rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Partito democratico

Pd: sì alle larghe intese con il Pdl. Tutto nelle mani di Napolitano

Doveva essere una direzione di fuoco e invece il Partito democratico ne è uscito con un documento approvato a larga maggioranza. Sì al governissimo con Berlusconi. Duro Orfini: "Si è deciso di non decidere"

Doveva essere una direzione di fuoco e invece il Pd ne è uscito con un documento approvato a larghissima maggioranza. Per dovere di stato, per invito di Napolitano e perché in questo momento il Pd non è in grado di decidere. Senza guida e con i vertici azzerati, i democratici, come ha sottolineato Matteo Orfini, “hanno deciso di non decidere e rimettere tutto nelle mani del capo dello Stato”. Una sorta di cambiale in bianco da affidare al Quirinale tesa alle larghe intese a trazione politica. A braccetto di Berlusconi, quindi.
Nel giorno dell’addio di Bersani e delle voci che a metà giornata avevano lanciato Matteo Renzi a Palazzo Chigi (poi smentite dal diretto interessato) il Pd si affida alla lungimiranza del Colle. Giuliano Amato resta il pole position per l’investitura.

IL RACCONTO DELLA DIREZIONE

renzi-7-2NO DI RENZI – Pronti via, e la notizia la da subito Matteo Renzi, appena giunto in direzione. La domanda è di quelle dirette e riguarda il suo futuro da premier. La risposta è secca, breve: “E’ l’ipotesi più sorprendente e meno probabile, non credo sia sul tappeto”. E poi più diplomaticamente: “E' importante che ci sia un Governo, abbiamo grande fiducia nel presidente della Repubblica”.

CONTESTAZIONE – Il lancio alle agenzie arriva dal sindaco di Firenze. Poco prima delle parole del ‘rottamatore’, tuttavia, a farsi sentire sono stati i contestatori, quelli che si sono raccolti in via del Nazareno. Tra i tanti accorsi spunta un cartello tenuto in alto da un ragazzo con la scritta: “Avete dilapidato un tesoro, vergogna”. Poco dopo un altro cartone di protesta: “Mai con Berlusconi”.

RENZI PREMIER?

BERSANI – Il segretario uscente, nel suo discorso di addio, conferma subito quello che aveva annunciato venerdì sera, dopo la debacle del Pd in Parlamento. E in questo non è mancato un filo di commozione: “Ho annunciato le mie dimissioni e le confermo qui. Dimissioni che saranno portate anche all’Assemblea nazionale. Dopo la bocciatura delle candidature di Marini e Prodi da parte dei franchi tiratori, molti dei nostri grandi elettori sono venuti meno a decisioni formali e collettive in un momento cruciale. Siamo stati sull’orlo di una crisi gravissima e senza precedenti. Se ci sono stati degli irresponsabili la responsabilità e del responsabile. Le mie dimissioni, sono convinto, sono utili al partito per guardare in faccia il problema senza occultarlo illusoriamente”. Poi l’analisi si è fatta più serrata e la critica più cocente: “Si può dire che le elezioni le abbiamo vinte o no ma alla prima prova non abbiamo retto e se non rimuoviamo il problema rischiamo di non reggere nelle prossime settimane e mesi”. E sul governo che verrà: “Ci vuole una ragionata disponibilità a ricercare tutti insieme una soluzione di governo mettendo a disposizione le nostre forze e risorse”.

LE CONSULTAZIONI AL QUIRINALE

marini-new-2FRANCESCHINI – Subito dopo Bersani, il microfono se lo prende Dario Franceschini: “Bersani paga colpe non sue, a cominciare dai franchi tiratori. La cosa che manca di più tra di noi non è la solidarietà, ma la generosità soprattutto nelle difficoltà”. E su Rodotà, il predecessore di Bersani, precisa: “Siamo davanti ad scelta per la democrazia. Non abbiamo scelto Rodotà non perché non è un uomo della sinistra ma perché in un sistema non presidenziale decide il Parlamento, non la piazza. Mille, 5000 persone che impongono al Parlamento un presidente non va bene neanche se è S. Francesco”.

MARINI – L’ex presidente del Senato, il primo big bocciato in Parlamento dai franchi tiratori interni, e prima ancora da Matteo Renzi, ha messo da parte l’orgoglio e ha cercato di ricucire lo strappo: “Nonostante quanto successo, non sono stato sfiorato dall'idea che ho fallito 25 anni fa nell'impresa di costruire il Pd”. Applausi in sala, interrotti solo dall’apprezzamento di Pierluigi Bersani: “Dite quel che volete ma non mi convincerete mai a pensare che Marini non potesse essere un buon Presidente della Repubblica”.

DOCUMENTO APPROVATO – Il dibattito in direzione si fa serrato. Rosy Bindi sposa il progetto Napolitano, ma pone un alt bello grosso: se governo di larghe intese deve essere, che sia tecnico e non politico. Sì ad un esecutivo di scopo, no a Silvio Berlusconi. Una posizione tuttavia smentita dalla direzione che ha approvato a larga maggioranza (7 contrari e 14 astenuti) il documento illustrato all’assemblea dal numero due del Pd, Enrico Letta, l’uomo a cui il Presidente della Repubblica potrebbe affidare l’incarico. “Pieno sostegno al tentativo del presidente Napolitano” –  recita la mozione – per “dar vita ad un governo, secondo le linee del discorso di insediamento” del capo dello Stato. Il sostegno al tentativo di Napolitano deve avvenire, dice il documento qualche riga più sotto, “mettendo a disposizione la propria forza parlamentare e le proprie personalità”. Tradotto: una sorta di ‘cambiale in bianco’ da affidare al Presidente per la formazione di un governissimo a trazione politica, senza aver pronunciato nessun portabandiera.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Pd: sì alle larghe intese con il Pdl. Tutto nelle mani di Napolitano

Today è in caricamento