Migranti, Papa Francesco attacca: "Campi per rifugiati come lager"
Il Santo Padre di ritorno dall'Egitto lancia durissime accuse alla gestione dell'emergenza rifugiati in Italia e in Europa: "Se la gente è chiusa in un campo e non può uscire, cos'altro è se non un campo di concentramento"
"Non era un lapsus. Ho detto che ci sono tanti campi profughi che sono campi di concentramento, in Italia e in altre parti, ma non in Germania. Se la gente è chiusa in un campo e non può uscire, cos'altro è se non un campo di concentramento? Il solo fatto di stare chiusi e non poter uscire è un lager". Sono parole di Papa Francesco nel dialogo con i giornalisti nel volo di ritorno dal Cairo.
"Pensiamo a quel che era successo alla Manica", ha esemplificato, tornando però subito al nostro Paese. "Mi ha fatto ridere, è la cultura italiana, quello che mi ha raccontato un dirigente dell'Azione Cattolica di Agrigento: in Sicilia in uno dei campi profughi della zona, i capi di quella città hanno parlato alla gente per trovare un accomodamento: 'voi non potete stare sempre chiusi lì dentro voi dovete uscire, ma non fate cose brutte. Noi le porte del campo non le possiamo aprire, ma facciamo un buco dietro cosi' potete uscire e rientrare. E grazie a questo - ha spiegato il Papa - i rapporti tra cittadini e profughi li' sono buoni".
"Ho detto a Lesbo - ha poi aggiunto Francesco rispondendo a un giornalista tedesco - che i più generosi erano italia e Grecia, i più vicini. Ma anche la Germania ha fatto tanto. Sempre ho ammirato la capacita' di integrazione dei tedeschi. Ho studiato in Germania e li' e c'erano tanti turchi".
Il caso Regeni
Molti gli argomenti affrontati da Francesco nella consueta conferenza stampa con i cronisti a bordo del volo Alitalia che lo ha riportato in Italia, nella serata di ieri, compresa la questione del governo egiziano in merito all’assassinio del ricercatore italiano che studiava i movimenti sindacali impegnati contro il regime egiziano del presidente Al-Sisi, che Francesco ha incontrato nei due giorni della sua visita al paese del Nilo, venerdì e sabato
“Quando sono con un capo di Stato in dialogo privato quello rimane privato, almeno che si sia d’accordo nel renderlo pubblico. Io ho avuto quattro dialoghi privati qui, e credo che se è privato, per rispetto, si deve mantenere la riservatezza. A proposito di Regeni: io sono preoccupato, e dalla Santa Sede mi sono mosso su quel tema, perché anche i genitori lo hanno chiesto. La Santa Sede si è mossa. Non dirò come ma ci siamo mossi”. Lo ha detto il Papa nel volo di ritorno dal Cairo a Roma.
A chi gli domandava dei venti di guerra tra Stati Uniti e Corea del nord, “dei missili coreani si parla da un anno, ma adesso sembra che la cosa si sia riscaldata troppo. Richiamo al negoziato perché è il futuro dell’umanità: oggi una guerra allargata distruggerebbe una buona parte dell’umanità ed è terribile!”, ha detto il Papa. La mediazione del Vaticano in Venezuela, ha detto, è stata possibile finché vi erano le condizioni. Quanto alla probabile visita di Donald Trump in Vaticano quando verrà in Italia per il vertice di Taormina, “non sono stato ancora informato di richieste da parte della Segreteria di Stato, ma io ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza”.
In merito alle presidenziali francesi, “dei due candidati francesi non so la storia, non so da dove vengono, so che una è una rappresentante della destra, ma l’altro non so da dove viene e per questo non so dare un’opinione”, ha detto il Papa, che ha ricordato di avere avuto un rapporto aperto anche con il presidente uscente Francois Hollande nonostante uno scontro, probabile riferimento alla nomina di un ambasciatore presso la Santa Sede. Poi ha sottolineato: “Parlando dei cattolici, mentre salutavo la gente un giorno uno mi ha detto: ‘Perché non pensa alla grande politica?’. Intendeva fare un partito per i cattolici! Ma questo signore buono vive nel secolo scorso!”.