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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Costretta a nascondersi per 27 anni, ora è il volto della guerra alla mafia

Piera Aiello aveva 24 anni quando il marito morì sotto i colpi di una faida di Cosa nostra. Voleva fare la donna poliziotto, ha finito per diventare una collaboratrice di giustizia. Eletta Deputato per il Movimento 5 stelle, vuole introdurre più tutele per chi combatte la mafia

Una sera d'estate, è il 24 giugno 1991: all'interno di una pizzeria entrano tre uomini chiedendo del proprietario, poi aprono il fuoco con due revolver calibro 38 e un fucile a canne mozze. Nicolò Atria cade in terra e muore tra le braccia della moglie Piera Aiello mentre la figlia, Vita Maria piange in un angolo.

Piera Aiello aveva 24 anni e quella sera a Montevago, uno dei paesi della valle del Belice, è testimone di una cruenta faida di mafia che già sei anni prima aveva finito per condizionare la sua vita quando suo marito decise di vendicare la morte del padre Vito Atria assassinato in un agguato nove giorni dopo il loro matrimonio.

Piera voleva fare la donna poliziotto, ha finito per diventare una collaboratrice di giustizia insieme ad un'altra "pentita", Rosalba Triolo, 21 anni, amante di uno dei killer del marito. Le due donne hanno raccontato omicidi, estorsioni, attentati:  Nicolò confidava tutto, a Piera aveva fatto i nomi degli assassini del padre e quelli dei clan che gestivano un vasto traffico di stupefacenti e il racket delle estorsioni.  Le loro rivelazioni hanno consentito di portare in carcere dieci tra boss e picciotti delle "famiglie" in lotta, gli "Accardo", meglio noti come i "Cannata", e gli "Ingoglia".

"Da quando lo 'zio Paolo' mi ha piazzato davanti a quello specchio e mi ha ricordato chi ero, da dove venivo e dove sarei dovuta andare, sono diventata una testimone di giustizia" racconta Piera Aiello in 'Maledetta mafia' scritto con Umberto Lucentini. Quello che Piera chiamava affettuosamente 'Zio' era Paolo Borsellino. "Dovevo scegliere quale futuro dare a mia figlia Vita Maria"

Dopo di lei anche la cognata Rita Atria, a 17 anni sceglie di ribellarsi al sistema mafioso. Le due donne si legano a Borsellino, all'epoca procuratore di Marsala, e entrano nella loro nuova vita: perdono il loro volto e ottengono una nuova identità. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre testimonianze, permettono di arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala.

Il 19 luglio 1992 a Palermo una bomba uccide Borsellino. Rita Atria si trova a Roma, dove vive in segreto: una settimana dopo la strage di via D'Amelio si suicida lanciandosi dal settimo piano di un palazzo di viale Amelia.

Nonostante tutto Piera Aiello continua ad andare avanti nella consapevolezza che l’eredità di Falcone, Borsellino e Rita non può andare perduta.

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Piera Aiello nel 2009 aveva perso la sua copertura FOTO ANSA/FRANCO LANNINO

Da quel giorno sono passati 25 anni e Piera Aiello a 51 anni ha posato per la prima volta per una fotografia in un evento pubblico. Nel frattempo è diventata Deputato della Repubblica Italiana, conducendo una campagna elettorale, e ancor prima una vita, "da fantasma".

Come testimone antimafia, Aiello non poteva mostrare il suo volto in pubblico, non poteva essere fotografata o tenere liberamente eventi di campagna nelle piazze. Portava spesso un velo per coprirsi il volto, tanto da farla divenire nota come “la candidata senza volto”.

"È come tornare alla vita", ha detto, sorridendo all'obiettivo della telecamera. "In questo preciso momento, mi sento completamente libera".

Alle elezioni del 4 marzo Piera Aiello si è presentata come candidata anti-mafia per il Movimento 5 Stelle in un territorio in cui Cosa nostra è ancora forte: nel collegio di Marsala - dove circola ancora il latitante Matteo Messina Denaro - ha fatto il pieno di voti venendo eletta alla Camera con poco meno di 80 mila preferenze.

"Avevo un obiettivo: portare in parlamento le drammatiche condizioni in cui sono costretti a vivere coloro che decidono di testimoniare contro la mafia", dice in una intervista al Guardian. 

Mercoledì, Piera è tornata in Sicilia per incontrare altri testimoni che si sono ribellati alla mafia, che vivono ancora nella paura. Uno era Alessandro Marsicano, 48 anni, pasticcere di Palermo e vittima dell'estorsione della mafia. Da quando è diventato un informatore, la sua testimonianza ha portato ad arresti, ma ha detto che la sua vita è diventata un incubo.

"Del mio nome mi sono riappropriata quando sono entrata alla Camera per la prima volta. Adesso - spiega Aiello all'agenzia Ansa - nella mia terra mi riapproprio del mio volto".

Sorride e si guarda intorno, Piera Aiello dopo essere tornata nella sua Sicilia: la prima uscita pubblica non più da fantasma a Valderice, nel trapanese.

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Piera Aiello, la testimone di giustizia, eletta alla Camera nella fila del M5S Foto Ansa

Ad immortalarla anche la telecamera di Palermo Today in occasione del 35° anniversario dell'assassinio del capitano dei carabinieri Mario D'Aleo, dell'appuntato Giuseppe Bommarito, e del carabiniere Pietro Morici. "Sono qui - spiega Aiello - per dimostrare all'arma dei Carabinieri la gratitudine per la sua vicinanza nel corso della mia vita".

"La prima cosa da fare è mettere mano alle leggi sui testimoni e collaboratori di giustizia. Andrebbero riviste, non tutelano le famiglie. C'è un distinzione netta tra le due figure: i testimoni di giustizia non fanno alcun patto con lo Stato, i collaboratori sì. Si tratta di figure diverse".

La figlia di Piera, la più piccola vuole iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza, vuole fare il magistrato in Sicilia. Anche così si combatte la mafia.

Piera Aiello torna in Sicilia | Video

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