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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Sulla lunga via del presidenzialismo: il Pd si spacca, Grillo tuona, Silvio se la ride

In queste ore tuttavia è tornato di moda la svolta verso il (semi)presidenzialismo. Letta apre, Alfano e il Cavaliere gongolano, il Pd si spacca in due tronconi. E Grillo tuona: "Berlusconi vuol fare il duce"

Politica che hai, riforme che trovi e maggioranza che ti ritrovi. Comprese le sue parole d’ordini. C’è stato il tempo, recente, della “competitività”. Uno recentissimo, della “crisi”, “crescita”, “lavoro”. E poi in Italia c’è una parola che non invecchia mai, che non sente le stagioni: “riforme”. Quell’esigenza di riformare il riformabile che negli anni da concetto ha preso le sembianze di fenomeno che racconta minuziosamente uno spaccato tutto italiano. Una fenomenologia circolare, purtroppo fine a se stessa. In pratica: un concetto stringente, ineludibile, spesso fuori tempo massimo, improvvisamente catapultato nel flusso della diatriba politica. L’idea nel breve viene centrifugate, strizzata, sviscerata fin nel profondo. Pesata e giudicata, con tanto di proposte, saggi, commissioni, seminari. Fino a che il processo subisce una brusca frenata e la faccenda finisce nel cassetto delle buone intenzioni. Così per le riforme strutturali della giustizia, del lavoro, ma soprattutto costituzionali. Non tutta, la seconda parte, quella più aderente al tessuto sociale. Dentro questo recinto, la riforma parlamentare – troncare o meno il bicameralismo perfetto (semmai optando per una soluzione in salsa federale) – e di seguito il dimezzamento dei parlamentari.

PRESIDENZIALISMO – In queste ore tuttavia è tornato di moda l’ennesimo tormentone: la svolta verso il (semi)presidenzialismo. La via francese, quella che fu sponsorizzata da Fini in tempi ‘non sospetti’, quando cioè faceva il numero due del centro-destra. Un era politica fa, per intenderci. Ad aprire le danze su questo fronte è stato proprio l’attuale premier, Enrico Letta. A rafforzare il convincimento del titolare di palazzo Chigi, le parole di Giorgio Napolitano. Il Presidente della Repubblica non è entrato nel merito delle soluzioni, ma ha dettato i tempi, inderogabili: 18 mesi per realizzare la ristrutturazione istituzionale. Il capo dello Stato vuol far preso, tanto che in mattinata lo stesso Letta, accompagnato dal ministro per le Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento e coordinamento attività di Governo, Dario Franceschini, sono saliti al Quirinale per illustrare al presidente la via tracciata che intende percorrere il governo.

PDL – Il tema è quello del presidenzialismo, la sponsorizzazione più decisa è di Silvio Berlusconi e del Pdl tutto. “Siamo vicini alla meta”, visto che dal Pd “sono venute aperture importanti”, ha sottolineato, in un’intervista a Il Giornale, il segretario del Pdl Angelino Alfano. “In questi 20 anni – ha affermato – abbiamo combattuto per il primato della sovranità popolare e per impedire che questo primato fosse mortificato dai giochi di Palazzo. Ora siamo vicini alla meta perché le aperture arrivate dal Pd sono importanti: i segnali arrivati da Renzi, da Veltroni e dallo stesso Letta sono incoraggianti”.

PD NEL CAOS – Angelino parla di aperture e schiarite in casa dei cugini di governo. E da l’impressione che la cosa si potrebbe anche fare. E forse si farà, a patto che il Pd non si ‘spacchi’ prima. Si perché come per la questione del ‘porcellum’, portata avanti dalla mozione Giachetti, anche su questo fronte il partito non si sta dando pace, lacerandosi pericolosamente. Diviso in due: per il sì Walter Veltroni, Matteo Renzi, Romano Prodi e anche il segretario Gugliemo Epifani; per il no Rosy Bindi, Pier Luigi Bersani, Matteo Orfini e più in generale l’ala più a sinistra del partito. Una frattura decisa più che di misura. Tanto che l’ex segretario Pd, Rosy Bindi, non manca di pungere lo stesso Letta: “Non si doveva occupare di risolvere i drammatici problemi della maggioranza?”. Tradotto: alt, ‘nessuno tocchi Caino’; che Berlusconi non detti la linea anche sul campo delle riforme.

Il Pdl, un po’ come per l’imu si vuol mettere alla testa del cambiamento. Il Pd discute e Matteo Renzi scalpita: sventola da giorni il tema della governabilità e del fare, spinge per il copia incolla della legge elettorale dei sindaci per le politiche, e si è innamorato del sistema francese. Per due motivi: far la voce grossa nel partito, semmai prenderselo, passando per la ricetta delle riforme, le sue; farsi motore del processo riformatore per limitare il peso specifico del Cavaliere, in ottica elezioni.

GRILLO E BERLUSCONI DUCE – Il Pdl gongola, prende e porta a casa; il Pd alla prese con una guerra strisciante; Beppe Grillo che attacca. Tre cliché in un colpo solo, come da copione. Si parla di presidenzialismo e legge elettorale, il capo dei 5 Stelle affonda il colpo gridando al complotto salva-Berlusconi: “Il governo nasce dall’emergenza dei processi di Berlusconi, dell’inchiesta del Monte dei Paschi di Siena, della trattativa Stato-Mafia e sotto la pressione della finanza internazionale. Letta, capitan Findus, fa solo il palo e prende ordini. Il presidenzialismo è un’idea di Berlusconi, vuol farsi eleggere presidente-duce d’Italia con l’aiuto delle televisioni che il pdmenoelle gli ha graziosamente lasciato da vent’anni ignorando ogni conflitto di interessi”.

GRILLO CONTRO NAPOLITANO – Il piano, secondo il blogger genovese è chiaro, e tra i tanti c’è un responsabile, il capo dello Stato: “Napolitano, che sabato ha percorso via del Fori Imperiali a bordo della Flaminia presidenziale scoperta, un’immagine surreale del futuro della Repubblica, ha detto che “il governo Letta è un’esperienza a termine”, durerà 18 mesi, quando lui sarà alla soglia dei 90 anni. Mi domando, con quale autorità il presidente della repubblica definisce la durata di un governo?”

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