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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Pd, la regola è "spaccarsi"

Congresso, primarie e possibili elezioni viaggiano sotto lo stesso segno: le spaccature interne. Il partito ha scelto la data per il voto e poco altro. Il nodo: il segretario sarà anche candidato premier?

La notte tra venerdì 20 e sabato 21 settembre l’accordo sulla data e sulle regole c’era. Non sulla modifica dell’articolo 3 dello statuto del Partito democratico, quello che fa del segretario il naturale candidato premier in caso di elezioni. Così vuole la vocazione maggioritaria, quella che Veltroni - che si vocifera possa tornare alla guida dell'Unità - illustrò al Lingotto (un’era politica fa). Ora, quello stesso articolo, negli ultimi mesi, era diventato un problema. ‘Colpa’ delle primarie ‘allargate’, della sconfitta elettorale dello scorso febbraio e dell’ascesa a razzo del sindaco di Firenze, Matteo Renzi.

L’idea, che piaceva fortissimamente a Bersani e a parte della nomenclatura che attualmente guida il Pd, era quella di distinguere le due figure: una che si occupi esclusivamente del partito, l’altra dell’Italia. L’idea, tuttavia, non è mai piaciuta al rottamatore. Così, visto che attualmente il sindaco ha i numeri per non decidere, l’assemblea, sabato, dopo aver scelto la data delle primarie (l’8 dicembre), non ha scelto più nulla. L’accordo notturno è saltato e l’articolo 3 è rimasto così come era stato scritto. Da lì, il Pd, visto che solo l’assemblea nazionale può mettere il becco nello statuto, non ripasserà più (per questo i tempi al passato: il discorso, almeno per quel che concerne la guida Epifani, non potrà più riaprirsi).

Eppure il congresso va fatto e per farlo servono delle regole. Per questo venerdì arriverà in direzione un documento che detterà tempi e modi del ‘giochino’, senza stravolgere i fondamentali. Lo scrive bene Vladimiro Frulletti questa mattina sull’Unità: l’accordo sulla road map del congresso è praticamente siglato.

REGOLE – La tabella di marcia è segnata, i tempi serratissimi. Si parte l’11 ottobre con la presentazione ufficiale delle candidature (e Renzi, fonte Corriere Fiorentino, il 12 ottobre avvierà a Bari la sua campagna elettorale).

“Poi – scrive l’Unità – i congressi di circolo e di federazione (la partenza dal basso) dove votano i tesserati dalla terza settimana di ottobre alla prima di novembre. Da metà novembre il congresso nazionale. Prima col voto nelle sezioni solo fra gli iscritti per “selezionare” i concorrenti ammessi (devono superare il 5% dei voti) alle primarie e infine i gazebo aperti a tutti gli elettori (con 2 euro di offerta minima) per l’8 dicembre”.

Quindi prima la selezione dal basso, una sorta di legittimazione dalla pancia del partito. Che è un po’ come trovar le firme per candidarsi, la misura della credibilità popolare. Poi le primarie. Aperte e libere, non tra gli iscritti. Così come prevede lo statuto che all’articolo 9 chiama lo strumento “elezioni” ed i votanti “elettori”, non iscritti.

IL PD SCEGLIE LA DATA MA SI SPACCA SULLE REGOLE

ARTICOLO 3 – L’articolo tre, come detto, rimarrà così com’è. Il segretario è il candidato premier. Tuttavia, anche su questo fronte, sono stati fatti dei piccoli passi. Alla fine si è arrivati ad una norma ‘salva Letta’, un patto tra gentil uomini. Il nuovo segretario, quello che succederà a Epifani, farà in modo che, in caso di elezioni, la via maestra sarà quella indicata da Bersani nell’autunno del 2012: aprire all’interno del partito la competizione per la premiership. Far della ‘deroga Renzi’ una prassi, o meglio, una consuetudine orale. Stando ai numeri, ai sondaggi, alle logiche da favorito, il sindaco di Firenze, da segretario quindi, concederà il lascia passare ad Enrico Letta, in quelle che fin da ora si annunciano le vere primarie del domani. Quelle che peseranno, e molto, sul prossimo governo (politico).

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