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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Italia

Partiti in crisi di liquidità dopo la riforma del finanziamento pubblico

Le forze politiche stanno ricevendo molto meno del previsto: donazioni e finanziamenti privati non decollano, anzi, sono in contrazione. Spetta così agli eletti contribuire con una quota della loro indennità a mantenere in vita quasi tutti i partiti

In quattro anni le entrate dei partiti politici si sono ridotte del 61%: l'analisi degli ultimi bilanci approvati, relativi al 2016, evidenzia l'impatto della riduzione del finanziamento pubblico come riformato tra 2012 e 2014, dai governi Monti e Letta. 

I rimborsi elettorali, automatici e commisurati al risultato elettorale, sono stati sostituiti dalle donazioni del 2 per mille ma questi fondi non sono più automatici: se i contribuenti non optano per nessuna forza politica il loro 2 per mille resta allo Stato. Ad esempio, rispetto ad uno stanziamento teorico di 27,7 milioni di euro nel 2016, meno di 12 milioni sono stati realmente incassati dai partiti.  

Nel conteggio contenuto nel dossier di Openpolis sono incluse le sole entrate della gestione caratteristica, cioè quelle che derivano da fondi pubblici, donazioni private, quote d’iscrizione e da altre attività tipiche. E sempre più importanza ottengono i gruppi parlamentari, soggetti istituzionali chiamati a finanziare anche attività che sarebbero di normale competenza dei partiti.

Per i pariti politici infatti si assiste ad un progressivo svuotamento sia delle casse che di autorità, mentre è destinato ad aumentare il ruolo di fondazioni, associazioni e think tank contigui a singole personalità politiche.

Pariti in crisi, casse vuote e donazioni al palo

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Il sistema non è riuscito a compensare le entrate che garantivano i vecchi rimborsi elettorali: il finanziamento privato non sembra essere decollato, e anzi si assiste ad una sua progressiva contrazione nonostante il decreto Letta, per incoraggiare le donazioni di cittadini, aziende e altri enti privati verso i partiti, aveva previsto una detrazione (irpef e ires) del 26%.

Le forze politiche stanno ricevendo molto meno del previsto, e la tendenza sembra essere quella di una progressiva diminuzione di tali entrate. 

Anche escludendo il 2013 (anno elettorale, in cui è comprensibile che si concentrino maggiormente le donazioni), negli anni seguenti il declino è costante: le donazioni da persone fisiche ad esempio passano da 21 a 12,4 milioni. Molto più residuali le entrate da aziende e altri enti, nell’ultimo biennio sempre inferiori al milione di euro l’anno.

Il problema per i partiti è il non riuscire ad attrarre finanziamenti privati, ad esclusione di quelli dei propri eletti. Se guardiamo i bilanci dell’ultimo anno, gli eletti ai vari livelli dei partiti politici contribuiscono – con una quota della loro indennità – a mantenere in vita quasi tutti i partiti.

Come mette in mostra openpolis le principali le donazioni degli eletti costituiscono oltre l’80% dei contributi da persone fisiche. Fanno eccezione Forza Italia, il Nuovo centrodestra di Alfano e il Movimento 5 stelle.

L'effetto perverso: campagne sempre più dispendiose

Se le donazioni private alla politica passano sempre meno dai partiti, è possibile che si spostino su altri canali, come think tank e singoli candidati alle elezioni.

Con l’attuale legge elettorale per il senato, che prevede preferenze da raccogliere sull’intero territorio regionale, andremo verso campagne elettorali molto più dispendiose e personalizzate, sia sui leader nazionali che su quelli a livello locale. A queste condizioni è molto probabile un’impennata dei contributi privati verso i singoli candidati.

Mentre il finanziamento ai partiti diminuiva, quello  verso altri soggetti, come i gruppi parlamentari, è rimasto invariato, modificando gli equilibri tra le diverse realtà politiche. Oggi, molte delle attività che tradizionalmente venivano organizzate dai partiti (ad esempio la formazione politica, la definizione del programma, la propaganda elettorale) sono svolte da una pluralità di soggetti più o meno riconducibili ad una stessa forza politica: fondazioni d’area o legate a un leader, gruppi parlamentari, media e organi d’informazione, singoli candidati.

Come si finanzia il Movimento 5 stelle

A differenza delle altre formazioni maggiori, Il Movimento 5 Stelle non è iscritto nel registro dei partiti. Per questo motivo non accede al 2 per mille e non è tenuto a depositare uno statuto che contempli la democrazia interna. Significativo il bilancio dell’associazione Rousseau, costituita per il finanziamento della piattaforma omonima e finanziata con le donazioni private dei sostenitori. Nel 2016 complessivamente cuba circa 400mila euro di entrate dalla gestione caratteristica.

Rispetto ai soggetti citati, i gruppi parlamentari di camera e senato detengono un ruolo economico preponderante nell’attività politica del Movimento 5 stelle. Nel 2016 le entrate dei gruppi M5s in parlamento valgono 6 milioni di euro, e si tratta di denaro pubblico, essendo costituite dalla dotazione che Montecitorio e Palazzo Madama corrispondono per il funzionamento dei gruppi.

Forza Italia, il partito personale

Forza Italia dall’anno della sua rifondazione nel 2013, una volta conclusa l’esperienza del Pdl, il ruolo di Berlusconi e della sua famiglia è indiscutibile anche sul piano economico: il partito è stato ricostituito grazie ad una donazione del solo SIlvio Berlusconi pari a 15 milioni di euro, il 99,5% delle contribuzioni di quell’anno. Dall’anno successivo, la legge sul finanziamento ai partiti ha messo un tetto massimo di 100mila euro alle donazioni dei privati.

Nel 2015 e nel 2016, quasi metà dei contributi privati a FI è arrivato dalla famiglia Berlusconi e dai dirigenti delle aziende collegate. Con un ridimensionamento: nel 2014 Fi poteva vantare entrate superiori ai 6,6 milioni di euro, nei due anni successivi quella voce si è attestata poco sopra i 3 milioni.

Partito Democratico e il ruolo del territorio

Nel 2015, come certificato dagli organismi interni, gli iscritti al Pd erano 395.574. Considerato che la quota di iscrizione minima è pari a 15 euro, ci saremmo aspettati di trovare nel rendiconto di quell’anno entrate da tesseramento poco inferiori ai 6 milioni di euro, mentre il bilancio 2015 a quella voce riporta appena 202.940 euro: solo il 3,4% di quanto era ragionevole stimare. La ragione dello scostamento è che il Pd ha un modello di finanziamento in base al quale i livelli inferiori trattengono gran parte dei proventi delle tessere.

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