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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica Messina

"Lo Stato non tutela i piccoli Comuni”: parla il sindaco che ha rifiutato 50 migranti

Vincenzo Lionetto Civa, primo cittadino di Castell'Umberto, paesino in provincia di Messina, ha spiegato a Today la vicenda che ha gettato nella bufera la sua amministrazione: “Non siamo stati avvertiti del loro arrivo e siamo stati accusati di razzismo perché non ne vogliamo 50, ma il nostro Comune può ospitarne al massimo sette” 

L'emergenza migranti continua a tenere banco in Italia, con il flusso di arrivi che non accenna a diminuire. Un problema che il governo italiano e l'Europa stanno cercando di arginare, al momento con scarsi risultati. Oltre centomila profughi sono sbarcati in Italia soltanto nei primi mesi del 2017, rendendo la situazione insostenibile su tutto il territorio, sia nelle grandi città che nei piccoli centri abitati. 

Nelle scorse settimane proprio un piccolo Comune in provincia di Messina è finito nell'occhio del ciclone dopo l'arrivo a sorpresa di 50 migranti. Si tratta di Castell'Umberto, un paesino di 3.278 anime, che in una notte di mezza estate ha visto arrivare 50 persone, troppe in confronto al numero di abitanti. 

“Noi non sapevamo nulla del loro arrivo. Ci hanno avvisati all'ultimo minuto, quando i migranti si trovavano già dentro la struttura”: a parlare è il sindaco di Castell'Umberto, Vincenzo Lionetto Civa , che ha raccontato a Today come si è svolta la vicenda, che ha messo in grande difficoltà la sua amministrazione.

Infatti l'arrivo senza preavviso di queste persone, 'piazzate' in una struttura in disuso, ha provocato subito la reazione dei cittadini e del sindaco, che hanno inscenato diverse manifestazioni: “Abbiamo protestato dialetticamente e pacificamente – aggiunge Civa – ma non contro i profughi, ma contro la Prefettura che non ci ha avvisato e contro lo Stato che non tutela i piccoli Comuni”. 

La reazione del paesino è stata tradotta dai media in razzismo, accusa che il sindaco Civa non ritiene giusta: “Noi non siamo razzisti. Non è che non vogliamo queste persone per una questione di colore della pelle. Ma 50 sono troppi per noi, poi non essendo stati avvertiti non eravamo organizzati ad accogliere in maniera dignitosa questi immigrati”. 

Le richieste del sindaco

Quello che Vincenzo Lionetto Civa chiede è una maggiore comunicazione tra la Prefettura e gli enti locali, in modo da evitare casi come questo: “Ci siamo visti invasi da persone di cui non sapevamo nulla. Non è che abbiamo detto 'sono terroristi, sono dell'Isis', volevamo soltanto essere avvertiti”. “Dal canto suo la Prefettura non poteva fare altrimenti -  continua Civa – quando si ritrova centinaia di persone nei porti non può far altro che smistarle, ma noi non eravamo pronti”. 

Secondo l'accordo tra Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e il Viminale, ogni Comune può ospitare 2,5 migranti ogni mille abitanti, un calcolo che nel caso di Castell'Umberto ha come risultato sette, un numero che il sindaco Civa si dice pronto ad ospitare: “Ci hanno dato dei razzisti perché non ne vogliamo 50, ma se secondo lo Stato mi dice che sono 7 i migranti che possiamo ospitare, allora Castell'Umberto darà accoglienza a sette migranti, ma non 50”. 

Intanto, quasi la metà dei migranti arrivati nel paesino in provincia di Messina sono stati spostati in un altro centro, ma il destino di quelli rimasti ancora a Castell'Umberto non sarà diverso: “Abbiamo chiesto che vengano spostati – ha aggiunto il sindaco – non perché vogliamo scaricare il problema su qualcun altro, ma se lo Stato non risolve la questione alla base, presto ci ritroveremo invasi”.

Il sindaco siciliano se la prende con le istituzioni e con la gestione dell'immigrazione attuata fino ad oggi: “I politici che parlano nei talk show sono lontani dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni. Lo Stato non capisce che quello dei migranti è un problema serio, che va gestito nel modo giusto per non appesantire ancora di più situazioni già pesanti come quelle in cui versano molti Comuni in Sicilia”. 

