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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Pier Ferdinando Casini nuovo presidente della Repubblica?

L'ipotesi ha un senso. "Volete sapere come andrà a finire? Dovrebbe farcela Casini", assicurava poche settimane fa Umberto Bossi. Potrebbe avere ragione, ecco perché

La partita per il Quirinale è aperta. Anzi, spalancata. A poco più di 72 ore dall'inizio delle votazioni, Silvio Berlusconi non scioglie la riserva (la decisione dovrebbe arrivare entro domenica), così il suo alleato Matteo Salvini si muove ormai alla luce del sole in altre direzioni.

L'ipotesi Casellati non prende quota

Il segretario del Carroccio avrebbe sondato ieri M5s e centristi sulla possibilità di una candidatura istituzionale, ma nettamente di area centrodestra, come quella della seconda carica dello Stato Elisabetta Casellati. Quattro anni fa con i pentastellati la Lega (più Forza Italia) aveva eletto senza troppe difficoltà Casellati a Palazzo Madama alla vigilia del primo governo Conte. Quella di Casellati sarebbe però una candidatura divisiva dell'asse M5s-Pd, ed è difficile che si vada fino in fondo.

Salvini e Conte ieri si sono parlati a lungo. Non c’è in casa M5s "favore" per candidature comunque considerate di centrodestra, e nemmeno "scalda il cuore dell’avvocato quella di Marcello Pera - segnala Repubblica - Conte, insomma, tiene fede all’impegno con gli alleati Letta e Speranza di fare scudo davanti a proposte di nomi di centrodestra". I voti per Casellati presidente della Repubblica, semplicemente, non sembrano esserci in questo parlamento, e in ogni caso tutte le manovre in casa centrodestra sono bloccate fino a che il Cavaliere non si esporrà, in un senso o nell'altro. Non è infatti affatto scontato, nota oggi il Sole 24 Ore, che l’ex premier dia il via libera a un nome di centrodestra diverso dal suo: per Salvini e Meloni questo è un problema gigantesco, perché si ritrovano con un margine di manovra molto ridotto. Di sicuro inferiore a quanto loro stessi pensavano solo qualche giorno fa. C'è chi assicura che Berlusconi, se farà un passo indietro, proporrà al massimo un Mattarella bis. Non certo un grande assist per gli alleati. Tutti in attesa di Berlusconi, come se l'orologio si fosse fermato al 2008.

Quale governo se Draghi va al Quirinale?

La sensazione di molti osservatori è che se Pd e M5s riusciranno a elaborare a stretto giro di posta un piano coerente, potrebbero ritrovarsi in prima fila, in vantaggio. Enrico Letta fa sapere che il Pd non accetterà nomi "provenienti dal centrodestra" al quale non concede "diritti di prelazione". Letta chiede un "nome condiviso", ed è evidente che quel nome possa essere Mario Draghi. L’approdo al Quirinale del premier, sempre il favorito, tuttavia è tutto da costruire, si dovrebbe mettere in sicurezza il governo e l'ipotesi di un tecnico a Palazzo Chigi (Colao o Cartabia) non prende quota, perché è evidente a tutti che sarebbe un esecutivo debole. Ieri circolava - sempre per Palazzo Chigi - un nome che ciclicamente torna in prima pagina, quello di Elisabetta Belloni, stimatissima direttrice generale del Dis (il dipartimento per le informazioni per la sicurezza) che proprio ieri è andata in visita a Palazzo Chigi (non ha però incontrato Draghi), ma il suo ruolo di capo dei servizi segreti è ritenuto però da molti come un oggettivo impedimento.

Se si porta il nome Mario Draghi al voto per il Quirinale, allora lo si deve eleggere, altrimenti si rischia di perdere il suo apporto anche per il governo. A fare questo ragionamento è stato il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che ne ha parlato in un'intervista alla Stampa. "Attenzione: se si porta Draghi come candidato allo scrutinio segreto, lo si elegge, perché esporlo a una bocciatura dell'Aula significherebbe perderlo sia per il Colle sia per il governo. E l'Italia una cosa non se la può permettere: rimettere Mario Draghi in panchina", ha detto l'ex presidente del Consiglio. Renzi ha chiarito che "Draghi per sette anni al Quirinale sta in piedi se c'è un'operazione politica di sostegno" e che, per il governo, deve essere approntata un'alternativa.

Pensare che oggi come oggi la maggioranza raccogliticcia e disordinata che sostiene Draghi possa addiritttura elaborare una "alternativa" o un "progetto" a media scadenza sembra complesso. Non è detto che un nome per sostituirlo a Palazzo Chigi alla fine non si troverà, ma la strada è in salita. Altra ipotesi è quella di un governo fotocopia, semplicemente con un nuovo pilota, un tecnico, al posto di comando, ma con il grosso delle caselle dei ministri ferme, al loro posto. Sarebbe questo, riferiscono fonti qualificate alle agenzie, lo schema sul quale dovrebbe reggere l'accordo di legislatura che consentirebbe a Mario Draghi di lasciare Palazzo Chigi per il Colle. "Se riapri la partita non chiudi più nulla, soprattutto c'è il rischio venga giù tutto", ragionano le stesse fonti. Ormai è esclusa del tutto la possibilità che nel governo post Draghi - ammesso vadano così le cose - entrino i leader dei partiti. Ma un governo fotocopia con un tecnico al posto di Draghi sarebbe sfibrato già in partenza. Auguri.

