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Sabato, 20 Aprile 2024

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

La lezione di Piero Angela che la politica non ha capito

C'è un tema che ha accompagnato per anni il lavoro di Piero Angela. È l'allarme che il grande divulgatore scientifico, scomparso il 13 agosto a 93 anni, ha lanciato sul futuro demografico dell'Italia: siamo una nazione che non fa abbastanza figli per competere con le altre democrazie europee e che quindi, se non si inverte la rotta, è destinata a un inesorabile declino.

Eppure, in questa campagna elettorale tascabile, la più breve nella storia della Repubblica, non se ne parla abbastanza. Nessun programma politico, al di là degli slogan, affronta la questione con sufficiente credibilità. Si discute ovviamente di scuola, lavoro, università, giovani. Ma poco o nulla si dice dei giovani che non sono nati e che quindi mancheranno alle prossime generazioni. Tanto meno si propongono misure per evitare che questa assenza abbia un impatto drammatico sull'economia, la vita sociale e lo stesso futuro equilibrio tra studenti, lavoratori e pensionati.

La decrescita infelice

Il 2008 è stato in Italia l'ultimo anno del nuovo millennio con un numero crescente di bambini nati: 576.659, il 2,2 per cento in più rispetto all'anno precedente. Da allora è cominciata la discesa fino ai 420.084 neonati registrati nel 2019, 404.892 nel 2020 e 399.431 lo scorso anno. Un andamento che va ben oltre le conseguenze della pandemia e che, secondo le previsioni dell'Istat, verrà confermato anche a fine 2022 con la nascita di appena 385 mila bambini. Il 33 per cento in meno, rispetto al 2008.

Una ricerca dell'Università di Washington, pubblicata nell'estate 2020 dalla rivista scientifica The Lancet, stimava quanti saranno gli abitanti nel 2100 in centonovantacinque Stati, tra i quali l'Italia. All'inizio del nuovo secolo gli italiani nati quest'anno avranno 78 anni. E, se continuerà questo trend, dovranno vivere in un Paese con appena trenta milioni di abitanti. La metà della popolazione attuale.

In fondo alla classifica

In termini di prodotto interno lordo, sempre secondo lo studio americano, l'Italia manterrà la nona posizione tra le prime nazioni industrializzate fino al 2030. Poi scenderà al sedicesimo posto nel 2050 e al venticinquesimo nel 2100. Saremmo davanti a Spagna, Svizzera e Polonia. Ma lontanissimi da Giappone, Francia, Germania e Regno Unito che, anche grazie alle politiche demografiche adottate oggi, resteranno salde tra le prime dieci potenze industriali. Dietro a Stati Uniti, Cina e India.

Piero Angela ha trattato più volte il tema nei suoi programmi e nel libro “Perché dobbiamo fare più figli” (Mondadori), scritto con Lorenzo Pinna. Non tutti i parlamentari eletti e i ministri che ci governeranno avranno, purtroppo, la statura scientifica del grande divulgatore. Ma se partorire un piano demografico sul lungo periodo è così difficile, almeno copiamolo da Francia e Germania: che, per quanto riguarda la protezione dei loro figli (e dei genitori), sanno fare molto meglio di noi.

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