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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

"Giovani" al governo, "vecchi" dietro le quinte: Pd e Pdl si spartiscono le commissioni

Finocchiaro, Casini, Cicchitto, Matteoli: il governissimo dei volti nuovi passa dal vaglio delle "vecchie volpi" della politica messe a presidiare la tenuta delle larghe intese in Parlamento

La politica che fa il governissimo. I politici che si riciclano. L’esecutivo Letta, che a vederla bene assomiglia a un grosso compromesso in salsa Dc, o da prima Repubblica, è un enorme pastone parlamentare. Colpa della legge elettorale, di un paese diviso in tre parti uguali, di scelte azzardate, di mancati governi di minoranza, di intese mascherate, rincorse e poi saltate. Sta di fatto che il pastrocchio sull’elezione del Presidente della Repubblica, risolto dal bis concesso da Giorgio Napolitano, ha segnato un punto e un a capo. Da lì in poi o larghe intese o scioglimento della XVII Legislatura. La politica ha preferito l’accordo di ferro, con il Pd costretto a passeggiare sotto braccio a Berlusconi. E pazienza per i pochi o i troppi mal di pancia. Via l’Imu, via l’innalzamento dell’Iva, la linea del Cav. passa da qui; e dalla presidenza della bicamerale per la riforma costituzionale. Una partita che potrebbe inasprirsi, ma che per adesso tiene.

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Vecchia politica e vecchie volpi a tirare le fila. Con una novità importante: una squadra di governo sulla falsa riga dell’innovazione. Matteo Renzi, durante la campagna elettorale per le amministrative del Comune di Firenze, coniò uno slogan: “Facce nuove a Palazzo Vecchio”. Enrico Letta, in parte sembra aver ricalcato l’idea: facce nuove a Palazzo Chigi. Certo non sono mancati i vari Franceschini, Quagliariello, Lupi, Alfano e Bonino. Ma la ‘struttura’ è stata affiancata a personaggi inaspettati, quasi sconosciuti al grosso dell’opinione pubblica. Poco avvezzi ai salotti televisivi, o alle paginate dei giornali, hanno oltrepassato la soglia del governo Graziano Delrio, Fabrizio Saccomanni, Flavio Zanonato, Massimo Bray, Maria Chiara carrozza, Beatrice Lorenzin, Mario Mauro, Carlo Trigilia, solo per citarne alcuni. Stesso andazzo per la truppa dei sottosegretari e sottoministri. Insomma un governo di larghe intese che punti alle riforme e al cambiamento, partendo semmai dai volti, dai nomi e dai cognomi.

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Fin qui tutto bene, se non fosse per quello che è accaduto durante questo lungo pomeriggio. La partita era sulle commissioni parlamentari e la vecchia politica si è presa il grosso della torta. Più che la vecchia politica, chi è cresciuto dentro i due recinti parlamentari. E così sono rispuntati i nomi noti, quelli che negli ultimi due mesi sono stati quasi sempre affiancati a cariche parlamentari o di governo, stoppati poi dalla "mano di bianco" voluta da Letta. Appetiti che tuttavia sono risaltati fuori, più forti e vigorosi, nella spartizione delle commissioni. Il Pd che stringe l’ennesimo accordo con il Pdl, le commissioni che si tingono di due colori. Stavolta però tra Montecitorio e Palazzo Madama, i ruoli (o, detta più spregevolmente, le poltrone), sono finiti in mano a chi la politica la conosce e la naviga da decenni. Sacconi, Finocchiaro, Damiano, Realacci, Matteoli, Capezzone, Cicchitto, Casini. La schiera dei grandi vecchi è servita.

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Perché? Il piano disegnato dai democratici e dai ‘berluscones’ è chiaro: blindare il governo. Prima ancora del voto nei due rami del Parlamento, infatti, è nelle commissioni che i decreti del governo si misurano con gli umori delle aule. Nella logica naturale delle cose, dentro le commissioni si accende lo scontro tra minoranza e maggioranza. E’ lì che si delineano le eventuali crepe, gli scontri, e semmai si accende la battaglia sugli emendamenti. In questi giorni straordinari, tuttavia, c’è da fare i conti con le larghe intese e una maggioranza vastissima e trasversale. E visto che nel Parlamento, finché Berlusconi andrà d’amore e d’accordo con Letta, non dovrebbero esserci sorprese, a quest’asse non è parso il caso di mettersi i bastoni tra le ruote proprio ai nastri di partenza dell’iter legislativo. Così si sono presi tutto. Per questo al Movimento 5 Stelle sono toccate le briciole. Vecchia o nuova politica?

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