"Casini al Quirinale"

In tutto ciò, e per tutto ciò, si torna a parlare di Pier Ferdinando Casini (guarito dal Covid e quindi regolarmente presente da lunedì in aula) come possibile candidato forte alla Presidenza della Repubblica. Sul tavolo delle indiscrezioni ieri sono finiti prorio i nomi di Paola Severino e di Casini, carta coperta dell’area moderata, che però non convince parte del centrodestra (i suoi rapporti con Berlusconi sono da anni ai minimi termini). Insomma, i leader si affannano a trovare una soluzione che accontenti tutti ma che non sembra a portata di mano (perché la più ovvia rimane sempre la stessa, ossia Mario Draghi al Quirinale e poi qualcuno al volante, a Palazzo Chigi, per una manciata di mesi). 

Pier Ferdinando Casini da parte sua continua a scegliere la tattica del silenzio e, assicurano i beninformati, non dispera. Affatto.

Chi è Pier Ferdinando Casini

Classe 1955, bolognese e democristiano doc, è certamente tra tutti i candidati quello ad avere il profilo più "politico". Eletto nel Parlamento italiano nel lontano 1983 vi rimarrà nei 38 anni successivi sino a oggi. Con due legislature europee e l'elezione a Presidente della Camera, tra il 2001 e il 2006, di fatto è il solo a poter vantare questo invidiabile record di longevità politica. Due matrimoni e due separazioni alle spalle, quattro, figli, gentile e sempre elegante, ha sostenuto tantissimi governi, praticamente tutti dagli anni '80 a oggi, eccezion fatta per il governo Dini e quelli della stagione dell'Ulivo. Dirigente del movimento giovanile Dc, consigliere comunale della sua città, Bologna, quindi, ad appena 28 anni, con 30mila preferenze, entra a Montecitorio. E' il più stretto collaboratore di Arnaldo Forlani, che, da segretario del partito, lo inserirà nel 1989 nella Direzione Nazionale. Ma anche dopo il crollo del muro è protagonista anche della cosiddetta Seconda Repubblica. Di fronte alla diaspora democristiana, sceglie di guidare il centro che guarda a destra, a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, creando il centrodestra. Nel 2002 fonda l'Udc.

Negli ultimi sei mesi si è limitato a pochissimi comunicati stampa: uno per felicitarsi della liberazione di Patrick Zaki, uno per rendere omaggio a Desmond Tutu, poi un messaggio di cordoglio per la morte del fratello di Ignazio La Russa. Su tutto il resto silenzio assoluto, in piena coerenza con la sua vecchia scuola politica. Non si espone perché sa bene, da vecchia volpe dell'agone, che è inutile. Solo lunedì mattina, quando la prima votazione si avvicinerà, si entrerà nel vivo.

Può farcela davvero?

Un'ipotesi Casini potrebbe far convergere il centrodestra - magari ancora più spaesato che nelle più pessimistiche previsioni dopo la telenovela Berlusconi - e anche una costituenda aggregazione liberal-riformista fra Iv, Coraggio Italia e altri moderati. Il Pd, senza entusiasmo, non potrebbe comunque sottrarsi, a quel punto (nel 2018 è stato eletto in parlamento con il Pd, da indipendente, e nel 2019 Casini ha sostenuto i dem alle europee). Dalla quarta votazione in poi i voti del M5s e di Leu potrebbero non essere più decisivi (e non è nemmeno detto che in casa pentastellata non ci siano già oggi voti per l'ex presidente della Camera).

Solo le prossime 72-96 ore diranno se l'highlander della politica italiana ce la farà a salire sul Colle più alto. A suo favore c'è la profezia di Umberto Bossi dopo Natale: "Volete sapere come andrà a finire? Dovrebbe farcela Casini". A parlare è lo stesso Bossi che nel 2009 diceva "Casini è un pirla. I vecchi Dc meritano solo legnate". Non un grande attestato di stima. Ma chissà che stavolta 'ex senatùr non ci abbia visto giusto. Ci crede anche Repubblica, che oggi titola a 9 colonne "Gialloverdi, spunta Casini". Se venisse eletto al Quirinale, infine, Casini "vendicherebbe" il suo maestro e mentore Arnaldo Forlani, azzoppato a sorpresa dai franchi tiratori nelle elezioni presidenziali del 1992. Corsi e ricorsi. C'è chi si dice certo che Casini, vista la composizione attuale del parlamento, possa prendere in teoria un numero di voti ben al di sopra del quorum, nel segreto dell'urna.

Pier Ferdinando Casini, da buon ultimo dei democristiani e grande vecchio della politica (ormai ha 67 anni), ha solidi rapporti internazionali a 360 gradi e un consenso minimo ma trasversale. Con lui al Quirinale "non perde" nessuno. Probabilmente, allo stesso modo, una sua elezione non sarebbe nemmeno "una vittoria" per alcuno dei principali partiti. Potrebbero decidere di accontentarsi però, tutti quanti, a partire da quelli che vogliono che la legislatura finisca nel modo più liscio possibile, dunque con Mario Draghi al governo. Non sono pochi.

L'elezione del nuovo presidente della Repubblica più che la sintesi di un ampio dibattito che coinvolga eletti e opinione pubblica democratica, si limiterà alla risoluzione delle alchimie dei voti dei parlamentari. Succede così da più di 70 anni, in fondo. E la riconosciuta capacità di rapporto e di dialogo con esponenti di tutte le forze politiche gioca a favore dell'ex doroteo.

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