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Giovedì, 25 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Che fine ha fatto Salvini dopo la figuraccia in Polonia?

Che fine ha fatto il Matteo Salvini debordante, che ne ha per tutti, che commenta col sorriso sardonico o con la faccia arrabbiata qualsiasi lancio d'agenzia, su ogni tema, dalla guerra in Ucraina fino alle energie rinnovabili? Il mezzo silenzio mediatico (che come vedremo, tale non è)  degli ultimi giorni ha colpito molti. Nessun problema, si tratterebbe secondo alcune voci a lui vicine di "una scelta tattica, non può essere che per la sua generosità Salvini finisca sempre per fare da bersaglio". Ai fedelissimi del segretario non è affatto sfuggito il cambio di passo del leader, da settimane attento a evitare il più possibile giornalisti e telecamere, dopo l'imbarazzante trasferta in Polonia e la maglietta con il volto di Putin sventolata dal sindaco di Przemysl, che gli ha ricordato le sue simpatie putiniane, rinfacciandogli la famosa foto scattata nella piazza Rossa di Mosca con indosso la t-shirt del leader russo. "Io non la ricevo", ha detto Wojciech Bakun, "venga con me al confine a condannare Putin". Qualcosa s'è rotto in quel momento.

Come spiegare la strana dieta mediatica attuale dell'ex ministro dell'Interno? "E' una sua scelta, si tratta di tattica", conferma alle agenzie una fonte del partito. Il ragionamento è chiaro: meglio evitare al massimo di esporsi in questo momento. Non c'è nulla da guadagnarci. Poi la tentazione a volte è troppa, e il leader leghista in parte cede. Come ieri, quando è stato intercettato dai cronisti parlamentari mentre entrava a Palazzo Madama per votare la fiducia a Draghi. Si è fermato un momento, ma ha tagliato corto: "Lasciatemi entrare in Senato, altrimenti dicono che non vado a votare perché me lo chiede Putin...".

Il profilo light con i media si nota già da un po'. "E' finito il consiglio federale della Lega. Non è previsto punto stampa", era il messaggio che dieci giorni fa lo staff di Salvini recapitava ai giornalisti in attesa a Botteghe Oscure, sede 'romana' del Carroccio. In quell'occasione, nonostante telecamere e cronisti, il leader della Lega addirittura uscì dal retro per evitare domande. Strano per uno come lui che, comunque la si pensi sulle sue posizioni politiche, la faccia ce la mette(va) sempre volentieri.

Anche sui quotidiani, in radio o tv le sue interviste latitano. Bisogna risalire a due settimane fa, a Verona, per una lunga intervista programmata da tempo, alla Fiera, con Bruno Vespa. Anche le dirette social - un suo punto forte - non si vedono da tempo, nel mese di marzo si segnalano solo alcuni collegamenti con la radio (Isoradio e Radio Libertà) e da ultimo, in videocall, con un convegno a Catania, sul tema dei fondi Ue per il sud. Salvini si è fatto notare per avere visto due volte Silvio Berlusconi, la prima ospite della festa di Villa Gernetto (19 marzo) che ha visto 'celebrare' l'unione tra il fondatore di Forza Italia e la deputata Marta Fascina, poi a Arcore per parlare dei prossimi appuntamenti in vista delle elezioni amministrative. Basso profilo, bassissimo.

Le dichiarazioni dalla mattina alla sera sono un ricordo. Qualcuno si è messo a far di conto.  Più di 100 dichiarazioni nelle prime due settimane dopo l'inizio della guerra in Ucraina. Poi, nei venti giorni seguenti, solo una decina. Tutto è cambiato dopo la figuraccia in Polonia in mondovisione. Niente comparsate a tutte le ore: mattina, pomeriggio o sera faceva lo stesso. L'importante era esserci. Niente presenza "fisica" sui social (sembra un ossimoro, ma la forza del leader leghista su Facebook è stata negli anni quella di creare una relazione diretta coi follower, quasi fisica, con la mediazione dei social media manager mascherata alla perfezione) , Mattino 5, conferenza stampa, Rete 4, diretta Facebook, Instagram, talk show serale. Niente girandola impazzita di parole e punti stampa come ai tempi delle elezioni al Quirinale (sembra passata una vita, ma era solo due mesi fa), quando la strategia del centrodestra si è rivelata fallimentare per la coalizione.

Una strategia, dunque? Forse una scelta obbligata. Non durerà molto. La "bestia" social infatti è viva e vegeta, sugli account di Salvini si torna ai grandi classici in questa fase complicata, ci si aggrappa alle certezze: post sulle "risorse" coinvolte in gravi fatti di cronaca (così dalle parti di via Bellerio con debordante simpatia "anti-buonista" amano riferirsi ai migranti), sul Covid, sui campi rom, sul nuovo stadio di Milan e Inter, una spruzzata di flat tax e bollette luce e gas. Si torna ai vecchi tempi: un potpourrì quotidiano leggerissimo, di tutto un po', ma affidato ai suoi collaboratori. Impossibile così fare una figuraccia. Primo obiettivo, evitare imbarazzi. Sulla guerra in Ucraina, meglio il silenzio. Quando non si ha nulla di pregnante e informato da dire (non che sia facile, ma è quel che si richiede in teoria a chi della politica ha fatto una professione), è sempre la soluzione migliore.

Sembra passata una vita da quei comizi della primavera 2019, il neverending tour da titolare del Viminale, quando riempiva le piazze ovunque. Immersioni fisiche di Salvini tra la "sua" gente, in regioni dove la Lega fino all'altroieri non era nemmeno presente e dove invece i sondaggi erano costantemente col segno più, fino a sfiorare il 35 per cento. Poi arrivò la decisione di far cadere in pieno agosto il primo governo Conte: l'oramai famoso tentativo di spallata per andare a elezioni e vincerle. La prima di una serie di decisioni sbagliate (se si guarda agli onnipresenti sondaggi, che ora danno la Lega poco sopra il 17 per cento). Fino all'ultima, quella di rarefare i contatti con i media. Più che una scelta consapevole e strategica, una retromarcia obbligata. Per limitare i danni. Adda passà 'a nuttata.

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