo sta compiendo. È un disegno politico. Non è e non può essere frutto del caso. Vuole sostituire Sergio Mattarella con la presidente del Senato Casellati. Non è in discussione il diritto di una formazione politica ad avanzare nomi e suggestioni. Ma la Lega e Forza Italia fanno parte di una maggioranza di governo. Eleggere un capo dello Stato contro gli altri che sostengono l’esecutivo, non sarebbe senza conseguenze: equivale a provocare una rottura. In questo contesto difficilmente sanabile. Anzi, sarebbe l’apertura formale di una crisi che difficilmente offrirebbe una via alternativa alle elezioni. Questo è il nucleo più profondo del problema".

Inoltre nel centrodestra dopo il passo indietro di Berlusconi il pacchetto di voti di Forza Italia è stato di fatto messo all’incanto. Lega e Fratelli d’Italia se lo vogliono accaparrare. E hanno bisogno delle urne. Scommettere sulla Casellati offre anche questa opportunità. Il giorno dopo l’ascesa al Colle, il governo Draghi rischierebbe di cadere al primo voto in aula.

Sono ore complicate. Il segretario del Pd Enrico Letta continua a lavorare con il leader di Leu Roberto Speranza all’ipotesi Draghi ritenendola l’unica che può garantire a questo punto la prosecuzione della legislatura, dal momento che il muro contro muro comporterebbe l’uscita di scena del premier e l’avvicinarsi delle urne anticipate. Letta sempre più fatica a tenere l’”alleato” Conte nel fronte contrapposto a quello del centrodestra guidato dal leader della Lega Matteo Salvini.

A dimostrazione che tutto è ancora teatro, mentre Enrico Letta sta parlando ai cronisti - davanti al corridoio sospeso che collega i due palazzi della Camera - passa Giorgia Meloni e lui scandisce forte: "Quelli di centrodestra sono nomi sicuramente di qualità e li valuteremo senza spirito pregiudiziale". La leader di Fratelli d'Italia risponde mimando un applauso: "Bravo, bravo!". E insomma, si è fermi alla commedia. Un film di cui nessuno conosce il finale, nemmeno i diretti interessati. 

Draghi indispone i partiti, dal M5S la carta segreta a Salvini per il Quirinale

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