“Non si tratta di destra o sinistra – continua Civa – gli errori sono stati fatti dai governi di entrambe le fazioni. Sui rifugiati politici  esiste una regolamentazione, ma per ricevere lo status di rifugiato bisogna aspettare due anni per  la valutazione della Commissione unica che si trova a Roma. Con le migliaia di richieste che arrivano ogni giorno un singolo ufficio non può sobbarcarsi tutte le pratiche, facendo dilatare i tempi ancora di più. Una soluzione potrebbe essere quella di istituire delle commissioni nei luoghi in cui approdano, in modo da effettuare delle valutazioni più rapide”.

Le falsità dei giornali

Il sindaco di Castell'Umberto punta il dito anche contro la stampa, colpevole di aver strumentalizzato il caso ma soprattutto di aver riportato diverse inesattezze, dall'hotel alla luce: “Prima di tutto si tratta di una struttura che in passato è stata usata anche come albergo, ma che adesso è in disuso. Hanno detto che io ho bloccato l'ingresso della struttura per non far entrare i migranti, invece io l'ho fatto quando loro erano già dentro. Poi, sono stato accusato dai quotidiani di aver staccato la luce, quando questa non funzionava da ben due anni, oltre al fatto che non avrei né il potere e né i mezzi per bloccare l'energia elettrica”.

Cooperative e caporalato

Secondo Civa, uno dei problemi più grandi nella gestione dell'accoglienza è legato alle modalità di assegnazione delle strutture, in cui gli enti locali vengono scavalcati: “Nella gestione lo Stato ci ha completamente dimenticato: ad oggi basta che ci sia un edificio, magari in disuso o che non funziona più in un determinato contesto, che viene offerto per ospitare migranti, ovviamente per ricavarne un reddito. Qui entrano in scena le cooperative, che si propongono di gestire queste strutture, la Prefettura incrocia le volontà delle due parti e i migranti arrivano nei Comuni senza che l'amministrazione venga contemplata”. Una cosa poco logica, soprattutto se poi i problemi causati dall'arrivo dei profughi ricadono sulle amministrazioni comunali. 

Un secondo fenomeno negativo che nasce dalla cattiva gestione del flusso migratorio è quello del caporalato, fenomeno diffuso in Sicilia come confermato dallo stesso Civa: “Questi immigrati, costretti a vivere con niente, finiscono spesso nelle grinfie di imprenditori senza scrupoli, che invece di pagare migliaia di euro un lavoratore italiano regolare, preferiscono un prendere uno straniero che possono pagare anche 10-15 euro al giorno”.

La rabbia e i problemi dei cittadini

Il problema del caporalato si collega a doppio filo con un'altra piaga della Sicilia e dell'Italia in generale, la disoccupazione e la carenza di lavoro. “Al Sud la disoccupazione giovanile è quasi al 50% - afferma il sindaco Civa – e l'arrivo dei migranti ha fatto iniziare una sorta di guerra tra poveri”.

Intanto Castell'Umberto vive in uno stato di calma apparente, ma il malumore serpeggia nella popolazione, con il primo cittadino che ogni giorno si trova a dover affrontare l'argomento: “Quella dei miei concittadini è una rabbia placata, ma vengono da me a lamentarsi, mi chiedono di non dimenticarmi di loro, di dare aiuto, ma il nostro piccolo Comune, che già dà il suo supporto economico in una sessantina di casi sotto la soglia minima di povertà, non può accontentare tutti”.

“Il timore – aggiunge Civa – è che ci possano essere problemi di ordine pubblico se non viene trovata una soluzione al problema. I siciliani sono conosciuti da sempre come un popolo accogliente, ma a tutto c'è un limite”.

Cosa succederà?

Al momento, anche grazie all'aiuto dei volontari, i migranti ancora presenti nella struttura di Castell'Umberto hanno ricevuto i beni di prima necessità, ma nel giro di una settimana dovrebbero essere spostati, forse non tutti, in un altro centro. “I bandi sono stati fatti, quindi credo che in qualche giorno tutto dovrebbe tornare alla normalità – conclude Civa – ma il problema va risolto a monte. Noi non siamo razzisti, anzi siamo d'accordo con i principi di rispetto e accoglienza, ma purché venga fatto in maniera organizzata e dignitosa, sia per chi arriva che per chi accoglie”. 

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