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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Primarie Pd per il Parlamento: il silenzio 'tattico' di Matteo Renzi

Solo un commento, "bene", a chi gli ha chiesto cosa pensasse della decisione del partito di tornare alle urne 'interne'. Ma questa è una partita che non interessa il primo cittadino di Firenze. Che ora ha solo un obiettivo: farsi rieleggere come sindaco.

Capodanno tra brindisi e primarie: quelle per scegliere i nomi dei parlamentari da inserire nelle liste del Pd. Le date, 'scomode': il 29 e 30 dicembre. Scomode perché è solo nei numeri che si struttura l’autorevolezza di un istituto come quello delle primarie. 

Bersani lo sa bene: “Sappiamo di chiedere uno sforzo eccezionale ai nostri militanti e ai nostri elettori, uno sforzo che è ai limiti dell’impossibile; però vogliamo davvero cambiare la politica in Italia. Lanciamo a noi stessi questa nuova sfida”. 

Bersani ed il Partito Democratico in sostanza vorrebbero chiudere il 2012 con i classici botti. Lunedì 17 le regole, una decina di giorni di campagna elettorale, poi il voto. Veloce e indolore? Forse sì, forse no, il Parlamento piace a molti. 

Non a Matteo Renzi che quindici minuti dopo la bruciante sconfitta al ballottaggio aveva già concesso l’onore delle armi a Bersani. “In bocca al lupo, continuo a fare il sindaco di Firenze"

Così è stato. Indossata nuovamente la fascia tricolore è iniziata la sua seconda vita da primo cittadino. Inaugurazioni, il ritorno in giunta dopo l’assenza elettorale, i cantieri per le grandi opere. Dieci giorni da sindaco e di silenzio sui temi nazionali. Anche ieri, anche quando il suo segretario ha dato il via alle primarie parlamentari. Nulla. Renzi si è trincerato dietro un silenzio assordante, almeno per quel che riguarda i suoi. 

Giusto questa mattina, sulle pagine del Corriere Fiorentino, in una lunga intervista su Firenze, a precisa domanda sulle primarie si è lasciato ad un semplice “bene”. 

“È una partita – ha continuato sul quotidiano fiorentino – su cui non ho ancora messo la testa”. In pratica non si spenderà troppo per i suoi e non ci si metterà troppo di impegno. Direttive generiche: candidare i migliori, figure certe di prender voti, giocarsela al meglio. Questo e poco altro. 

Sulla scrivania in Clemente VII, la stanza destinata al sindaco in Palazzo Vecchio, non c’è distesa la cartina geografica dei renziani da piazzare nelle varie circoscrizioni.

Il futuro politico di Renzi si chiama Firenze, da qui al 2014.  Poi la ricandidatura alla guida della città: “Niente premi di consolazione –ha ribadito – o alcun tipo di incarico di partito se avessi perso le primarie. Fare il sindaco di Firenze è il mestiere più bello del mondo, l’avrei lasciato solo per fare il premier e provare a cambiare l’Italia”. Il giorno dopo l’annuncio delle primarie per l’accesso al parlamento Renzi si è ricandidato alla guida di Firenze. Il segnale è più che chiaro. Silenzio, almeno per un po’.

Uscire da questo recinto significa entrare nella fantapolitica, anche perché le variabili in campo sono troppe.  Non basta la volontà di uno a segnare l’agenda della politica nazionale.

Nel 2011, appena finito il Big Bang alla Leopolda, Renzi era pronto a scendere in campo con un anno si anticipo. Poi, nel giro di poche settimane, cadde il governo Berlusconi e si insediò quello Monti. Renzi perse il giro.

Oggi non ha perso il giro, ha perso e basta. Ha perso in 19 regioni su 20, e sa che la platea elettorale delle primarie parlamentari sarà composta dall’albo delle due tornate elettorali del 25 novembre e 2 dicembre, più gli iscritti del Pd. 

Se a questo sommiamo la data infelice di fine anno, che potrebbe ridurre e molto il consenso di ‘pubblico’, non è difficile capire come questa non sia la battaglia di Renzi. Magari dei renziani; di Ichino sicuro. Forse di Reggi, anche se tra i due, dopo la polemica intavolata ieri dall’ex sindaco di Piacenza sul Huffingtonpost, è calato il gelo polare.  Non di Simona Bonafé, una delle protagoniste assolute del tour elettorale del rottamatore, che dovrebbe passare dalla corsia preferenziale del listino (un numero ancora imprecisato di candidati che non passeranno per le urne di San Silvestro).

Sicuramente non di Renzi che non pare troppo preoccupato di tenere insieme quel 39% dei consensi datogli in dono dalle primarie.  Forse perché vuol fare davvero solo il sindaco di Firenze e non vuole far parte delle liturgie del partito. Forse perché sa che dopo Bersani potrebbe essere l’unico candidato spendibile dal centro-sinistra. Per questo ha scelto il silenzio e l’attesa.

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