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Martedì, 23 Aprile 2024
PRIMARIE CENTROSINISTRA / Italia

Primarie centrosinistra: i tre milioni di Pierluigi, i 97 secondi di Matteo. E un ballottaggio, scontato

Tutti i numeri delle primarie del centrosinistra

In politica, come del resto nella vita, i numeri sono decisivi; rendono plastico i rapporti di forza, segnano il confine tra maggioranza e opposizione, cioè tra chi governa e chi no. È inevitabile, dove c’è la politica c’è la conta. Così in Parlamento, così nel centro – sinistra giunto, a meno di un metro dal banco di prova delle primarie. Anche in questo caso, se spogliamo le ultime settimane dal ‘chiasso’ pre-elettorale, tutto gira attorno ai numeri. C’è un dato in particolare che si è ritagliato lo scettro da ago della bilancia: l’affluenza. Tanto decisiva da prender le forme del quorum referendario.

Sarà l’affluenza a raccontare il colore della sfida. Sotto i 3 milioni di elettori non ci sarà partita e la pratica primarie potrebbe chiudersi già al primo turno. In questo caso Bersani indosserebbe i panni dell’asso piglia tutto, rispedendo al mittente le ambizioni di Vendola, Puppato, Tabacci e Renzi. Soprattutto quelle di Renzi. Bersani infatti ha già in cassaforte il consenso dello zoccolo duro del Partito Democratico, che si aggira sul milione e mezzo di preferenze. Nel 2009, quando per la segreteria del Pd gli si contrappose Dario Franceschini, strappò la vittoria con oltre 1,6 milioni di voti.

Facendo di conto, Bersani è in una botte di ferro anche sopra le tre milioni di schede. Roba sua la metà, l’altra metà da spartirsi in quattro. Una botte di ferro che tuttavia lo costringerebbe al ballottaggio. Prima la scrematura dei candidati, domenica 2 dicembre il vincitore. La sensazione è quella che al primo turno si presenteranno alle urne non meno di 3 milioni di cittadini. Sono oltre un milione per adesso gli iscritti alle primarie; domenica il dato dovrebbe schizzare per avvicinarsi a quella forbice di consenso che storicamente ha caratterizzato le edizioni precedenti.

Da quando la sinistra ha messo in piedi l’istituto delle primarie per scegliersi il capo, si ricordano tre grandi momenti partecipativi. Le prime nel 2005, le elezioni che incoronarono Romani Prodi alla guida dell’Unione. Le ultime nel 2009, roba interna al Pd: in quel caso le code ai gazebo consegnarono a Pierluigi Bersani le chiavi del partito. In mezzo, nel 2007, le primarie di Veltroni. Nell’anno di Prodi si presentarono al voto oltre 4 milioni di elettori (4.311.000), 3.517.000 per l’edizione di Veltroni, 3.102.709 nella sfida Bersani – Franceschini.

Per questo il ballottaggio appare scontato. Un’ipotesi confortata da numeri e percentuali. O meglio soglie di voto e sondaggi che raccontano di un Bersani saldamente in testa, con oltre il 40% dei voti, all’interno della forbice elettorale che va dai tre milioni ai tre milioni e mezzo di elettori. Lo segue Renzi con 8-9 punti di percentuale in meno. Mentre Nichi Vendola si ferma al 13%. È questo il risultato della ‘media pesata’ che prende come fattori di calcolo i risultati di 11 sondaggi usciti negli ultimi 15 giorni. Ed è questo lo scenario più gettonato dalla politologia italiana su cui da domani, a spoglio chiuso, dovrà misurarsi il centro –sinistra. Tutto rimandato di otto giorni, con un favorito assoluto. Una convinzione che ha pervaso anche bookmaker che, nelle quotazioni di ieri pomeriggio, davano Bersani favorito a 1.40 seguito a 2.80 da Renzi. Più lontano gli altri candidati: Vendola a 6.50; a 18.00 al Puppato; a 35.00 Tabacci.

Le sorprese potrebbero però arrivare per l’appunto dai numeri, sempre i numeri. C’è un uomo che da settimane sogna un altro 16 ottobre 2005, quando alle cabine elettorali oltre 4,3 milioni di italiani fecero di Prodi l’uomo più felice al mondo. Quell’uomo si chiama Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze sa che solo quei numeri vecchi di sette anni potrebbero ribaltare il pronostico e il risultato finale. Per questo, a dieci giorni dal voto, ha rovesciato completamente la sua campagna elettorale. Una volta capita che la battaglia sulle regole era perdente ha cominciato a macinare chilometri e voce sul versante della partecipazione. E così, in corsa, ha lanciato il nuovo slogan “Meglio perdere 15 minuti in fila che i prossimi 5 anni”. Sempre in corsa ha capito che il concetto di ‘rottamazione’ non andasse d’accordo con l’elettorato di terza età così si è dato alla causa anziani: la copertina di Chi con sottobraccio le sue due nonne è l’emblema di questa sterzata decisa.

Tutto per far lievitare l’asticella della partecipazione. Renzi infatti, confortato dai dati del professor Dalimonte pubblicati sul Sole 24 Ore, è convinto di essere in testa nel Paese ma sotto tra chi andrà realmente a votare. Quindi l’opera di convincimento martellante. Se il sogno di Bersani è scandito dai numeri della sicurezza, quello di Renzi si gioca sui secondi: 97 per la precisione. Se infatti la soglia pro rottamatore è fissata sui 4milioni di voti, ogni ora in media 333mila persone dovranno presentarsi ai seggi. Cioè 37 elettori l’ora in ognuno dei 9mila seggi dislocati in tutto il territorio nazionale. Per raggiungere questo risultato in pratica ci dovrà essere 1 voto ogni 97 secondi.

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