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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'intervista

"Riapriamo il dialogo con il M5s. Il Pd? Andiamo oltre, senza porci limiti"

Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, è potenziale candidato alla carica di segretario del Pd e parla direttamente a Today: "Darò il mio contributo"

Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e vicepresidente del Partito democratico dal 2013 al 2017, è tra i potenziali candidati alla carica di segretario nazionale del Pd. Sempre se ci sarà ancora un Partito democratico. Intanto però la corsa al dopo Enrico Letta è partita. In corsia uno c'è il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini che si è detto disponibile. 

E lei sindaco? Giorni fa aveva detto che non era tempo di nomi e cognomi ma visto che si è fatto avanti Bonaccini, forse quel tempo è arrivato. Lei che fa, si candida a segretario del Pd?
"Vediamo. Per i nomi ancora c'è tempo, il percorso indicato è un percorso approfondito, giusto. Di certo darò il mio contributo. Ci sarò per dare un contributo dalla sinistra di prossimità, quella che, nei territori, in questi anni, nonostante tutto ha vinto e convinto. Quella che riesce a intercettare quel voto popolare che, a livello nazionale, purtroppo non riusciamo a intercettare come dovremmo. I nomi poi si decideranno alla fine". 

Senta Ricci ma quale è la sua analisi della sconfitta del Pd? La dirigenza ha sbagliato sull’alleanza con M5s e sul "buco" della riforma elettorale o c'è altro?
"La ragione principale è la divisione. La destra, in un accordo di potere, prima ha fatto cadere Draghi e poi si è messa insieme, pur avendo tanti elementi di divisione mentre il fronte democratico si è diviso in tre. Quindi la maggioranza del Paese non è di destra ma la maggioranza in Parlamento è largamente di destra. Questo ci deve far riflettere molto su una legge elettorale pessima, che non abbiamo provato a cambiare quando ne avremmo avuto l'opportunità, anche se era comunque difficile perché il Pd rappresentava solo una piccola parte del Parlamento".

Quindi l’errore è vostro che non avete cambiato la maggioranza?
"L'errore è di chi aveva la maggioranza in Parlamento. Noi abbiamo avuto due opportunità: dopo le amministrative dell'anno scorso nelle grandi città, quando era stata avanzata da tanti la proposta di fare il proporzionale con lo sbarramento al 5%; e poi abbiamo avuto un'altra opportunità con la rielezione di Mattarella, con la crisi del sistema politico dei partiti. E anche lì abbiamo perso l'attimo. Poi non è detto che sarebbe andata ma io ci avrei provato". 

Quindi doveva provarci il M5s in primis e non hanno neanche provato. Eppure sono stati vostri alleati di governo. 
"Come dicevo, da una parte una legge elettorale pessima e dall'altra ci dobbiamo interrogare sul tema delle alleanze. Anche perché tra qualche mese si voterà per le Regionali e nel Lazio, in Lombardia e in Molise, non possiamo fare lo stesso errore delle politiche. Il problema non era il fronte largo, come qualcuno diceva nei mesi scorsi ma era non essere riusciti a farlo. La questione si riproporrà, anche se non c'è nessuna alleanza vincente se il Pd non si rafforza, non cambia e non va oltre ciò che è stato fino ad oggi". 

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Andare oltre il Pd ma come? Rosy Bindi ha addirittura parlato di scioglimento del Pd. Lei è d'accordo? Il Pd si scioglierà?
"Sicuramente bisogna andare oltre il Pd che c'è: pensare un nuovo Pd o un soggetto politico più largo però attenzione a non buttare la base dalla quale partiamo perché abbiamo comunque un 19% di elettori e non bisogna buttare il bambino con l’acqua sporca. Bisogna cambiare, pensare anche qualcosa di nuovo ma dobbiamo innanzi tutto rimotivare un popolo affranto, deluso, arrabbiato e quindi occorre farlo con grande determinazione. Anche con sorriso. La sinistra non può essere un dibattito triste, deve essere un dibattito approfondito per ripartire con entusiasmo, altrimenti non aggregheremo nessuno".

Enrico Letta ha detto che il congresso potrà essere il luogo in cui mettere in discussione tutto, anche simbolo e nome del partito. Lei li cambierebbe? 
"Io non metterei limiti alla nostra discussione. Non credo che si possa partire dal simbolo o dal nome perché rischia di diventare un’operazione di marketing. Prima dobbiamo rinnovare il contenuto nel pensiero, nel linguaggio e nell’organizzazione e poi si discuterà del nome e del simbolo". 

Quindi qual è la sfida vera?
"La sfida vera è recuperare un animo popolare che a livello nazionale, negli ultimi anni, si è fortemente sbiadito".   

Si è talmente sbiadito che Boldrini è stata duramente contestata dalle femministe in piazza. Vi accusano di "non difendete più gli interessi di chi vive nei quartieri popolari". Come guarda a quanto accaduto a Boldrini?
"È sempre difficile andare in piazza. Le nuove generazioni devono rappresentare una radicalità più forte, anche una critica rispetto ai gruppi dirigenti per cui non mi sorprende ciò che è successo. La cosa che mi colpisce è che quel popolo di persone meno abbienti, che non arrivano alla fine mese, di lavoratori precari, a volte di sfruttati, di famiglie in difficoltà, difficilmente ci vota a livello nazionale e invece spesso ci vota a livello locale. Questo significa che la sinistra di prossimità è popolare e se riesce a costruire un metodo e un linguaggio per aggiornare i principi dai quali veniamo e anche un'organizzazione, può andare in quelle case e diventare elemento di riferimento. Per fare questo serve l’apporto di tutti. Io sicuramente darò mio contributo e sono convinto che tanti amministratori locali a vari livelli lo faranno perché non possiamo disperdere questa grande energia locale che in questo momento rappresenta il settanta percento dei comuni italiani governati da sindaci progressisti e riformisti". 

La ricetta di Matteo Ricci per vincere le Regionali?
"L'alleanza larga. Capisco che non è semplice per tutte le cose dette in campagna elettorale ma noi vinciamo con un Pd forte e una maggioranza larga. Poi ogni Regione ha caratteristiche a sé. Però è chiaro che il nostro atteggiamento deve essere quello di una coalizione larga anche perché le Regionali, come i collegi maggioritari delle politiche, si vincono con un voto in più, quindi con maggioranza relativa e se andiamo divisi come alle politiche si regalano le regioni alle destre in partenza. Sarebbe la beffa oltre il danno delle politiche".

Alleanza larga anche con Movimento 5 Stelle?
"A partire dai 5 stelle. Io ci governo da due anni e le cose stanno andando molto bene. E di certo prima non mi volevano bene".

Facile a livello locale ma lei riaprirebbe il dialogo con M5s anche a livello nazionale?
"Certo che va riaperto, io stavo parlando in uno scenario per le Regionali ma in vista anche per il nazionale. Conte ha responsabilità storiche enormi per la caduta del governo Draghi, che ha aperto le porte alla destra. Così come credo che ci siano responsabilità di Renzi che ha fatto cadere il governo Conte due, io lo chiamo il governo Conte-Gualtieri, che invece poteva dare una prospettiva politica alla coalizione giallorossa. Al di là di aquesto ci sono tre opposizioni in Parlamento, se saranno in grado di lavorare insieme saranno più forti. Però ripeto. Non c'è alleanza che tiene se il Pd non si rafforza e non diventa una cosa nuova più attrattiva". 

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