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Giovedì, 25 Aprile 2024
ECONOMIA

I gioielli di famiglia in pegno all'Europa

Signori, si privatizza. L'annuncio di Enrico Letta era nell'aria, atteso soprattutto da chi - come avviene dalla metà anni novanta - punta a investire senza rischiare. Mattei e Olivetti resteranno solo un ricordo: ecco cosa passerà dal pubblico al privato

Partiamo dalla fine. La conferenza stampa di Enrico Letta. L'annuncio: "Via alle privatizzazioni". Lo Stato è in crisi, deve fare cassa. Lo Stato vende. Ma per vendere si deve mettere sul mercato qualcosa di appetibile. In fondo, la prima cosa che fa il buon padre di famiglia che deve sfamare i propri cari è vendere i gioielli di famiglia. Con dolore.

Il punto è qui: non c'è dolore. Chi governa è ben felice di vendere, di privatizzare. Svuotare i cassetti dei valori di tutti per fare cassa. E poco importa se la storia delle privatizzazioni, in Italia, ultimo caso quello di Alitalia, non ha portato buoni frutti.

Letta ha pronunciato le due parole, una breve, una lunga, tanto attese da chi non aspettava altro, in tempo di crisi, per fare affari a rischio zero: "Si privatizza". E la lista dei beni che finiranno sul mercato è lunga. Lunghissima. Ma soprattutto interessante dal punto di vista di chi vuole investire.

Le società interessate dal piano sono otto. Eccole.

- Partiamo dalla più importante, Eni: il gigante del petrolio e del gas partecipato al 30,1% dal Tesoro e da Cassa depositi e prestiti, società che - per dirla in maniera semplice - gestisce il risparmio postale. Con la vendita dell'Eni si chiuderà per sempre il "sogno" di Enrico Mattei, fondatore dell'Ente nazionale idrocarburi, azienda pubblica creata dallo Stato nel 1953. Nel 1992 Eni divenne una Spa. Da allora è stata smontata. Dal 1995 al 2001 lo Stato ha venduto quote e oggi conserva solo il 30%, detenendo comunque il controllo della società. Cosa accadrà con la vendita di altre quote? Staremo a vedere ma è forte il rischio che l'Italia perda il suo bene societario più prezioso.
 
- Nome poco noto ai più, Stm è una holding italo-francese detenuta al 13,8% dal ministero del Tesoro che controlla il 50% della StmMicroelectronics, leader nella produzione di componenti elettronici a semiconduttori. Se con la vendita delle quote Eni rischiamo di far restare Mattei e il suo operato solo un ricordo, con la vendita delle quote Stm saluteremo Adriano Olivetti. Stm nacque nel 1987 con la fusione tra la Società Generale Semiconduttori (SGS), azienda di microelettronica fondata da Adriano Olivetti e poi passata all'IRI, e la divisione dei semiconduttori della francese Thomson. 

- Eccoci al nocciolo della questione: Fincantieri. Tra i leader mondiali della cantieristica l'azienda è posseduta al 99,3% da Fintecna, ergo da Cassa depositi e prestiti. Fincantieri, oggi, è "il" gioiello di famiglia. Se delle quote pubbliche a molti cittadini potrebbe non interessare poi tanti, facciamo una domanda (volutamente retorica): che ne sarà dei lavoratori dei cantieri di Monfalcone, Marghera e Sestri Ponente che costruiscono navi da crociera? In mano a chi finiranno gli operai di Ancona, Palermo e Castellammare di Stabia che passano le loro ore a costruire navi da trasporto. E da chi saranno guidati 
i cantieri di Muggiano e Riva Trigoso, frazione di Sestri Levante dove si lavora alle navi militari?

- Veniamo a Cdp Reti, il lato finanziario e di investimento posseduto al 100% da Cassa depositi e prestiti. Cdp è una società per azioni finanziaria partecipata per il 80,1% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il 18,4% da diverse fondazioni bancarie e il restante 1,5% in azioni proprie. Nella dimissione delle quote di Cdp Reti spicca un elemento: Cdp Reti solo un anno fa ha comprato da Eni il 30% di Snam (gas). Per la serie: compriamo dal pubblico, vendiamo al pubblico e poi tutto in mani private.

- Sempre in tema di Cdp, ecco la vendita di quote di Tag, società partecipata all'89% dalla Cassa e che gestisce il tratto  austriaco del gasdotto che trasporta il gas dalla Russia in Italia, e di Sace (60%), gruppo per l’ assicurazione dell’export posseduto interamente da Cdp. Insomma, è partita l'operazione "svuotamento" di Cassa depositi e prestiti.

- Veniamo alla voce trasporti. Due privatizzazioni riguarderanno i viaggiatori, o meglio, i soldi che i viaggiatori spenderanno: lo Stato metterà infatti in vendita quote di Grandi Stazioni (60%) e dell'Enav (40%). Grandi stazioni è la società che gestisce le principali stazioni italiane e controllata al 60% da Ferrovie dello Stato e per il restante da colossi dell'imprenditoria come Benetton, Caltagirone e Pirelli, riuniti in Eurostazioni. Anche qui una domanda (retorica anche questa): perché vendere solo dopo aver costruito o restaurato le stazioni Alta Velocità (con predominanza di fondi pubblici) come Roma Tiburtina o Torino Porta Nuova anziché mantenere le quote quando si tratta di gestirle (e magari di guadagnare?). In fondo, come ha spiegato Moretti, ad di Ferrovie, "non vendiamo la società Grandi Stazioni ma alcune attività che stanno sul mercato, quelle redditizie". Capitolo Enav: Letta ha annunciato la vendita di quote della società che si occupa del controllo aereo partecipata al 100% dal ministero del Tesoro. Ultima domanda (ebbene sì, retorica): c'entra qualcosa con la necessità di vendere Alitalia? E se le quote della società chiamata a controllare il traffico aereo finissero in mano a chi detiene quote di compagnie aeree?

L'obiettivo finale di Letta è incassare 10-12 miliardi da questo primo piano di privatizzazioni "al quale ne seguirà un secondo" ha assicurato il premier. L'Italia ha quindi messo in vendità più dei 7-8 miliardi (mezzo punto di Pil all’anno) originariamente previsti dal programma dell’esecutivo. Domanda finale. E non retorica. Perché?

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