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Venerdì, 29 Marzo 2024
Ambiente e crisi del gas

Quando Meloni e Salvini votarono contro le trivelle vicino alla costa

Nel 2016 i due leader si schierarono assieme a Forza Italia per vietare la proroga delle concessioni entro 12 miglia dalla costa, oggi criticano l'ambientalismo ideologico. Abbiamo provato a capire, partendo dai fatti, se il loro messaggio è incoerente

Giorgia Meloni e Matteo Salvini non sono sempre stati a favore delle trivellazioni. E così pure Forza Italia. Oggi la leader di Fdi dice che quando "certe questioni si affrontano su un piano meramente ideologico" poi ne paghi le conseguenze come vediamo "dal costo delle nostre bollette che dobbiamo anche a certo ambientalismo ideologico che ci ha impedito per esempio di estrarre il gas dai nostri mari". Un'affermazione che però, almeno a prima vista, stride con quanto la stessa Meloni sosteneva nel 2016. All'epoca a Palazzo Chigi c'era Matteo Renzi e la presidente di Fratelli d'Italia si schierò con il Sì al referendum per abrogare la legge che consentiva di sfruttare i giacimenti di gas e petrolio entro le 12 miglia (19,3 km) dalla costa. La leader di Fdi spiegava che le trivellazioni andavano fermate "per dire basta all'inquinamento del nostro mare". "Non andare a votare - spiegava - sarebbe un aiuto ad alcune grandi lobby".

Anche Matteo Salvini, oggi convintamente a favore delle trivellazioni (almeno lontano dalla costa), fece campagna elettorale per il Sì. "La nostra ricchezza si chiama turismo e si chiama pesca" diceva il leader dell'allora Lega Nord. "Difendiamo il territorio e difendiamo il nostro mare. Gli altri Paesi che si affacciano sull'Adriatico, pensiamo alla Croazia, stanno bloccando le trivellazioni. Non mettiamo a rischio la nostra fortuna e il nostro futuro che sono il mare, la bellezza, la pesca e il turismo". Anche Forza Italia prese posizione invitando gli elettori a votare "contro le trivelle nel nostro mare". 

trivelle 3-2-2

In questi giorni, con il prezzo degli idrocarburi fuori controllo, Salvini chiede invece di "estrarre più gas, subito, ovunque sia disponibile. Penso all'Adriatico - ha detto ad esempio su La7 - e a tutti gli impianti fermi per i no, per i signori del No". Affermazioni nettamente diverse nei toni rispetto a quelle di qualche anno fa quando diceva che la nostra ricchezza è il paesaggio "e non qualche buco nell'acqua". E nella sostanza?

Su cosa si votò nel 2016

Il referendum del 2016 in effetti non si proponeva di fermare le trivellazioni tout court, ma semplicemente di vietare il rinnovo per le concessioni dei giacimenti esistenti entro le 12 miglia dalla costa. Insomma, se il referendum fosse passato (alla fine nonostante una larga prevalenza dei sì non è stato raggiunto il quorum) non si sarebbero bloccate le trivellazioni, né quelle sulla terraferma, né quelle oltre le 12 miglia marine.

Una vittoria del Sì avrebbe invece impedito per gli impianti già esistenti (in totale 21) di chiedere proroghe per lo sfruttamento di gas e petrolio entro la zona di soglia. Quelle 21 piattaforme, una volta scaduta la concessione, non avrebbero potuto più operare anche se nella maggior parte dei casi lo stop non sarebbe arrivato nell'immediato.

Il governatore del Veneto Luca Zaia anche lui schierato per il sì, cioè contro le trivelle, spiegò che il gas estratto dalle piattaforme oggetto di referendum rappresentava "solo" l'1% del fabbisogno nazionale. E si chiedeva: "Perché non facciamo come la Germania che nel 2030 ricaverà il 50% della sua energia da fonti rinnovabili? Oggi scavare sotto il mare, con le devastanti conseguenze che può comportare, è una scelta anacronistica e pericolosa, come pericoloso è dare alle compagnie petrolifere concessioni a estrarre illimitate nel tempo senza garanzie per il territorio".

Meloni e Salvini sono incoerenti?

Detta in altre parole un vittoria del Sì al referendum non avrebbe comportato chissà quali scossoni nella nostra politica energetica, tanto che alcuni esponenti del Pd, all'epoca guidato da Renzi, definirono il referendum "inutile" e le stesse associazioni ambientaliste che lo avevano promosso parlarono di un "voto politico" definendolo uno strumento "per dire la propria sulla Strategia Energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l'emblema dell'offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana".

Una vittoria del Sì dunque non avrebbe comportato chissà quali conseguenze nefaste per l'economia italiana. Va poi sottolineando che schierarsi per il Sì, come fecero Meloni e Salvini, non voleva dire dire "no" alle trivellazioni, ma "solo" a quelle entro 12 km dalla costa. Ciò non toglie che i toni che usano oggi i due leader sul tema è molto diverso da quello di allora. E più di qualcuno sui social lo sta facendo notare. 

Meloni Trivelle-2

Lo stop alle trivelle del M5s (e le proteste di Salvini) 

Un altro capitolo di questa storia è stato invece scritto nel 2019 quando il governo Lega-M5s guidato da Giuseppe Conte votò per lo stop alle ricerche di idrocarburi in mare per 18 mesi che Di Maio definì "una battaglia per la sovranità nazionale". Allora Salvini dovette cedere ai diktat dei 5 Stelle ma espresse la sua contrarietà alla misura motivando implicitamente anche il suo Sì al referendum di qualche anno addietro: "Trivellare vicino alla costa no - spiegò -, ma dire di no a ricerche in mezzo al mare per partito preso rimettendo in discussione contratti già fatti non mi sembra molto intelligente. Noi l'energia la paghiamo molto più cara rispetto agli altri. Ok alla tutela dell'ambiente, ma non possiamo far finta che il mondo si sia fermato".

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