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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Strappo nel Pd sull'Italicum, Renzi insiste: "Governo legato alla legge elettorale"

Il capogruppo Speranza si dimette e la minoranza dem, con Civati, Bindi, Fassina e D'Attore, abbandona l'assemblea e non vota. La linea del premier passa all'unaminità ma votano solo in 190 su 310

ROMA - E’ scontro nel Pd sulla legge elettorale. Passa la linea di Renzi ma il Partito Democratico si divide in un’infuocata assemblea notturna per votare l’Italicum prima dell’arrivo in Aula. Il premier aveva ribadito: nessuna modifica. E così la minoranza dem ha abbandonato la riunione. Su 310 votanti, alla fine hanno votato solo in 190, all’unaminità.

Poco prima, le dimissioni di Roberto Speranza da capogruppo del Pd alla Camera a causa del “profondo dissenso” sulla legge elettorale. Il no alle modifiche “è un errore molto grave che renderà molto debole la sfida riformista che il Pd ha lanciato al Paese”, ha spiegato Speranza. “C’è una contraddizione evidente tra le mie idee e la funzione che svolgo e che sarei chiamato a svolgere nelle prossime ore”, ha aggiunto, “sarà leale al mio gruppo e al mio partito ma voglio essere altrettanto leale alle mie convinzioni profonde”. Renzi ha ribadito le sue ragioni ma ha proposto una nuova assemblea per discuterne.

La minoranza aveva chiesto ma non ottenuto la sospensione dei lavori e così i dissidenti hanno lasciato la riunione, con Civati, Bindi, Fassina e D’Attore in testa. “Se si vuole, si può cambiare. Se non volete farlo, non sono convinto. Se si va avanti così io non ci sto”, ha detto Pier Luigi Bersani. Ma Renzi avverte: il destino del governo è legato “nel bene e nel male” all’approvazione del testo dell’Italicum, “così com’è, senza cambiare neanche una virgola”.

L’unica concessione di Renzi è a “ulteriori modifiche alla riforma costituzionale”, all’esame del Senato, ma restano i no a eventuali modifiche del testo sia perché la nuova legge elettorale è “in linea con quanto proposto sin dai tempi dell’Ulivo” sia perché per il premier è ora di chiudere il discorso delle riforma e andare avanti con l’agenda del governo. Via i “toni da Armageddon”, ribadisce Renzi, che invita a tenere lontani i tanti “Tabaqui”, ossia gli sciacalli che sono “fuori di qui”, ma sembra intenzionato ad evitare il voto di fiducia, paventato dalle opposizioni.

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