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Giovedì, 18 Aprile 2024
Il punto

Perché la maggioranza non rischierà (quasi mai) al Senato

Tra governo (9) e sottogoverno (10), più il presidente La Russa che per prassi non vota, sono una ventina i senatori con compiti operativi nei vari ministeri. Ma Gasparri (Forza Italia) spiega a Today perché le preoccupazioni sui numeri a Palazzo Madama sono fuori luogo

Dopo le prime nomine, dentro il governo c'è chi ha messo in guardia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni da un problema: al Senato i numeri dei componenti della maggioranza si avvicinano pericolosamente a quelli delle opposizioni. Già erano risicati prima. Poi ci sono state le nomine di ministri, vice ministri e sottosegretari, molti dei quali vengono appunto da Palazzo Madama. Siccome, soprattutto i ministri, sono impegnati anche fuori dal palazzo per incontri e missioni di vario genere, il timore è che, nelle giornate in cui si debba deliberare, la maggioranza possa perdere per le assenze sui banchi. Rischio possibile? Sì ma difficilmente la maggioranza andrà sotto in Aula. Se dovesse scattare l'allarme, sarebbe soltanto in determinate occasioni, cioè quando si vota in maniera differente dal solito. 

I numeri al pallottoliere

Con la riforma costituzionale della scorsa legislatura, il numero dei parlamentari tocca oggi quota duecentosei: duecento senatori eletti a cui si aggiungono sei senatori a vita. Così, immaginando l'assenza di un governo, il centrodestra avrebbe una maggioranza schiacciante, potendo contare su 116 voti di Fratelli d'Italia (63), Forza Italia (18), Lega (29) e Noi moderati e civici (6). Questo sempre in linea teorica, dando per scontato che nessuna delle opposizioni voti con la maggioranza, comprese le forze minori come Sud chiama nord e il Südtiroler Volkspartei.

Poi sono arrivate le prime nomine: i ministri. Questi sono Elisabetta Casellati (Fi), Matteo Salvini (Lega), Anna Maria Bernini (Fi), Luca Ciriani (Fdi), Adolfo Urso (Fdi), Roberto Calderoli (Lega), Nello Musumeci (Fdi), Daniela Santanchè (Fdi) e Paolo Zangrillo (Fi). Sono nove in totale, da scalare al numero dei 116. Quindi, escludendo i ministri, la maggioranza in Senato potrebbe contare non più su 116 componenti bensì su 107.

Com'è composto il nuovo parlamento

Poi ci sono state le nomine di vice ministri e sottosegretari. Si tratta di Isabella Rauti (Fdi), Andrea Ostellari (Lega), Claudio Barbaro (Fdi), Francesco Paolo Sisto (Fi), Patrizio Giacomo La Pietra (Fdi), Alessio Butti (Fdi), Giovanbattista Fazzolari (Fdi), Claudio Durigon (Lega), Lucia Borgonzoni (Lega) e Alberto Barachini (Fi). Altri dieci e così, escludendo anche loro, in linea teorica la maggioranza a Palazzo Madama, nella giornata con tutte le assenze possibili, potrebbe arrivare a toccare quota 97.

Contro ci sarebbero i 90 delle opposizioni. Pd (38), Movimento 5 stelle (28), Azione/Italia viva (9) e Verdi e Sinistra (4) raggiungono 79 voti. A questi vanno sommati alcuni senatori a vita (Liliana Segre, Renzo Piano, Mario Monti), la senatrice Dafne Mussolino, eletta con la lista dell'ex sindaco di Messina Cateno De Luca, più gli iscritti al Gruppo Autonomie. In totale si arriva a 90.  

Il regolamento e il punto di Candiani (Lega) 

Numeri alla mano, lo scenario peggiore è quello di un'Aula con 97 senatori della destra e 90 dell'opposizione. Considerando poi che il Presidente dell'Aula Ignazio La Russa non vota e quei senatori che saranno assenti in diverse circostanze come Silvio Berlusconi, il rischio è che si arrivi quasi a 95 contro 90. A un passo dal pareggio. Se la matematica non è un'opinione, deve comunque fare i conti con un aspetto determinante: il regolamento del Senato.

L'articolo 107 del Senato recita: "Ogni deliberazione del Senato è presa a maggioranza dei Senatori presenti, salvi i casi per i quali sia richiesta una maggioranza speciale. Sono considerati presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti, la proposta si intende non approvata".

Che cosa significa? Che la maggior parte dei provvedimenti presi dalla Camera alta, avviene con maggioranza relativa. A Today lo ha spiegato il senatore della Lega Stefano Candiani: "Il problema sorge quando si votano norme come il Def, la legge di bilancio, gli scostamenti di bilancio. In questi casi è prevista la maggioranza assoluta degli aventi diritto, cioè servono 104 voti. In tutti gli altri casi sono votazioni a maggioranza dei presenti: se ne fossero presenti cento di senatori, ne basterebbero 51. È un pericolo relativo che si presenta solo in determinati casi". Candiani è ottimista, memore anche dell'esperienza passata: "Guardi che gli altri governi sono andati avanti con maggioranze che ballavano sui due voti. Non vedo perché questa maggioranza, che balla su dieci voti dovrebbe trovare problemi. No, è un problema enfatizzato". 

Gasparri (Forza Italia): "Interverrà il ministro Ciriani"

Il problema però non è che non esista, semplicemente è più lontano di quanto non appaia. Infatti il rischio di andare sotto si può presentare sempre in caso di votazioni economiche o comunque legate alla legge di bilancio o alla necessità di eventuali scostamenti. Lo conferma a Today anche un politico navigato come il senatore azzurro Maurizio Gasparri: "Il discorso è fra maggioranza relativa e assoluta. La maggioranza relativa è pericolosa ma capita in poche occasioni". E in quelle circostanze che si fa visto che non sono voti per cose importantissime? "In quel caso si fa come si è sempre fatto: interviene il ministro per i Rapporti con i parlamentari che si occupa anche di questo, si attacca al telefono e fa presentare tutti il giorno del voto". 

Il senatore Maurizio Gasparri

Il senatore forzista chiama dunque in causa direttamente il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che proprio su eventuali "incidenti" in Senato, ha detto: "Ci si organizza in modo da essere presenti, ognuno deve sapere che ci sono momenti in cui è prioritario essere in aula a votare, siamo stati eletti per essere senatori e per votare i provvedimenti del governo, questo è il comandamento principale nessuno può derogare. Comunque la navigazione sarà meno difficile di come pensavamo all'inizio".

Intanto, consapevole che, se ci dovessero essere margini per fermare il governo di Giorgia Meloni, quelli si potranno trovare al Senato, Pierferdinando Casini lancia un monito: "Attenzione in Senato perché è lì che l’opposizione potrebbe vincere le sue battaglie perché i numeri sono molto ballerini". A sinistra hanno già cominciato a spuntare le armi. 

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